Hugh Grant e altre star attaccano Apple per lo spot dell'Ipad pro: "La distruzione dell'esperienza umana"

Non solo Grant, ma anche altre star hanno pesantemente attaccato il nuovo spot del colosso tecnologico

Hugh Grant e altre star attaccano Apple per lo spot dell'Ipad pro: 'La distruzione dell'esperienza umana'

L'ultimo spot della Apple per il nuovo tablet iPad Pro, che mostra una pressa industriale che schiaccia letteralmente un televisore, strumenti musicali, libri e altro ancora, ha scatenato la rabbia di molti esponenti di Hollywood e non solo.

Lo spot, intitolato "Crush!", mostra una serie di oggetti vari - tra cui un giradischi, un pianoforte, una chitarra, un vecchio televisore, macchine fotografiche, una macchina da scrivere, libri, barattoli e tubi di vernice e una classica macchina da gioco arcade - che vengono schiacciati e "compressi" nel nuovo iPad Pro. Lo spot è accompagnato dalla celebre "All I Ever Need Is You" di Sonny e Cher.

"Provate a immaginare tutte le cose che vengono utilizzate per creare", ha scritto il CEO di Apple Tim Cook su X a proposito del nuovo iPad Pro insieme allo spot. L'idea, ovviamente, è che iPad Pro consente di guardare programmi televisivi e film, ascoltare e creare musica, giocare, leggere libri, scattare foto, girare video e molto altro ancora, in una forma elegante e più sottile che mai.

La rabbia di Hollywood

Ma lo spot è stato interpretato per lo più come una rappresentazione visiva della devastazione delle industrie culturali da parte dell'industria tecnologica. "La distruzione dell'esperienza umana. Per gentile concessione di Silicon Valley", ha commentato furioso l'attore Hugh Grant su X.

La regista e attrice Justine Bateman, che è stata consulente della SAG-AFTRA per le questioni relative all'AI, ha avuto una reazione simile e incredula: "Davvero, cosa c'è di sbagliato in voi?", ha detto citando il post di Cook.

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Il Premio Oscar Asif Kapadia ha aggiunto: "Mi piacciono gli iPad, ma non capisco perché qualcuno abbia pensato che questo spot fosse una buona idea. È la metafora più onesta di ciò che le aziende tecnologiche fanno alle arti, agli artisti, ai musicisti, ai creatori, agli scrittori, ai registi: li spremono, li usano, non li pagano adeguatamente, si prendono tutto e poi dicono che è tutto creato da loro".