Recensione Il grande e potente Oz (2013)

Sam Raimi compie un'operazione concettualmente molto simile a quella del Tim Burton di Alice in Wonderland: ma il regista de La casa riesce laddove il collega aveva fallito, evitando la pesantezza da opera su commissione e realizzando un film divertente e divertito.

Magici inganni

In tempi di riproposizioni filmiche di favole e archetipi, una figura come quella del Mago di Oz non poteva, prevedibilmente, lasciare indifferenti i produttori hollywoodiani. Il personaggio creato da L. Frank Baum, d'altronde, mancava sul grande schermo dal 1985, anno in cui la Disney realizzò Nel fantastico mondo di Oz, sequel non ufficiale del celebrato classico Il mago di Oz, interpretato nel 1939 da Judy Garland. Ora, è proprio la Disney a riprendere in mano le sorti (cinematografiche) del celebre personaggio, scegliendo di raccontarne le origini (solo accennate nelle storie originali) e affidandone la traduzione in immagini a un regista visionario come Sam Raimi.
Il protagonista è qui un mago circense di mezza tacca, donnaiolo e moralmente abietto, che fugge in mongolfiera dopo essersi vista svelata l'ennesima truffa; catturato da un ciclone, l'uomo viene catapultato nell'incantato paese di Oz, dove tutti lo accolgono come il Mago da tempo atteso, che dovrà liberare il regno dal potere di una strega malvagia. Giunto nella cCttà di Smeraldo, e salutato da grandi celebrazioni, il protagonista è allettato dalla promessa del trono e delle ricchezze del regno, nonché dalle lusinghe delle due streghe buone che vi risiedono. Tuttavia, non solo eliminare la strega sarà per il mago un compito più complicato del previsto, ma questi dovrà scoprire anche, sull'oggetto della sua missione, una verità diversa da quella che gli era stata descritta.


Con Il grande e potente Oz, Raimi compie un'operazione concettualmente molto simile a quella del Tim Burton di Alice in Wonderland: non a caso, le parentele tra le opere originali sono tante e importanti (l'universo creato da Baum fu influenzato da quello di Lewis Carroll) e non a caso dietro entrambi i film c'è il produttore Joe Roth. Simile è la volontà di rielaborare in un'ottica (post)moderna un universo fiabesco ma fortemente radicato nel suo tempo, simile la voglia di gettare su quell'universo uno sguardo nuovo, esplorandone aspetti finora lasciati in ombra, simile l'uso della stereoscopia come arma in più per tale esplorazione. Analoghi gli intenti, quindi, ma molto diversi, qualitativamente, i risultati: Raimi riesce qui dove Burton aveva sostanzialmente fallito, evitando quella pesantezza da opera su commissione, quell'evidente fatica nella conciliazione di una poetica personale con un immaginario poco nelle corde dell'autore, che avevano condizionato, negativamente, il film burtoniano. Il regista de La casa e Spider-Man, da sempre meno "autore" (non è per forza un male) ma anche più versatile del collega, si adegua senza problemi ai canoni di un'opera tanto squisitamente disneyana nella concezione, quanto figlia dei suoi tempi nella resa visiva: sembra divertita e consapevole, la messa in scena di Raimi, che offre un coté visivo addirittura straripante nella sua voglia di catturare l'occhio, un ritmo incalzante costruito grazie a un uso funzionale, autoironico e intelligente, di tutti i mezzi che una produzione del genere mette a disposizione.

L'aspetto più interessante (e accattivante) del film risiede sicuramente nel suo look, che passa con disinvoltura da un 1.33:1 (l'equivalente del 4:3 televisivo, per capirsi) reso in un bel bianco e nero, all'"apertura" al formato panoramico e al colore nel momento in cui il protagonista sbarca nel mondo incantato. In questo, chiaro è il riferimento diretto al film del 1939 (girato in Technicolor, ma con un prologo ed epilogo realizzati in un bianco e nero virato al seppia) ma anche la volontà di rendere esplicitamente lo stacco tra i due mondi, caricando in modo addirittura esasperato, caleidoscopico e quasi ubriacante, le tonalità del regno di Oz. La vegetazione, le variegate creature che lo abitano, gli sgargianti abiti dei cittadini del regno, le riuscite scenografie della città di smeraldo (più Art déco che fantasy) e quelle del castello di Glinda: tutto è all'insegna di composizioni cromatiche che irretiscono l'occhio e lo inebriano con classe. In questo, anche l'uso del 3D mescola con disinvoltura passato e presente: il regista non si fa problemi a scagliare oggetti contro lo spettatore, o addirittura "fuori" dai margini dello schermo (nella parte iniziale, precedente all'allargamento del formato) ma poi regala profondità e spessore fisico a molte sequenze, facendo della stereoscopia un elemento coerente a un comparto scenografico di indiscutibile impatto.
A una sceneggiatura divertente e divertita, che si preoccupa ovviamente di creare un legame filologico con il romanzo originale (nonché con la sua trasposizione filmica più famosa) Il grande e potente Oz somma l'interessante (seppur non nuova) riflessione sul cinema come fabbrica di illusioni, come strumento "magico" per eccellenza che, col suo carattere di truffa e inganno espliciti, diventa rappresentazione tanto più "vera" e coinvolgente della realtà. Il riferimento a Thomas Edison e al suo cinetoscopio, nonché la rilettura del personaggio del Mago come cineasta ante litteram, testimoniano un amore per le origini dell'arte cinematografica, per quel periodo di invenzioni e possibilità che sembravano infinite, che già era stato celebrato (in un contesto ovviamente diverso) da Martin Scorsese nel suo Hugo Cabret.
Lanciato a suo tempo da Raimi nel primo Spider-Man, James Franco conferma la sua ottima versatilità di attore, dando vita a un Oz che è un misto di sbruffoneria, carisma e autoironia; le controparti femminili Mila Kunis, Michelle Williams e Rachel Weisz vestono i panni di tre streghe efficaci e magnetiche, che ben seguono i rispettivi personaggi nelle evoluzioni che lo script impone loro. Raimi, da par suo, pur adeguandosi con diligenza (e, lo ripetiamo, con evidente divertimento) ai dettami del genere e del target, si concede qualche momento più cupo e horror (tra questi, una riuscita trasformazione verso la fine) regalando anche l'ennesimo cameo al suo attore-feticcio Bruce Campbell. Ciò, nell'attesa di capire se l'ipotizzato Evil Dead IV (è notizia di questi giorni che il regista avrebbe deciso di riprendere in mano la sua saga) vedrà davvero la luce, come richiesto dai sempre affezionatissimi fan.

Movieplayer.it

4.0/5