Recensione L'uomo d'acciaio (2013)

L'uomo d'acciaio non è un brutto film, ma è un'occasione sprecata per poter dire qualcosa di importante e su un personaggio storico del mondo dei comics, che, a differenza di altri super-colleghi, fatica a trovare la sua incarnazione definitiva sul grande schermo.

Il grande e potente Superman

Con anime e approcci diversi, la nuova ondata di supereroi cinematografici continua ad invadere le sale. Una varietà che caratterizza non solo l'impostazione dei progetti dedicati ai più disparati eroi, ma ovviamente anche la qualità della loro resa su schermo, grande o piccolo che sia. Discriminante è ovviamente la capacità di chi affronta il progetto, ma non va mai sottovalutata la difficoltà insita nel singolo personaggio: se Christopher Nolan ha sfruttato al meglio le potenzialità e l'attitudine al realismo di un Batman e Joss Whedon la coralità e spettacolarità degli Avengers, non possiamo negare che ci siano volti storici degli universi Marvel e DC che non è facile affrontare.
Uno di questi è Superman.


E' datato 2006 il recente reboot del personaggio, un'operazione che non ottenne il successo sperato e costrinse Warner a ripartire nuovamente da zero, rilanciando la saga con nuovi volti al comando: produzione di Nolan (per lungo tempo avvicinato al progetto anche con ruolo di regista), script affidato a David S. Goyer e lo Zack Snyder di 300 e Watchmen dietro la macchina da presa. Una combinazione con presupposti interessanti, perché uno dei difetti del regista è la misura e l'autocontrollo, qualità che la guida di Nolan avrebbero potuto donargli.
Ma, dicevamo, il Kal-El di casa DC non è personaggio facile e la nuova produzione ha anche l'ulteriore difficoltà di dover ripartire ed insieme aggiungere, di essere introduttivo, ma con la necessità di spingere fin da subito il piede sull'acceleratore. Difficoltà che traspaiono nella struttura narrativa scelta da Goyer per ri-raccontare le origini de L'uomo d'acciaio.

Il nuovo film prende le mosse su Krypton, con uno spettacolare incipit che mostra la distruzione del pianeta natale di Superman, accennando anche ad usi, organizzazione e conflitti della sua società.
La guerra, le fuga e l'inseguimento. Lungo, complesso incipit che prosegue con quella che sarà la storia di Kal-El nei panni terrestri di Clark, una volta raccolto e cresciuto dai Kent.
Una storia che Goyer sceglie di sviluppare mediante flashback che si alternano anche alla porzione di plot ambientato nel presente e che vive dello scontro causato dall'arrivo sulla Terra del Generale Zod ed il suo esercito, pronto a spazzare via la razza umana per dare una nuova casa al suo popolo. Spaccati del passato dell'eroe che non si susseguono con linearità temporale, saltando avanti e indietro nelle fasi dell'infanzia e gioventù di Clark, creando una sensazione di frammentarietà.
Una storia, quella intima e terrestre del piccolo Clark, che serve all'autore per mettere in scena il conflitto interiore e l'aspetto più umano e fragile del personaggio, per cercare di ripetere, almeno in parte, l'operazione fatta sul Batman di Nolan.

Ma Superman non è Batman, e la sua sovrumana imponenza cozza con l'esigenza di umanizzarlo, così come con l'incapacità di rendere quella grandiosa onnipotenza che tende al divino.
In quest'ultimo aspetto in particolare si evidenziano i meriti di Snyder: per la prima volta L'uomo d'acciaio rende la potenza del suo protagonista, mostra su schermo la forza sovrumana che giustifica il nome dell'eroe di casa DC. Il regista di 300 si mette al servizio del personaggio, ridimensiona in parte alcuni eccessi del suo stile, trova artifizi visivi in grado di rendere la solidità e forza dell'eroe di Krypton.
Allo stesso tempo, però, lui e Goyer lo mettono faccia a faccia con qualcuno di altrettanto potente, appiattendo verso l'alto questa energia visiva, svilendo l'unicità di Superman nei confronti del popolo terrestre.
Tutta la seconda parte del film, che mostra lo scontro tutto kryptoniano tra Kal-El e gli invasori comandati da Zod, è visivamente imponente, possente, eccessivo. Uno scontro più adatto ad un capitolo successivo al primo, in questa fase di reboot del personaggio DC, il cui utilizzo nasce forse dall'esigenza di dover sì ripartire, ma anche aggiungere a quanto già detto e mostrato nei film precedenti.

Goyer non riesce a bilanciare le diverse esigenze in una sceneggiatura squilibrata, oltre ad aggiungere almeno un paio di momenti che faranno storcere il naso ai puristi del personaggio, ed il risultato è che L'uomo d'acciaio è un film con più di un problema, che vive di momenti e soffre di lunghe pause, che si veste di grandiosi effetti speciali ma li penalizza con una terza dimensione confusionaria, che si appoggia su un cast di assoluto valore ma in molti casi non lo sfrutta a dovere.
Se infatti Russell Crowe è un Jor-El carismatico e sofferto, Amy Adams una Lois Lane determinata ed affascinante, Michael Shannon è un Generale Zod robusto e magnetico e soprattutto lo stesso Henry Cavill un Superman sicuro ed efficace, non si può dire lo stesso di altri comprimari come Kevin Costner e Diane Lane nei panni dei genitori Kent, di Laurence Fishburne o Christopher Meloni.
L'uomo d'acciaio non è un brutto film, ma è un'occasione sprecata per poter dire qualcosa di importante e su un personaggio storico del mondo dei comics, che, a differenza di altri super-colleghi, fatica a trovare la sua incarnazione definitiva sul grande schermo.

Movieplayer.it

3.0/5