Niente può fermarci, parola di Luigi Cecinelli

Presentata a Roma la commedia in uscita il prossimo 13 giugno, protagonisti quattro giovani problematici che fuggono dalla clinica in cui sono ricoverati per andare a Ibiza, nel cast anche Gerard Depardieu; 'I miei ragazzi sono meglio dei loro genitori, considerano la malattia come un plus', ha detto il regista.

Il motore di ogni buona storia è l'assortimento dei personaggi che la animano; ne è così convinto Luigi Cecinelli, regista di Niente può fermarci, in uscita il prossimo 13 giugno in 160 copie grazie a 01 Distribuzione, da aver affidato le chiavi della commedia a quattro protagonisti affetti da patologie psico-fisiche più o meno gravi. Mattia è un narcolettico, Augusto è internet dipendente, Leonardo è un ossessivo-compulsivo terrorizzato dallo sporco e dulcis in fundo Guglielmo soffre di Sindome di Tourette, disturbo che si manifesta nei momenti meno opportuni e che trasforma il malcapitato in una macchina sforna insulti. L'incontro tra di loro avviene in una clinica specializzata, un luogo da cui ben presto decidono di fuggire per compiere il viaggio della vita, destinazione: Ibiza. Con i genitori alle calcagna, i ragazzi incontreranno nel tragitto Regina, una bella autostoppista dal difficile passato sentimentale, un rude contadino francese dal cuore d'oro, interpretato da Gérard Depardieu e una dj di grande fascino, ovvero Carolina Crescentini. Di questo divertente road-movie abbiamo parlato questa mattina con il regista e con gran parte del cast che comprende Emanuele Propizio, Federico Costantini, Vincenzo Alfieri, Guglielmo Amendola e Maria Chiara Augenti (il gruppo dei fuggiaschi) e Serena Autieri, Paolo Calabresi, Gianmarco Tognazzi e Massimo Ghini (i genitori ansiosi per la prole).

Luigi, hai impiegato molto tempo prima di realizzare questo tuo primo film... Luigi Cecinelli: L'idea l'avevo trovata anni fa ma avevo bisogno di qualcuno con cui sviluppare la sceneggiatura. Allora Claudio Zamarion che è produttore e direttore della fotografia mi ha consigliato di parlare con Ivan Silvestrini e così è successo. Ci siamo trovati a chiacchierare ed è stata una bella collaborazione. Ci sono voluti tre anni di gestazione, poi finalmente è arrivata la RAI e il progetto si è concretizzato. Carlo Brancaleoni mi disse: "un matto in un film è già qualcosa di particolare. Quattro è un'impresa da folli."

E da cosa è nata l'idea del film, dalla volontà di trattare in maniera leggera un tema comunque molto delicato come certi disturbi della personalità?
Ho un amico che fa il volontario in una clinica come quella che si vede nel film e mi ha dato lo spunto della storia raccontandomi di come i ragazzi si facessero ricoverare anche per brevi periodi. Poi ho un amico affetto da Sindrome di Tourette che fa il fotografo; confrontando le esperienze mi sono reso conto che a volte questo tipo di diversità è più negli occhi di chi la vede, che di chi la vive. I ragazzi in realtà hanno un plus e a differenza dei loro genitori, che in loro vedono la malattia, hanno la capacità di gestirsi. Questo aspetto mi piaceva in maniera particolare, infatti quando gli adulti arrivano a Ibiza sono loro a fare la figura dei disadattati in discoteca.

E' stato molto difficile trovare tutti gli interpreti?
Il primo che è stato scritturato è stato Vincenzo Alfieri. Conservo ancora uno dei provini che abbiamo fatto, in cui lui recita e noi ridevamo, neanche la macchina da presa riusciva a stare ferma. Poi è arrivato Emanuele Propizio e successivamente Federico Costantini; a lui ho chiesto uno sforzo in più, in genere fa sempre parti di bello e dannato, stavolta fa lo sfigato con mille manie. Infine ho trovato Guglielmo Amendola, un vero insospettabile. Cercavo qualcuno che avesse la faccia giusta per interpretare Mattia, ma non riuscivo a trovarlo, finché non mi sono imbattuto in lui, che faceva il calciatore. Mi è piaciuto e abbiamo chiuso il cast.

