Recensione Noi non siamo come James Bond (2012)

Il film è piacevole non perché rappresenti una sorta di vademecum sul come superare una malattia, ma perché a 'interpretarlo' ci sono due persone amabili, che non esitano a litigare se qualcosa non quadra, ma che si mettono in gioco spudoratamente; il cinema è anche questo, permettere ad una scintilla di verità di prendersi il giusto spazio e lasciarla risplendere senza troppi fronzoli.

(Non) Volevamo essere Sean Connery

"Se avessimo saputo che portava il parrucchino, la nostra vita non sarebbe stata rovinata, invece...". Seduto al tavolo di un ristorante assieme all'amico di una vita Mario Balsamo e a Daniela Bianchi, la prima Bond Girl italiana della storia, Guido Gabrielli, demolisce con ironia uno dei miti della sua giovinezza, quello Sean Connery la cui fantomatica presenza aleggia su tutto il film, Noi non siamo come James Bond, presentato in concorso al Torino Film Festival. La pellicola di Mario Balsamo è un'opera che emoziona con semplicità. E' il racconto di un'amicizia salda, di un rapporto forte nonostante le avversità che lo hanno accompagnato, vitale come i due protagonisti. Mario e Guido, infatti, si conoscono da anni. Nel 1985 fanno insieme il primo di una lunga serie di viaggi, destinazione Islanda; insieme combattono e sconfiggono il cancro, l'ospite inatteso che ne ha stravolto i corpi. E insieme decidono di girare un film che ripercorra le fermate salienti della loro vita, un viaggio intimo e toccante sul senso della malattia e dell'amicizia.

Con un filo rosso che lega ogni pezzo del puzzle, riuscire a contattare Sean Connery per vedere finalmente da vicino l'uomo che ha rappresentato per loro la capacità di rinascere, di essere a proprio agio in ogni situazione, anche la più pericolosa. Sovrapponendo l'uomo al mito, l'attore al personaggio, Balsamo e Gabrielli si propongono di realizzare una missione impossibile, ben sapendo che il cuore della ricerca è tutt'altro e cioè l'analisi affettuosa di un'esistenza trascorsa per la maggior parte del tempo in compagnia l'uno dell'altro. Non si può fare a meno di pensare, e ci mancherebbe altro, che la malattia abbia rappresentato la tappa più importante del loro percorso, la presa di coscienza di una normalità infranta, ma anche l'occasione per rinascere. Non c'è alcun accento patetico nella narrazione e nemmeno quell'euforia a volte un po' di facciata di coloro che, una volta superato l'ostacolo, mettono alle spalle tutto, con il solo di desiderio di non pensarci più. Ci pensano ancora, eccome, e senza sentirsi eroici condividono con gli spettatori una parte sostanziale della propria esperienza.
Non per esorcizzare, né per dimenticare, ma per renderci partecipi di un grande successo. Lo racconta lo stesso Gabrielli in uno dei suoi faccia a faccia con Balsamo, "Non ho mai pensato che finisse". Il film è piacevole non perché rappresenti una sorta di vademecum sul come superare una malattia, ma perché a 'interpretarlo' ci sono due persone amabili, che non esitano a litigare se qualcosa non quadra, ma che si mettono in gioco spudoratamente; il cinema è anche questo, permettere ad una scintilla di verità di prendersi il giusto spazio e lasciarla risplendere senza troppi fronzoli. Come Nanni Moretti in Medici, l'episodio più emozionante di Caro Diario, Mario e Guido si sottopongono a test ed esami, valutazioni ed analisi e alla fine si godono il panorama del mare di Sabaudia, ritrovandosi improvvisamente ragazzini. Accettano con eleganza perfino il gentile diniego di Sir Sean Connery che, una volta contattato al telefono, grazie all'intercessione di Daniela Bianchi, rifiuta con gentilezza ma sbrigativamente il possibile incontro. E dire che l'attore scozzese ha avuto a portata di mano una grande occasione e se l'è lasciata sfuggire. James Bond non approverebbe.

Movieplayer.it

3.0/5