Recensione Thor: The Dark World (2013)

La vera superstar di Thor: The Dark World è Loki. Il suo cinismo è linfa vitale per lo script che gli riserva un tripudio di battute, colpi di scena, voltafaccia che ingannano lo spettatore e scene action da mozzare il fiato

Tutti in campo con Loki

Con l'acclamato The Avengers, che ha concluso la famigerata Fase Uno riunendo i Vendicatori in un unico team, i Marvel Studios sembravano aver toccato l'apice qualitativo della loro produzione. L'arrivo di Joss Whedon, con il suo bagaglio culturale da cinefilo nerd, ha impresso un nuovo passo ai prodotti della compagnia frantumando record al box office e raccogliendo critiche entusiastiche. Fare il bis non era semplice, eppure l'alchimia si sta ripetendo con Thor: The Dark World. Pur avento alle spalle una lunga esperienza televisiva, Alan Taylor non è un autore blasonato come Whedon né un artista classico come Kenneth Branagh - il cui Thor, offuscato dall'ambizione autoriale, non riesce a convincere fino in fondo. Ponendosi al servizio della sceneggiatura, Taylor confeziona un prodotto leggero, divertente e spettacolare. Cinema d'intrattenimento puro e semplice in cui tutti gli ingredienti si mescolano alla perfezione, stereoscopia compresa, visto che ormai Marvel ha ampiamente dimostrato di saper padroneggiare il 3D ponendolo al servizio della storia per amplificare la maestosità della visione.


Dopo un incipit ambientato in un lontano passato in cui la voce solenne di Anthony Hopkins ci comunica l'esistenza di un Regno Oscuro abitato dal minaccioso Malekith e dai suoi mostruosi guerrieri bianchi - i quali in epoche antiche erano stati sconfitti da Asgard e costretti a cedere l'Aether, il loro potere oscuro - il film si apre ad Asgard dopo gli eventi accaduti in The Avengers. Il cuore del dio del tuono è sulla Terra, insieme a Jane Foster, ma il senso del dovere lo spinge a combattere per arginare i danni causati da Loki arrivando, infine, a pacificare i Nove Regni. Stavolta l'azione si concentra ad Asgard e nella sua controparte malevola, il desolato Dark World. Due luoghi suggestivi, magnificamente ricostruiti in CGI, la cui presenza dona al film un'aura davvero mitica e surreale. Per quanto riguarda la terza location, quella terrena, ben presto scopriamo che Jane e i suoi colleghi si sono spostati a Londra, dove vive la madre di Jane. Proprio nella capitale inglese, per l'esattezza a Greenwich, avrà luogo la spettacolare battaglia finale in cui accadrà di tutto. E sempre a Londra Jane localizza uno dei punti di contatto tra universi venendo risucchiata da una forza che la fa precipitare proprio là dove è sepolto l'Aether. Subito il terribile potere si impossessa del suo corpo. Sarà il guardiano Heimdall (Idris Elba) ad accorgersi della scomparsa della giovane allertando Thor che immediatamente si reca sulla Terra in cerca dell'amata.

A differenza del vulcanico Tony Stark, Thor non è uno one man show. Alle sue martellate energiche non corrisponde un'eguale verve dialettica. Per ovviare alla mancanza, lo script affianca al granitico semidio un gruppo di personaggi che, interagendo, danno vita a gag indimenticabili. Il ruolo di Odino viene un po' ridimensionato per lasciare spazio a Jane Foster. Il personaggio di Natalie Portman acquista spessore e viene messo in condizione di mostrare una gamma di sentimenti più ampia rispetto alla precedente apparizione. A Frigga, la coraggiosa madre di Thor, viene affidato un ruolo chiave, mentre i sentimenti della bella guerriera Sif per il biondo dio vengono esplicitati (già in Thor avevamo intuito la sua passione, non ricambiata, per il biondo figlio di Odino). Perfino lo scienziato Eric Selvig, dopo il lavaggio del cervello di The Avengers, torna con qualche problemino comportamentale che lo rende molto più simpatico di prima. Ma la vera superstar di Thor: The Dark World è Loki. Il suo cinismo è linfa vitale per lo script che gli riserva un tripudio di battute, colpi di scena, voltafaccia che ingannano lo spettatore e scene action da mozzare il fiato. Se davvero la Marvel confermerà nella scelta di non far tornare Tom Hiddleston nei nuovi lungometraggi in preparazione, per lo studio sarà una grave perdita. L'attore inglese sfodera tutto il suo talento dando vita a duetti memorabili con Chris Hemsworth che faranno impazzire i fan.

La debolezza di alcuni passaggi dello script (il ritrovamento casuale dell'Aether da parte di Jane), l'uso spregiudicato delle nozioni scientifiche e le somiglianze con molte altre opere fantasy (dai precedenti lungometraggi Marvel a Il signore degli anelli e Star Wars) trovano compensazione in una componente comica preponderante. Le scene di culto abbondano. Basti pensare a Thor che sale in metropolitana facendo colpo sulla bionda passeggera di turno, a Loki che si produce nell'imitazione di uno dei Vendicatori (di cui non sveleremo l'identità) o a Eric Selvig che si dà al nudismo per superare il trauma di aver avuto un dio nel proprio cervello. E ancora il ritorno di Kat e del suo nuovo stagista e l'irresistibile telefonata 'intergalattica' di Chris O'Dowd a Natalie Portman. Anche chi ama i voli sfrenati, gli effetti speciali e i duelli spettacolari non resterà certo deluso. Molte spettatrici fremeranno per i pettorali scolpiti di Thor e per il suo amore romantico e appassionato per Jane, altre non disdegneranno il volto pallido di Loki e il suo sguardo più spiritato che mai. Una raccomandazione. Non lasciatevi ingannare dai giochetti dei creativi Marvel, non lasciate la sala prima della fine dei titoli di coda perché stavolta le scene teaser che svelano le anticipazioni sui prossimi lungometraggi dello studio sono ben due.

Movieplayer.it

4.0/5