Recensione Holy Motors (2012)

La messa in scena di Leos Carax è affascinante, a tratti sorprendente, con trovate che rasentano il genio, e anche quando lo spettatore pensa di essere entrato nell'universo narrativo di Holy Motors, il regista francese riesce a stupire ancora.

Viaggio metaforico

Una onirica Parigi in sottofondo, una limousine candida. Monsieur Oscar inizia la sua giornata lavorativa e ci appare un bancario o un dirigente d'azienda, mentre la voce della sua autista/segretaria Celine gli annuncia che avrebbe trovato gli appunti sul primo appuntamento della giornata al suo fianco. L'uomo inizia la preparazione per il primo passo in quello che è un viaggio lungo un giorno, fatto di intuizioni geniali, suggestioni surreali ed allusioni metaforiche.
Strade, percorsi, sogni, visioni, illusioni. In Holy Motors c'è tutto questo, ci sono invenzioni ed arte, creatività e visionaria enigmaticità. D'altra parte l'incipit dai toni lynchani, in cui appare lo stesso regista Leos Carax, ci aveva messi in guardia: quella a cui avremmo assistito non sarebbe potuta essere la banale giornata lavorativa di un manager.


Vecchia mendicante, artista del motion capture, assassino, essere mostruoso, le ventiquattro ore di Monsieur Oscar sono un susseguirsi di episodi tutti diversi uno dall'altro, toccanti o disturbanti, divertenti e sorprendenti: lo stile di Carax, pur nella sua coerenza ed omogeneità, vi si adatta, alternando sequenze più intime a trovate visive, come può essere l'intrigante incarico legato al motion capture con risvolti sessual-virtuali.
La messa in scena di Leos Carax, che torna dietro la macchina da presa e presenta il suo nuovo lavoro in concorso a Cannes 2012, è affascinante, a tratti sorprendente, con trovate che rasentano il genio. Anche quando lo spettatore pensa di essere entrato nell'universo narrativo di Holy Motors, il regista francese riesce a stupire ancora, incarico dopo incarico di Monsieur Oscar, fino al surreale finale che si ricollega direttamente al titolo del film.

Ma l'autore non spiega mai cosa c'è dietro il lavoro del protagonista, non è quello è il suo scopo; piuttosto fa intendere che ci sia qualcuno che muove le fila alle sue spalle, o al di sopra di lui, in particolare con l'intrigante cameo di un irriconoscibile Michel Piccoli.
Da una performance all'altra, Monsier Oscar, e lo straordinario Denis Levant che lo interpreta, si trasforma, muta letteralmente, e se Holy Motors risulta un film riuscito ed affascinante dipende anche da lui e non solo dall'intrigante costruzione di Carax. Quella di Levant è una interpretazione completa e complessa, a cui dà tutto sè stesso: diventa l'uomo in fin di vita, l'essere disgustoso, il padre affettuoso, il killer spietato, in quella che sembrerebbe una metafora del lavoro dell'attore e, più in generale, del cinema stesso.
Ogni incarico sembra infatti richiamare un genere particolare, dal dramma al fantastico, dal musical alla fantascienza, continue messe in scena che richiamano l'arte della messa in scena cinematografica, sia dal punto di vista creativo che interpretativo. E' una delle possibili chiavi di lettura, perchè come detto, il film di Carax non dà risposte, ma stimola a porsi domande, e non è una qualità di poco conto.

Movieplayer.it

4.0/5