Recensione Philomena (2013)

Un film in perfetto equilibrio tra il drammatico e l'ironico che si ispira ad una storia vera ma consegna alla storia del cinema una coppia di protagonisti perfettamente assortiti e dalla chimica e tempi comici davvero esemplare.

Cinquant'anni di solitudine

Philomena Lee (Judi Dench), settantenne irlandese e cattolica fervente, ha un segreto che la tormenta da 50 anni: rimasta incinta ad appena 18 anni, fu reclusa, insieme ad altre "madri svergognate", nel convento di Roscrea e costretta a dare il figlio in adozione ad una coppia di sconosciuti. Per tutto questo tempo, Philomena ha taciuto dell'accaduto con tutti, perfino la figlia ormai adulta, ben consapevole di essere stata giustamente punita per i propri peccati di gioventù; ma adesso, a 50 anni da quegli avvenimenti che per sempre hanno segnato la sua vita, decide di confessare il proprio segreto e di chiedere finalmente aiuto, così da riuscire in quello che tante volte aveva tentato ma senza risultati: ritrovare il figlio Anthony.
Ad aiutarla in questa missione tutt'altro che facile, c'è il riluttante Martin Sixsmith (Steve Coogan), ex giornalista datosi alla politica ma silurato dal governo Blair, che sceglie di dedicarsi a questa vicenda di "interesse umano" per distogliere attenzione dai suoi problemi personali e con la speranza di guadagnarsi i favori di una editor senza scrupoli (Michelle Fairley).


Da tempo Stephen Frears ci ha abituato ad una carriera dai risultati molto altalenanti, ma dobbiamo ammettere con franchezza che dopo il disastroso Una ragazza a Las Vegas e il deludente Muhammad Ali's Greatest Fight visto pochi mesi fa a Cannes, per un attimo avevamo quasi temuto che fossero davvero passati i tempi migliori per un regista che in passato ci ha saputo regalare tanti gioielli sia nel dramma che nella commedia. Con questo Philomena invece non solo Frears riesce a guadagnarsi applausi scroscianti al termine delle proiezioni della 70. Mostra del Cinema di Venezia, ma anche a regalare ai suoi spettatori fragorose risate e momenti di vera commozione; un film in perfetto equilibrio tra il drammatico e il divertente che si ispira ad una storia vera ma consegna alla storia del cinema una coppia di protagonisti perfettamente assortiti e dalla chimica e tempi comici davvero esemplare.

Molti di questo meriti vanno certamente all'esperto regista, ma anche e soprattutto ad una sceneggiatura che rasenta la perfezione nel creare due personaggi diversissimi ma molto credibili, una sequela di battute davvero memorabili e quel magico equilibrio tra il tragico e giocoso che abbiamo già citato e che poi è il vero capolavoro dello script firmato a quattro mani dallo stesso Steve Coogan e dall'autore televisivo Jeff Pope. Ma il film è anche molto altro, perché anche lo svolgimento del plot non è affatto prevedibile come si potrebbe pensare; anzi, non sono poche le sorprese che attendono coloro che non conoscono le incredibili (ma reali) vicende di questa donna e della sua faticosa ricerca della verità, e soprattutto perché pur con leggerezza invidiabile il film affronta un argomento terribilmente serio come quello personalissimo della fede e del perdono, ma anche quello sempre attuale e certamente di pubblico dominio della Chiesa Cattolica e delle sue malefatte.
Abbiamo poi detto dell'eccellente lavoro di Coogan sceneggiatore, ma sarebbe un'ingiustizia tacere anche della sua ottima prova d'attore, forse la migliore della sua carriera, di certo quella che potrebbe conferirgli la definitiva consacrazione anche fuori dall'Inghilterra dove (giustamente) gode già di grande considerazione per tutti i suoi molteplici talenti: attore, produttore, scrittore, imitatore e stand-up comedian.
Chi invece non ha certamente bisogno di alcun tipo di consacrazione è Judi Dench, semplicemente una delle più grandi attrici viventi: se mai ce ne fosse stato bisogno, qui la Dama dimostra che le basta anche solo uno sguardo o un gesto per convogliare mille e più emozioni e che, quando poi è coadiuvata da uno script e dialoghi di questo spessore, non c'è davvero nulla che possa fermarla.
Frears nel 2006, proprio a Venezia, cominciò la straordinaria e vittoriosa cavalcata di The Queen nella awards season che finì col conquistare anche un Oscar con la protagonista Helen Mirren, premiata con la Coppa Volpi al Lido; i Weinstein, che distibuiscono questo nuovo film negli States, si augurano ovviamente un percorso simile se non addirittura migliore, ed effettivamente, anche se è certamente molto presto per questo tipo di previsioni o supposizioni, si tratta di una pellicola che potrebbe avere davvero le caratteristiche giuste per far innamorare l'Academy oltre che i critici di tutto il mondo. Per quel che può valere, la nostra benedizione ce l'ha certamente, e Frears può certamente considerarsi perdonato per i recenti passi falsi.

Movieplayer.it

4.0/5