Cinquant'anni senza Marilyn

Una biopic in arrivo nei cinema e una in lavorazione, e poi serie televisive, libri, mostre. installazioni, celebrazioni. Un mito, quello di Marilyn Monroe, che a cinquant'anni dalla scomparsa della diva, non mostra i segni del tempo.

Mezzo secolo e non sentirlo, come se il tempo per lei non fosse mai passato. La notte del 5 agosto 1962, nella sua villa a Brentwood, Los Angeles, si spegneva Marilyn Monroe: trentasei anni vissuti intensamente, con un'infanzia difficile che lascerà il segno sulla sua vita sentimentale, tre matrimoni falliti, i numerosi (e chiacchieratissimi) flirt, l'amore del pubblico e una manciata di film entrati nella storia del cinema - tra cui Quando la moglie è in vacanza, A qualcuno piace caldo, Gli uomini preferiscono le bionde - i contrasti e i litigi sul set, ma soprattutto una favola che ancora oggi continua a far sognare. Perchè non è detto che le fiabe debbano avere necessariamente un lieto fine - basti pensare a quella della Principessa Diana, o quella decisamente meno movimentata, di Grace Kelly, per citarne alcune - e in ogni caso, una favola interrotta sul più bello sarà ricordata più facilmente rispetto ad una storia i cui inizi sfavillanti si spengono lentamente nell'ordinarietà. Come tutte le fiabe, quella di Marilyn appartiene ormai all'immaginario collettivo, e quando ognuno ha la sua "versione" della storia, quella che più si adatta alla sua immaginazione, è difficile che possa ritrovarla altrove. Questo è uno dei motivi per i quali non è mai stato facile raccontare la storia di Marilyn sullo schermo: ad interpretare una diva che era stata unica - se non per le qualità interpretative, penalizzate da ruoli nei quali spesso non si ritrovava, sicuramente per il fascino e il glamour - si corre facilmente il rischio di passare per una copia sbiadita che non potrà mai restituire la magia dell'originale.

Sono così tante, le Marilyn che in tutti questi anni hanno affollato gli schermi, che non si contano: eppure quasi nessuno si ricorda di loro. Negli anni immediatamente successivi alla scomparsa di Marilyn, furono tante le attrici che il business del cinema tentò di trasformare in "bambole bionde" senza grandi risultati: Carroll Baker, la procace Jayne Mansfield, che pure andò incontro ad un atroce destino, ma non è certamente diventata un'icona, la platinatissima Mamie Van Doren - che ancora oggi a 81 anni, gioca a fare la pin-up - mentre la nostra Virna Lisi ha avuto più opportunità puntando sul suo fascino e sul suo talento personale, piuttosto che tentando di ricalcare goffamente le qualità di un'altra.
E alle Marilyn "di fiction", quelle alle quali si è tentato di dar vita sul grande schermo, non è andata meglio: nella migliore delle ipotesi, la storia dell'attrice è stata replicata come un articolo di gossip, senza lasciare approfondire davvero la sua figura e la sua complessa personalità, e il modo in cui ha lasciato il segno nell'immaginario, oltre che nella cultura pop, nella moda e nell'industria dello spettacolo.
Per rendere l'idea di quanto sia ancora vitale il mito di Marilyn, basta pensare che quest'anno, oltre al cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, ricorrono anniversari ugualmente importanti anche per altre due grandi dive del cinema come Marlene Dietrich e la splendida Romy Schneider, scomparse rispettivamente venti e trent'anni fa e alle quali tuttavia non è stata riservata la stessa attenzione (e lo stesso quantitativo di celebrazioni) che invece è stata dedicata alla Monroe, tra biopic cinematografiche, opere teatrali e serie televisive, manifestazioni, mostre, aste di memorabilia, decine di libri - alcuni dei quali molto interessanti - e opere d'arte, per non parlare degli innumerevoli gadget che affollano il nostro quotidiano, tra t-shirt, borse e quant'altro.
