Recensione Bomber (2009)

Dopo quattro anni di invisibilità, lo splendido esordio alla regia di Paul Cotter trova una pur limitata distribuzione: l'occasione, comunque, di godere di un road movie divertente e toccante, caratterizzato da un raro equilibrio di scrittura.

Riparazione e rigenerazione

Alistar, ottantenne ex pilota di aviazione, sta per imbarcarsi in un singolare viaggio. Una traversata che lo porterà fino a un remoto paesino della Germania, dove l'uomo progetta un'azione "riparatrice" per un evento, risalente al suo passato, che non smette di tormentarlo. Nel frattempo, suo figlio Ross è in crisi con la fidanzata Leslie, che reclama maggiori spazio e attenzioni. Nonostante sappia che ciò metterà in serio pericolo il suo rapporto con Leslie, Ross acconsente ad accompagnare il genitore nella sua singolare ricerca; con loro, anche la madre Valerie, che approfitterà dell'occasione per soddisfare le sue curiosità turistiche. Il viaggio, e la forzata convivenza dei tre, metteranno in luce tensioni e nodi irrisolti nei loro rapporti, ma anche una possibile via per la loro risoluzione.
Dopo quattro anni di invisibilità, seguiti al passaggio al Torino Film Festival del 2009 (nella sezione Festa mobile) l'esordio di Paul Cotter Bomber trova finalmente un suo spazio distributivo nel nostro paese. La meritoria opera di recupero di Distribuzione Indipendente non può cancellare, comunque, il fatto che il film di Cotter avrebbe meritato ben altro spazio che quello (per forza di cose limitato) messo a disposizione dall'etichetta nostrana: stiamo parlando, infatti, di uno dei migliori esordi degli ultimi anni, di una freschezza e profondità di scrittura straordinarie, che non fa pesare minimamente il budget risibile (25.000 dollari) con cui è stato realizzato.


E' innanzitutto una commedia, Bomber, una storia che spinge al sorriso per le vicende, tenere e realistiche, dei suoi tre protagonisti. Il tono lieve, dolceamaro, della narrazione, non toglie tuttavia nulla allo spessore e alla credibilità dei fatti raccontati: è facilissimo vedere, nelle dinamiche che vedono coinvolto il vecchio Alistar, sua moglie e suo figlio, la realtà di tanti nuclei familiari moderni, schiacciati da un contrasto generazionale qui più largo del solito (la differenza di età tra l'uomo e suo figlio sembra superare i 40 anni) e da un'incapacità quasi "genetica" di comunicare. Ma la riflessione sociologica del film, pure importante e non banale, è qui celata da una dimensione limitata, quasi raccolta, tutta concentrata sul microcosmo familiare composto dai tre, e perennemente "mobile": il viaggio, da sempre emblema di formazione e trasformazione personale, diventa qui strumento di riflessione e (ri)scoperta degli affetti, luogo di confronto e occasione di rigenerazione da sperimentare insieme. Sono due, le linee di tensione principali che la sceneggiatura mette in evidenza: quella tra Alistar e Ross, il primo educato da sempre a reprimere i sentimenti, a tenerli rigidamente chiusi e nascosti, e il secondo totalmente in balia di essi, schiacciato da una sensibilità quasi femminile che gli fa guadagnare la sufficienza del genitore; e quello tra l'anziano uomo e sua moglie Valerie, con un rapporto congelato e immobilizzato da decenni di mancata comunicazione, e tuttavia incredibilmente vivo se appena si scava sotto la superficie. A tali linee di tensione se ne somma una terza, invisibile ma altrettanto importante: quella tra il giovane e la sua fidanzata Leslie, i cui esiti porteranno Ross a una riflessione che si rivelerà benefica anche per i suoi genitori.

Il viaggio, che Alistar ha intrapreso (secondo la sua educazione) come occasione di "espiazione" personale, e che lo costringe a una difficile confessione pubblica, diviene così tutt'altro: un momento di riscoperta e rafforzamento dei legami, che per tutti e tre i personaggi resterà scolpito indelebilmente nella memoria. Il tono che lo script sceglie per raccontarlo è, come si è detto, un esempio di raro equilibrio tra lievità e credibilità: si sorride per i tanti momenti grotteschi disseminati nella narrazione, ma si resta conquistati (e spesso commossi) dallo spessore e dalla disarmante umanità dei tre protagonisti. Stupisce molto che il regista abbia dichiarato, nella conferenza stampa di presentazione del film, di non essere uno sceneggiatore e di odiare la scrittura: uno script così equilibrato e riuscito, capace di offrire uno sguardo tanto profondo, e al contempo leggibile, di dinamiche come quelle familiari, è difficile da trovare nel cinema moderno; ancor meno in un esordio. Parte della riuscita di Bomber si deve anche alle interpretazioni dei tre attori principali, a cui Cotter si affida senza sacrificare il vigore (e l'evidente divertimento) della sua regia: in particolare, il volto di Benjamin Whitrow (interprete con una lunga carriera, soprattutto televisiva) rende al meglio la perenne tensione emotiva, celata sotto la corazza di apparente impassibilità, che caratterizza il personaggio di Alistar. Alla fine del viaggio, ci si scopre affezionati, inevitabilmente, a lui come agli altri due protagonisti: e ci si ritrova ad attendere, con giustificata curiosità, il prossimo film di Paul Cotter, sperando in un destino distributivo migliore.

Movieplayer.it

4.0/5