E poi hai dovuto trovare anche i genitori giusti per questi ragazzi...
In questo caso posso dire di aver compilato la lista dei regali di Natale, non sempre è possibile agire così, invece... Hanno davvero dato tantissimo al film, improvvisando molto. In certe scene era impossibile dare lo stop.

Com'è andata con Depardieu invece?
In fase di scrittura stavamo pensando a delle scene ambientate in Provenza e con Ivan ci siamo detti, pensa se ci fosse Depardieu. Naturalmente poi pensi a qualcuno che non è Depardieu, invece Claudio qualche mese dopo ci dice Gerard aveva letto la sceneggiatura, aveva visto i nostri lavori precedenti e che aveva accettato di fare il film. E' stato un grande regalo della produzione che non mi sarei mai aspettato; lavorare con lui è un'esperienza meravigliosa, come tutti i grandi attori ride e scherza fino a due minuti prima di girare, poi quando recita ti dà il personaggio.

La parola passa allora agli interpreti, partendo da Maria Chiara... Maria Chiara Augenti: Beh, io ero la donna del gruppo ed è stato bello lavorare con un gruppo di attori giovani e bravissimi, nel quale mi sono sentita subito integrata.
Guglielmo Amendola: Questo mondo per me è tutto nuovo, tutto da scoprire; io sono un calciatore e non saprei dire cosa faccio meglio. Devo ringraziare Luigi per la possibilità che mi ha dato, per avermi aiutato e per avermi dato la possibilità di conoscere dal vivo attori che fino a quel momento avevo visto solo al cinema o in TV Spero che ci sia un seguito e lo dico con umiltà.
Emanuele Propizio: Io posso dire di aver recitato Robert De Niro e con Gérard Depardieu, fate voi insomma. E anche questa volta ho avuto un papà artistico meraviglioso, Massimo Ghini.
Federico Costantini: C'è un punto d'incontro tra me e il mio personaggio ed è la paura degli gli insetti, che non amo per niente. Fortunatamente non posso dire di avere paura delle donne come Leonardo.
Vincenzo Alfieri: Io sono quello affetto da Tourette, una malattia che ha molte sfaccettature, noi abbiamo scelto quelle più colorite per scatenare qualche risata in più, ma mi sono avvicinato al personaggio in maniera molto seria. Certo a fine giornata a forza di tic uscivo dal set col mal di collo.

Cosa vi ha spinti ad accettare la parte? Paolo Calabresi: Oltre l'indigenza? Il fatto che fosse una commedia scritta con ritmo e verosimiglianza e il fatto che alla fine le problematiche fossero frutto delle proiezioni delle ansie dei genitori. E poi, certo, la possibilità di lavorare con Depardieu (ride). E' una cosa che si sono giocati mille volte per convincerci ad accettare, ma io Depardieu l'ho visto nella foto che gli hanno scattato prima di lasciare l'albergo.
Gianmarco Tognazzi: Dunque, mi ha spinto la possibilità di avere una capigliatura diversa. A parte gli scherzi, mi divertiva molto l'idea di un personaggio istituzionale che venisse messo in imbarazzo dalla malattia del figlio. E poi è sempre un grande stimolo lavorare con i giovani, per quanto mi riguarda il rapporto Vincenzo Alfieri è stato di grande scoperta, in lui vedo grandi doti.
Massimo Ghini: Mi piaceva l'idea di poter affrontare dei temi serissimi in chiave di commedia e vederli dal punto di vista dei genitori. Non è il classico film giovanile ed estivo insomma.
Serena Autieri: E poi era un copione molto divertente da leggere, mia figlia ha tre mesi e mezzo e ho avuto la possibilità di allenarmi con un ragazzo più grande. Inoltre mi faceva davvero piacere tornare a lavorare con Massimo Ghini dopo aver scorrazzato in Vespa (nel musical teatrale Vacanze Romane, ndr).

Luigi, c'è un film a cui ti sei ispirato? Luigi Cecinelli: Il primo che mi viene in mente è SuxBad - 3 menti sopra il pelo, un film che in Italia non ha avuto la giusta risonanza, anche a causa del titolo cambiato. Quella era in realtà la storia di un gruppo di ragazzi che vuole arrivare ad una 'meta' prima della fine della scuola, un filo che ritrovo anche nel mio film. I miei protagonisti non trovano la storia della loro vita, ma certo vivono un passaggio importante. L'amore è sempre lo spunto più forte per migliorarsi, accettarsi e andare oltre.