Recensione Monsters University (2013)

Pixar ha dato vita ad un prodotto divertente e toccante ed è riuscita a creare un'opera originale, senza privarla della continuità narrativa con il precedente capitolo; in poche parole, una delizia per gli occhi e per il cuore.

... i duri cominciano a giocare

Una gita alla Monsters Inc. è quello che ci vuole per dei mostriciattoli che cercano l'ispirazione della vita. Quando il piccolo Mike Wazowski mette piede assieme ai compagni di classe nell'imponente edificio capisce subito che quella sarà la sua casa. Vedere gli spaventatori all'opera, mentre cercano di scatenare le urla di terrore dei bambini, necessarie per ottenere l'energia che fa andare avanti il loro mondo, lo folgora e malgrado le dimensioni ridotte e l'aspetto più buffo che pauroso, Mike inizia a lavorare duramente per realizzare il proprio sogno. Anno dopo anno studia con passione, cercando di oltrepassare i limiti e i cattivi pensieri, fino al momento più atteso: l'ammissione alla Monsters University. L'arrivo al college è l'inizio di un'avventura emozionante. Ogni viale, ogni aula gli ricordano che il suo destino è quello. L'unico problema è che alla facoltà di Spaventologia nessuno sembra avere le sue stesse convinzioni, a partire dal famigerato rettore Tritamarmo, ai professori, dagli arroganti delle confraternite più 'in', per finire ad un celeste gigante ipertricotico, James 'Sulley' Sullivan, erede di una grande dinastia di mostri, dotato di talento naturale, simpatico ma spocchioso. Non si prendono proprio i due, che ingaggiano un duello a distanza senza esclusione di colpi. Quando l'ennesima lite provoca la rottura di un cimelio del rettore, quest'ultimo li espelle dalla facoltà. Per farvi ritorno hanno un'unica possibilità, formare una squadra per partecipare alle spaventiadi, un torneo tra confraternite che stabilisce quali siano i mostri più paurosi. Trovato l'obiettivo, restano solo da riunire i componenti del team e sono gli appartenenti alla più 'sfigata' delle confraternite, gli Ohimè Kappa: Don, la piovra fuori corso, Art, peluche poliforme dedito alla new age, il paffuto Squeeshy e la premiata ditta Timmy e Timmi, creatura a due teste. Hanno tutto contro, ma hanno anche tanto coraggio.


Dodici anni or sono Monsters & Co., quarto lungometraggio d'animazione dei Pixar Animation Studios stravolse uno dei cardini delle fiabe, il rapporto tra mostri e bambini, tra chi incute paura e chi invece la paura la subisce. Neutralizzando questo meccanismo e trasformando la relazione tra questi due opposti in una bellissima e tenera amicizia, sono stati fatti crollare secoli di luoghi comuni e preconcetti, sottolineando una volta di più quanto sia importante per un bambino non perdere mai di vista fantasia e affetto e quanto queste piccole persone siano in grado di dare. Non può che suscitare attenzione e curiosità il nuovo progetto dei creatori di Emeryville, Monsters University, prequel del fortunato film del 2001. Il compito dell'esordiente regista Dan Scanlon si presentava quanto mai rischioso, poiché si partiva da un livello già molto alto, per certi versi rivoluzionario; un conto è parlare dell'infanzia, delle paure che possono segnarla, di spettri che non solo non si rivelano dannosi, ma diventano addirittura fondamentali per crescere e un altro è prendere quei mostri, umanizzarli in un contesto così peculiare come il college e trasformarli in quelli 'piccoli', quelli che hanno paura.

Non solo Pixar ha dato vita ad un prodotto divertente e toccante, ma è riuscita a creare un'opera originale, diversa dalla precedente, senza però privarla di continuità narrativa; in fondo il senso di un prequel è quello di dare 'volume' a un racconto, fornendo quei dettagli che si rivelano necessari per una comprensione ancora più profonda di tutta la storia. La prima idea vincente è stata quella di incentrare il film sul personaggio di Mike, il classico numero due, la spalla di ogni star che si rispetti, che qui è l'eroe, il vero motore della storia. Wazowski è piccolino e buffo, non fa paura ma non ha paura di niente, ha una mente brillante e soprattutto è un gran lavoratore, un vero appassionato della materia che studia e come ogni buon teorico è la dura realtà a metterlo in crisi. Qui interviene Sulley, gigante buono che racchiude in sé tutte le caratteristiche dello studente scansafatiche, per intenderci quello che non si perde una festa ed è il più famoso del college, pur senza avere meriti particolari.
I due protagonisti non sono nuovi, ma non per questo non ne veniamo affascinati, proprio grazie alla cesellatura compiuta su di loro, all'intelligente lavoro sui contrasti - l'eroico Sulley svela la natura giovanile di scavezzacollo, mentre Mike scopre il suo lato intellettuale - e all'interazione con un gruppo di personaggi nuovi di zecca che amiamo tutti senza riserve a prima vista. Secondo elemento chiave per la riuscita del film è la storia stessa che non possiamo fare a meno di considerare alla luce di quello che sarà in futuro dei due protagonisti (e non solo). Ci rendiamo conto, conoscendo in anticipo il destino di Mike e Sulley, che il lungo e appassionato training accademico, lo studio della spaventologia, le esercitazioni, i confronti con i mostri più grandi, saranno in realtà attività meravigliosamente inutili, e nonostante ciò, anzi forse proprio per questo, non possiamo fare a meno di tifare per loro.
In fondo non sarebbero mai diventati quei teneri mostri perdutamente innamorati di una bambina se non avessero preso sul serio gli anni di studio e se non avessero avuto il coraggio di mollare, per ricominciare in altra maniera, costruendo daccapo la loro vita. Ecco perché Scanlon e soci sono stati in grado di farci appassionare dalla prima all'ultima scena; hanno bilanciato emozione e divertimento, hanno messo in equilibrio una prima parte scanzonata e allegra, scandita dalle coloratissime mostruosità del college e una seconda tranche più intima, in cui emergono finalmente le fragilità dei protagonisti. Ricco di rimandi e citazioni cinematografiche, Monsters University ricorda in certi momenti le atmosfere anarchiche di Animal House e nella parte finale, la sequenza ambientata in campeggio, si concede il lusso di un tocco horror assolutamente geniale nel contesto specifico, quando cioè per Mike si rendeva necessario spaventare degli adulti e non dei bambini.
Rispetto al 2001 le tecnologie hanno fatto passi avanti soprattutto nel campo dell'illuminazione. Il team creativo della Pixar ha lavorato con un nuovo processo chiamato GI, che ha permesso di dare un senso di realismo più profondo alle ambientazioni grazie all'uso di sorgenti luminose settoriali e non singole, come se la luce vivesse di vita propria e creasse essa stessa riflessi e ombre; eccezionale come sempre inoltre il lavoro grafico sui mostri, che tanto somigliano a pupazzi con cui giocare e sulle superfici e per credere vi basterà guardare con attenzione la sequenza in cui Mike visita la sala trofei della Monsters University. Se Monsters University non tocca le vette del primo film è solo perché in parte sappiamo cosa attenderci e quindi non esiste nulla di sorprendente, ma questo capitolo è una delizia per gli occhi e per il cuore e porta con sé un messaggio sempre valido, ovvero che le individualità si possono esaltare in un gruppo e che ciò che conta non è quanto facciamo e i successi che tentiamo di conquistare, ma chi siamo davvero. Scoprirlo (e scatenarci) sarà la vittoria più grande.

Movieplayer.it

4.0/5