Oscar 2013: Argo, tutto come da copione

Confermate in pieno le previsioni della vigilia con il trionfo finale del film di Ben Affleck; poche, d'altronde, le sorprese, ma per lo meno le vittorie di Ang Lee e Christoph Waltz non sono esattamente scontate.

Un'altra Awards Season si chiude, e, come sembra essere diventata tristemente la norma, si chiude su una nota prevedibile e non certo esaltante: dal punto di vista dei suoi votanti e, naturalmente, dal punto di vista del regista Ben Affleck, la Oscar story di Argo è fonte di orgoglio e emozioni. Dopo l'annuncio delle nomination, con quella candidatura chiave dedicata alla regia in cui ad Affleck veniva dato il benservito a favore di Michael Haneke e di Benh Zeitlin e che sembrava minare le chance di un film in pieno recupero su Lincoln, il supporto per il giovane regista "ingiustamente snobbato" è andato crescendo di giorno in giorno, con tanto di "angle" proficuo per i media che trasformava il duello Affleck- Argo/ Spielberg-Lincoln in Davide contro Golia. Come da copione, l'efebico Davide ha trionfato sulle 12 nomination del rivale, e l'Academy non ha risparmiato a Steven Spielberg nemmeno l'umiliazione di assegnare altrove (al peraltro meritevole Ang Lee) la statuetta per la migliore regia, quella che non poteva andare ad Argo.

Che non ci fosse ardore per Lincoln è stato evidente praticamente da sempre, tanto che abbiamo temuto persino per l'Oscar da migliore attore per Daniel Day-Lewis; per fortuna (di Lincoln e di Day-Lewis), c'era ancora meno ardore per Joaquin Phoenix e The Master, e così il discorso di ringraziamento dell'attore britannico, considerato il migliore della sua generazione, si è trasformato in una soddisfazione, malgrado tutto, per Steven Spielberg e per un film importante, sofferto, meravigliosamente scritto e indubbiamente bello. Nella pari categoria femminile, come pure ampiamente prevedibile il consenso su Il lato positivo - Silver Linings Playbook, che con quattro nomination attoriali a casa a mani vuote non poteva andare, si è concentrato su Jennifer Lawrence. Se nella mente di chi scrive questo rimarrà un Oscar rubato a Emmanuelle Riva, è d'uopo concentrarsi sui meriti della Lawrence, che non è solo bella e accattivante, ma anche un autentico talento che ha davanti a sé una carriera luminosa.
Che la Lawrence avrebbe vinto si era capito all'inizio della serata, quando Christoph Waltz ha avuto la meglio sulll'illustre co-star di Jennifer ne Il lato positivo, Robert De Niro, e sugli altri tre mostri sacri candidati come migliore attore non protagonista, Philip Seymour Hoffman, Alan Arkin e Tommy Lee Jones; quella di Waltz è stata una delle mezze sorprese della serata, sorpresa a metà perché qui poteva ancora succedere di tutto, e le chance dell'osannato Waltz sarebbero state più quotate alla vigilia se non avesse già vinto tanto di recente per Bastardi senza gloria. Più telefonata, ma certamente meritata, la vittoria di Anne Hathaway, che, pur avendo avuto tempo per prepararsi al suo momento, è apparsa teneramente e sinceramente emozionata.
L'altra mezza sorpresa è stata, come dicevamo, quella dell'Academy Awards tributato ad Ang Lee per la regia. Nel complesso, il suo Vita di Pi ha dimostrato di essere il più temibile (?) avversario di Argo, con la sua vittoria in altre tre categorie, fotografia, effetti speciali e colonna sonora. Una buona performance per un film che, per il suo coraggio produttivo e la sua innovatività, merita certamente un posto negli annali degli Oscar. E non può lamentarsi nemmeno Les Misérables, che ottiene, accanto al premio per la Hathaway, anche quello per il sonoro e quello per acconciature e trucco.

Quella degli 85esimi Academy Awards non sarà dunque una serata ricordata per shock ed emozioni; e forse non sarà nemmeno sarà ricordata per la "rivoluzionaria" conduzione di Seth MacFarlane, che doveva richiamare l'attenzione dei più giovani e rianimare uno show in emorragia da ascolti. Dopo un monologo iniziale rigido e goffo, tuttavia, il brillante regista di Ted se l'è comunque cavata più che bene, facendo mostra di fascino ed energia e piazzando diverse battute esilaranti, anche se il momento che verrà ricordato della sua performance sarà la canzoncina We Saw Your Boobs, numero dedicato alla gioia infantile del maschio americano di fronte alle nudità delle attrici sul grande schermo, ma seriamente menomato dall'assenza di Kate Winslet in sala al Dolby Theater. Per una volta, poi, i numeri musicali, quasi tutti tratti dalla storia del musical passato e recente, non sono stati soporiferi: il più emozionante di tutti è stato in coda al tradizionale segmento In Memoriam, dedicato a cineasti e interpreti deceduti nell'ultimo anno, e ha visto la leggendaria Barbra Streisand intonare il suo classico The Way We Were per omaggiare Marvin Hamlisch.

Dunque, come sembra essere diventata tristemente la norma, la stagione dei premi cinematografici si chiude con un senso di incompiutezza, e con la sensazione che l'AMPAS non sappia bene cosa fare della sua Notte delle stelle e del fardello di responsabilità ad esso legato. Ma quello che la Notte degli Oscar sembra averci negato, come sempre, ce lo restituirà il cinema: quindi, grazie Steven Spielberg, grazie Tony Kushner, grazie Kathryn Bigelow, grazie Emmanuelle Riva, grazie Benh Zeitlin, grazie Wes Anderson, grazie Paul Thomas Anderson, e a buon rendere.