Benh Zeitlin presenta Re della terra selvaggia

Il nostro incontro con il regista dell'opera che ha vinto il Gran Premio della Giuria al Sundance 2012 e la Camera d'Or a Cannes, incantando il pubblico di mezzo mondo; 'Che paura le candidature agli Oscar, ma è una gioia essere inserito in un gruppo di registi di talento', ci ha detto oggi.

A volte i miracoli avvengono e non hanno nulla a che vedere con la manifestazione di una qualche divinità, ma con la grande creatività umana. Benh Zeitlin ha deciso di dirigere il suo primo film, Re della terra selvaggia (in originale Beasts of the Southern Wild, in uscita italiana il prossimo 7 febbraio grazie a Satine Film e Bolero Film in una trentina di copie) per rispondere ad un'esigenza ben precisa, quella di raccontare una favola; non poteva certo immaginare che il suo lavoro vincesse il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival del 2012, la Caméra d'Or a Cannes, come miglior esordio registico in tutte le sezioni, che arrivassero decine di altri premi internazionali e, tanto per avere un lieto fine definitivo, anche quattro nomination agli Oscar, per miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale (l'opera è tratta dal dramma teatrale della co-sceneggiatrice Lucy Alibar, Juicy and Delicious) e miglior attrice protagonista, la strepitosa Quvenzhané Wallis, dieci anni il prossimo 28 agosto e tutta la potenza e la meraviglia che una bimba possiede. La stessa che muove la vera star della pellicola, Hushpuppy, una bambina che vive con il papà in una comunità bayou della Louisiana chiamata Bathtub (vasca da bagno); quando le terre che circondano il suo habitat iniziano ad essere sommerse dalle acque e le creature preistoriche chiamate Aurochs si liberano, Hushpuppy, spinta dal padre Wink, gravemente malato, si imbarca in un viaggio alla ricerca della madre, fino ad allora presente solo nella fantasia della piccola e scopre quanto quell'avventura sia così importante per crescere. Difficile che possa competere con colossi come il Lincoln di Steven Spielberg o il Django Unchained di Quentin Tarantino, ma l'opera prima di Zeitlin, girata interamente in 16 millimetri e con attori non professionisti, dimostra che una storia emozionante possa trascinare un film e imporlo anche al grande pubblico.

Benh, ti aspettavi tutto questo successo? Benh Zeitlin: No, non mi aspettavo certo un simile risultato, in fondo nessuno di noi aveva mai girato un lungometraggio prima. Però poi le cose si sono susseguite velocemente. Abbiamo terminato il film solo due giorni prima dell'anteprima al Sundance e da quel momento è stata un'ascesa continua. Gli spettatori si sono moltiplicati, i distributori volevano parlarci, poi è arrivato anche il Festival di Cannes. Sono ancora stupito dall'accoglienza ricevuta, soprattutto perché anche i film indipendenti hanno bisogno almeno di un personaggio famoso che possa richiamare il pubblico e attirare l'attenzione internazionale, invece noi abbiamo lavorato al film in pieno Guerrilla Style.

E la notizia delle quattro candidature agli Oscar come l'hai presa?
Sono entrato nel panico! Voglio dire, cosa altro sarebbe successo? Per questo io credo sia giusto non farsi travolgere dalle aspettative. Se queste nominations permetteranno al film di essere visto da più persone possibile, tanto di guadagnato. Per quello che mi riguarda mi ritengo soddisfatto solo di essere stato inserito in un gruppo di talenti assoluti. Sono cresciuto guardando i film di molti di loro e adesso avrò la possibilità di parlarci, di incontrare attori straordinari. Spero solo che questo mi permetta di lavorare come cineasta indipendente come ho sempre fatto e che il mio esempio possa servire ad altri che non hanno il coraggio di fare un film.

Più volte hai rimarcato la totale diversità di questo tuo progetto rispetto ad altri prodotti mainstream. Anche con il casting è andata così?
Certamente, mi sono affidato alle persone che hanno lavorato alla campagna elettorale per le presidenziali del 2008 al fianco di Barack Obama. Erano abituati ad andare in giro per le scuole e per le case a distribuire volantini e lo hanno fatto anche per dire che sarebbero iniziate le riprese del nostro film.

E' stato difficile trovare Quvenzhané Wallis?
Ci abbiamo messo nove mesi e quando è arrivata ci siamo trovati davanti ad una specie di scena biblica, il cielo si è aperto e un raggio di sole l'ha colpita. Il miracolo si era compiuto.

E' la più giovane candidata agli Oscar di sempre e non è certo impresa da poco, che artista è?
E' un'attrice straordinaria, sono sicuro che in futuro sarà una di quelle interpreti in grado di fare i ruoli più complicati e diversi. E' un genio, esattamente come Beethoven lo era nel suonare il piano.