Nelle sale italiane ad esempio, proprio oggi 1 giugno 2012, giorno in cui Marilyn avrebbe compiuto 86 anni, esce il film interpretato da Michelle Williams nel ruolo della diva, che racconta i retroscena delle riprese de Il principe e la ballerina, ma la Williams, che offre un'interpretazione assolutamente valida - se si mettono da parte gli immancabili e sterili paragoni sull'aspetto fisico e la somiglianza - non è l'unica attrice a confrontarsi con un mito così ingombrante. Alcuni anni fa si è parlato di Charlize Theron in un film sulla Monroe di cui non si è fatto più nulla, e più recentemente è stata annunciata una pellicola di Roland Emmerich che ricostruirà uno degli eventi cruciali della vita di Marilyn, la famosa apparizione dell'attrice al compleanno di Kennedy. Al momento tuttavia, si fa più concreta la possibilità di vedere Naomi Watts in un adattamento cinematografico di Blonde, il romanzo di Joyce Carol Oates, dal quale era stata già tratta una miniserie televisiva, undici anni fa, con Poppy Montgomery nel ruolo della protagonista. Al Festival di Cannes - per la cui 65esima edizione, tra l'altro, sono stati realizzati dei manifesti con Marilyn che soffia su una torta di compleanno, iniziativa subito replicata dal BiografilmFestival - il regista Andrew Dominik ha confermato l'intenzione di voler girare il film sulla Monroe al più presto: "il mio cuore appartiene a Marilyn" - ha detto, augurandosi di iniziare le riprese il prossimo anno di quella che nelle sue intenzioni sarà "come la favola di un'orfana che si perde nei boschi". Un film piuttosto cupo quindi, che non ha pretese di ricostruire in modo fedele l'ascesa al successo e il tragico destino dell'attrice, ma sarà la storia di una donna fragile sullo scenario della Hollywood più sordida e meno luccicante. A conferma delle parole di Dominik - che a Cannes ha presentato con successo il suo ultimo lavoro, Killing them Softly - l'edizione russa di Vogue ha pubblicato un photoshoot di Naomi Watts in cui l'attrice australiana veste i panni della Monroe. Non tutti gli scatti firmati da Ali Mahdavi convincono pienamente - alcune pose sono poco spontanee, e la Watts risulta poco riconoscibile a sfavore di una rievocazione di Marilyn poco riuscita - altri scatti invece (soprattutto quelli in bianco e nero) rievocano in modo strabiliante la celebre session fotografica firmata da Milton Greene nel '56 oggi nota come The Black Sitting. Ovviamente da una manciata di foto promozionali non si può certo intuire come sarà un film - e d'altronde la prima immagine della Williams in versione Marilyn non aveva convinto quasi nessuno - quindi dovremo aspettare l'uscita di Blonde per vedere come sarà rievocata la storia di questa fanciulla che si perde tra i vizi e gli eccessi di Hollywood come la protagonista di una favola.
Il piccolo schermo intanto, non resta certo a guardare, e con Smash - nuova serie targata NBC, che ha debuttato negli States agli inizi di febbraio - si tenta un approccio differente al mito di Marilyn, meno "centrale", ma di sicuro appeal. La storia della serie, prodotta da Steven Spielberg e ideata da Theresa Rebeck, si evolve attorno alla realizzazione di un musical di Broadway incentrato proprio sulla diva di Niagara, e quindi si concentra sui rapporti tra gli autori e le star dell'opera, tra rivalità e vicissitudini personali. Mentre nel musical la vita di Marilyn si dipana tra canzoni e bellissime coreografie, dietro le quinte, è il caso di dirlo, è proprio un'altra storia. Sono due, in questo caso, le Marilyn che si contendono il ruolo principale in Smash: prima la navigata Ivy Lynn (interpretata da Megan Hilty) e successivamente Karen Cartwright, talentuosa ma ingenua debuttante alla quale presta il volto Katharine McPhee.
Più convenzionale l'omaggio all'attrice tributato dal serial Gossip Girl per il suo episodio numero cento (il 13esimo della quinta stagione, che si intitola G.G.) e che vede il personaggio di Serena - interpretato da Blake Lively - sognare di essere come Marilyn nella celebre sequenza de Gli uomini preferiscono le bionde in cui Lorelei fasciata in un abito rosa canta Diamonds are a Girl's Best Friends, la stessa scena che quasi trent'anni fa, aveva ispirato uno dei primi video di Madonna, quello di Material Girl. Peccato che la Lively si muova in uno spazio eccessivamente ristretto, e nel quale la performance sembra sacrificata, ma evidentemente i sogni di Serena hanno gli stessi limiti di un palcoscenico teatrale, e poca libertà di movimento. E come se non bastasse, alla fine si ritrova a contendere la scena (e l'amore) con Blair (Leighton Meester), per l'occasione vestita come Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany.
