Recensione Hates - House at the End of the Street (2012)

Il twist che fa luce su quanto realmente accaduto in quella casa, su Ryan, la sorella ed i genitori, è l'unico guizzo di una sceneggiatura che non riesce a sviluppare con efficacia un soggetto che attinge a tante storie di genere già viste sul grande schermo.

Casa nuova, soliti spaventi

C'è sempre un motivo quando qualcosa costa meno del suo effettivo valore di mercato.
E' così anche per la casa in cui si trasferiscono Sarah ed Elissa, madre e figlia alla ricerca di un luogo dove ripartire da zero. Una casa situata in una tranquilla comunità rurale, ma accanto ad un'altra abitazione in cui anni prima è stato commesso un duplice omicidio: la giovanissima Carrie Anne aveva ucciso i suoi genitori, per poi sparire senza lasciare traccia. La casa è ora abitata dal fratello della ragazza, il tormentato Ryan, che rimasto solo sta ristrutturando l'abitazione per poi rimetterla sul mercato.
Tra le difficoltà di ambientarsi nella sua nuova vita, Elissa entra subito in sintonia con l'animo artistico del vicino, con disappunto e preoccupazione della madre, ed i due sviluppano un'amicizia che finisce per mettere in pericolo la ragazza.


Non è infatti uno spoiler, né una sorpresa, che la storia di Ryan e della sua famiglia sia più complessa di quello che appare a prima vista. Ed il twist che fa luce su quanto realmente accaduto in quella casa, su Ryan, la sorella ed i genitori, è l'unico guizzo di una sceneggiatura che non riesce a sviluppare con efficacia quello che si limita ad accennare e che si trascina senza personalità lungo i binari tracciati dal soggetto di Jonathan Mostow, che attinge a tante storie di genere già viste sul grande schermo.
Hates - House at the End of the Street è un progetto senza reali pretese, che probabilmente sarebbe finito direttamente in homevideo se non avesse avuto la fortuna di ritrovarsi nel cast una Jennifer Lawrence cresciuta esponenzialmente in notorietà ed ambizione dopo avervi preso parte. Il film, infatti, usciva in USA proprio nel periodo in cui Il lato positivo - Silver Linings Playbook, che le avrebbe dato l'Oscar, veniva presentato in quel di Toronto.

La giovane attrice, unica in un cast che comprende anche Elisabeth Shue nel ruolo della madre Sarah, riesce a tratteggiare la genuinità ed indipendenza del suo personaggio, ma non può sopperire alle mancanze di uno script che non va a fondo nei temi che propone e mette in scena, dal difficile rapporto tra Elissa e la madre alla tensione che l'amicizia con Ryan, ed i suoi segreti, dovrebbe generare.
Infatti la regia di Mark Tonderai cerca la via dello spavento facile e, complice le lacune dello script di David Loucka, non riesce a lavorare di fino e costruire una tensione più sottile e disturbante. Calca piuttosto la mano ricercando costruzioni visive in post produzione che sottraggono ulteriore immediatezza al racconto.
Il risultato in House at the End of the Street è quello di un film che non lascia il segno, facilmente dimenticabile con tanti thriller/horror che per abitudine arrivano nelle nostre sale nei mesi estivi.

Movieplayer.it

2.0/5