Come hai lavorato con lei?
Beh, all'inizio ho pensato che avrei dovuto barare un po' per ottenere quello che volevo, ma ho subito compreso che non avrei potuto agire in questa maniera con lei, perché lavorava come un'attrice. Allora mi sono messo al suo livello, aggiustando un po' il linguaggio. Quando le parlavo di motivazioni lei mi rispondeva, 'Motivazioni? Non la capisco questa parola' e mi correggeva. Una volta le ho spiegato che in una determinata scena Hushpuppy era molto arrabbiata e lei mi ha chiesto, 'Che tipo di arrabbiatura, gialla, rossa o viola?' Avrei voluto il tono viola, ma ha detto che sarebbe stato meglio fare il rosso. Siamo molto amici, c'è un rapporto molto profondo tra di noi.

In virtù di questo rapporto d'amicizia che si è instautrato tra di voi, non hai paura che possa in qualche modo essere rovinata dal mondo dello Showbiz?
Non è un pericolo che può correre, questo. La famiglia di Quvenzhané è straordinaria e fanno sì che la bambina viva la vita di sempre. Non è nata e cresciuta a Los Angeles, dove senti parlare di Oscar da quando sei in fasce. Lei credeva che Oscar fosse una persona. Certo, quello che sta vivendo in questo momento è del tutto nuovo, ma è totalmente protetta dai suoi. Non crediate che Quvenzhané sia come Hushpuppy, lì recitava una parte e anche benissimo. No, non sarà risucchiata dallo star system hollywoodiano, è la ragazzina di sempre.

Era tua intenzione sottolineare nel film questa sorta di scontro di civiltà fra la comunità di Hushpuppy, la vasca da bagno, e il mondo civile, al di là della diga?
Non esattamente. Certo, le differenze tra questi due universi sono tantissime, ma ciò che volevo era esaltare la comunità come luogo di libertà. Vivere in quelle condizioni estreme, con calamità naturali che possono colpirti in qualunque momento, e la gente della Louisiana è abituata a perdere tutto, a subire danni ai propri possedimenti, ti spinge a liberarti dalla dipendenza dagli oggetti, diventi indomito e coraggioso e trovi nella Natura qualcosa a cui attingere. Purtroppo in quelle zone le catastrofi sono all'ordine del giorno e chi resta sviluppa resistenza e spirito di adattamento. Non sono le cose ad essere importanti, ma la famiglia e le tradizioni. Basta mettere piede in luoghi del genere e subito si avverte un'atmosfera diversa da tutto il resto, qualcosa che non saprei spiegare in maniera precisa. E in effetti il film non aveva alcun intento scientifico, ma solo cogliere lo spirito di quella comunità. Ho esagerato alcuni aspetti solo per comodità drammaturgica, ma lo spirito è vero. Ad alcuni di loro ho chiesto perché mai non facessero i bagagli per trasferirsi altrove e mettersi al sicuro. Mi hanno detto di sentirsi esseri della palude, esattamente come quelle piante che, portate da un'altra parte, smettono di dare frutti rigogliosi.

Quindi c'è qualcosa di irrazionale nel rapporto tra queste persone e la Natura...
E' una doppia relazione, sanno che la Natura ti dà da vivere, ad esempio i pesci che servono al tuo sostentamento, ma al contempo può anche distruggerti. Forse, più che il percorso di crescita di Hushpuppy il film mostra come si possa entrare in empatia con la Natura.

A proposito di questo aspetto, gli Aurochs, questi animali preistorici tornati in vita dopo il disgelo, sono molto realistici, come sei riuscito a raggiungere questo risultato?
Non usando la computer grafica. Mi sarebbe sembrato completamente fuori luogo ideare delle creature ipertecnologiche che non c'entravano nulla con la comunità della vasca da bagno. Allora abbiamo preso dei maialini vietnamiti, li abbiamo addestrati e li abbiamo vestiti con dei costumi che si ispiravano ad una nutria tipica delle paludi della Louisiana. Nella scena finale, quando finalmente si confrontano con Hushpuppy li abbiamo ingranditi grazie allo schermo verde, tutto qui. Era necessario che questi animali fossero il più vicini possibile alla fantasia di una bambina che non ha riferimenti televisivi di alcun tipo, ma vivendo con un grande maiale nel giardino, magari immagina le bestie in quella maniera.

Come hai lavorato invece all'adattamento della pièce teatrale di Lucy Alibar?
Abbiamo lavorato per renderla meno surreale, come se dovessimo trasportare al giorno d'oggi il mito di Orfeo o Noè.

E adesso Benh, cosa ti aspetta nel futuro?
Solo un anno fa c'è stato il Sundance e da allora non ho mai smesso di viaggiare, per questo non ho avuto molto tempo a disposizione per mettermi al lavoro. Qualcosa c'è, ma non sento di doverne parlare. Spero solo di continuare a lavorare con il mio gruppo di lavoro, che sono gli amici di infanzia e andare avanti a girare i nostri film fatti in casa. Spero di poterci riuscire.