A proposito di teatro, nell'arco di questo 2012, Marilyn è stata rievocata anche sui palcoscenici nostrani, ad esempio con Nuda, spettacolo scritto e interpretato da Rosalba di Girolamo per la regia di Fabio Cauteruccio, oppure Marilyn: gli ultimi tre giorni, con una biondissima Agnese Nano diretta da Elisabetta Villaggio, o ancora in Bye Baby Suite, diretto e interpretato da Alessia Innocenti sulle basi di un testo firmato da Chiara Guarducci.
Nuda è una piece più minimalista, in cui si mette da parte la dimensione più "hollywoodiana" della diva, per concentrarsi più sulla sua personalità e le emozioni, mentre l'opera diretta dalla Villaggio, come indica il titolo, è un focus sugli ultimi tre giorni di vita dell'attrice, che fu trovata priva di vita dalla sua governante, Eunice Murray.
Ma l'omaggio al mito non si ferma certo qui: sono tante le personalità dello spettacolo che hanno provato a rievocarlo,da Milla Jovovich sulle pagine del magazine Madame Figaro, a Lindsay Lohan; quest'ultima in particolare convinta da sempre di avere molto in comune con Marilyn, al punto da arrivare a posare per Bert Stern in una sbiadita replica di quello che fu l'ultimo servizio fotografico di Marilyn, conosciuto come The Last Sitting. Meno convinta di tante sue colleghe è Scarlett Johansson, che da molti è indicata come l'erede di Marilyn - sia per la dolcezza delle sue forme, che per il fascino - e pur avendo posato per scatti pubblicitari che rievocano le pose della diva, ha voluto frenare certi paragoni: "Adoro Marilyn e penso che fosse incredibilmente bella oltre che molto sottovalutata come attrice. Come lei, anche io ho le curve, sono bionda e mi sento a mio agio con questo tipo di femminilità. Ma credo che i paragoni tra di noi si fermino qui..."
Se il mondo dello spettacolo è la dimensione ideale in cui celebrare e ridar vita alla fiaba di Marilyn, quello dell'editoria e soprattutto dell'arte, non sono da meno. Tra i tantissimi volumi che hanno riempito gli scaffali negli ultimi mesi, ad esempio, spiccano due titoli molto interessanti come Fragments. Poesie, appunti, lettere e MM - Personal. Il primo è una raccolta degli scritti di Marilyn - tra poesie, pensieri e appunti di lavoro - che erano contenuti in due scatole affidate a Lee Strasberg, il secondo invece - ancora più interessante - è curato da Lois Banner, con foto di Mark Anderson, e riguarda il contenuto di due grossi schedari appartenuti alla diva, che svelano aspetti inediti della sua personalità: Marilyn fu sicuramente una donna fragile e problematica, fin troppo generosa nel spendere soldi per fare regali costosi a chiunque (e tanto sbadata da perdere quelli ricevuti) ma fu anche un'ottima donna d'affari, che in quel periodo cercava ruoli cinematografici più interessanti, diversi da quelli che spesso era costretta ad interpretare per ragioni contrattuali. Tanto materiale che visto nel suo insieme, non esclude certamente una personalità difficile, continuamente in lite con gli studios, ma svela anche una ragazza sensibile, che conservava le lettere più divertenti e affettuose degli ammiratori - tra cui un italiano - e si premurava di rispondere. Materiale che per alcuni aspetti chiarisce alcuni punti sulla scomparsa di Marilyn, senza però sciogliere il mistero, e anzi, in alcuni casi, rendendolo ancora più fitto.

Il mondo dell'arte, dicevamo, ha sempre flirtato con l'immagine di Marilyn - sin da quando Andy Warhol moltiplicò la sua immagine per una celebre serie di serigrafie - e anche quest'anno non si è tirato indietro: sono tante le mostre dedicate alla diva, che sono state inaugurate a Londra e Venezia, così come le installazioni, alcune delle quali particolarmente appariscenti, come la statua di otto metri che attualmente si trova a Palm Springs, realizzata da Seward Johnson, oppure il mosaico realizzato da Claire Milner utilizzando ben 65mila cristalli Swarowsky di colori diversi e che è stato acquistato dalla popstar Rihanna. E pazienza se gli swarowsky non durano per sempre come i diamanti, il mito di Marilyn resterà sempre eterno.