Michael Shannon in versione killer dalla doppia vita: arriva The Iceman

Nel racconto della vita di Kuklinski il regista non è mai banale, fulminando lo spettatore con lampi improvvisi di furore disseminati lungo il cammino, tanto meno lo è Shannon, chiamato ancora una volta ad interpretare un uomo violento, lacerato dalla precaria condizione psicologica.

Nato nel 1935 in New Jersey da un immigrato polacco e da una donna irlandese, Richard Leonard Kuklinski ha vissuto un'infanzia difficile con in casa un padre alcolizzato che spesso sfogava su moglie e sui quattro figli la sua violenza. Un fratello in carcere condannato per l'omicidio di una bimba di 12 anni ed il resto della famiglia lontano, Richard iniziò prestissimo la sua attività di criminale per poi diventare uno dei killer più temuti ed efferati della storia americana.

Poi il matrimonio con una ragazza italo-americana e tre figli che non seppero mai nulla delle sue attività criminali ma vissero a lungo nell'ombra del padre di famiglia senza mai indagare sulla sua 'professione', ufficialmente quella di immobiliarista dell'alta finanza. L'arresto nel dicembre del 1986 a New York e l'ingresso nella prigione del New Jersey, la stessa in cui era rinchiuso il fratello, misero fine alla sua attività criminale ma non alle congetture e alle false voci sulla sua doppia vita di padre amorevole e assassino omicida.

Shannon & Kuklinski

The Iceman prende le distanze dalla biografia di Kuklinski e dalla realtà degli avvenimenti: cambiano i nomi, la composizione della famiglia (nel film ha due figlie e non tre figli), gli eventi vengono notevolmente romanzati, ma quel che è importante dire è che nel film viene raccontato l'uomo e la sua psicologia, un uomo che non era solo un killer ma anche un padre e un marito affettuoso. Il film è costruito interamente sul personaggio interpretato da Michael Shannon e sull'attore stesso che trasfigura sul suo volto in maniera incredibilmente efficace la violenza di un killer spietato, congelata in uno sguardo che riesce a bucare lo schermo. L'incedere claudicante, la presenza fisica imponente, l'espressione contrita e sofferente di un uomo combattuto tra le sue due personalità, fanno del Kuklinski interpretato da Shannon un personaggio quasi mistico, capace di reggere sulle sue spalle il 'peso' di un dualismo quasi macabro, difficile da restituire.

Un killer di ghiaccio

Il film di Ariel Vromen è un ottimo thiller drammatico a metà strada tra la biopic e il gangster movie che ha il pregio di offrire una storia di violenza narrata dal punto di vista del protagonista principale, dell'antieroe, del mostro, di un uomo che ha fatto molto parlare di sé tra gli anni '60 e '70 e che dopo il suo arresto è diventato tristemente celebre. Si respira angoscia e malessere in The Iceman, dalla prima all'ultima inquadratura e lo spettatore si rende presto conto di essere seduto di fronte ad un uomo che non sopporta il peso del suo passeggero oscuro e che non riesce a scrollarsi di dosso il seme della violenza che si è radicato nel suo cuore. Vromen si insinua in un periodo preciso della vita di Kuklinski, quello in cui si innamora e si sposa diventando al contempo un killer su commissione tra i più richiesti dell'ambiente malavitoso italo americano. Durante la narrazione (nonostante l'argomento sia stra-abusato in questo genere di film) il regista non è mai banale e riesce a fulminare lo spettatore con lampi improvvisi di furore disseminati lungo il racconto, tanto meno è banale Michael Shannon, chiamato ancora una volta ad interpretare un uomo violento, lacerato dalla precaria condizione psicologica. La sua performance è elettrizzante, il suo sguardo insostenibile, la sua bravura agghiacciante nell'entrare nelle corde di un personaggio fuori dalle righe ma reso sullo schermo con estremo realismo.

Ottimo il cast, ma...

La sceneggiatura si concentra non tanto sui crimini o sugli intrighi malavitosi in cui Kuklinski fu coinvolto quanto più sulla sua personalità, sulle sue regole e sui suoi momenti di follia, sull'impossibilità di controllare la rabbia, sulla sua apparente imperturbabilità, sulla vulnerabilità di un uomo dalla psicologia complessa che difficilmente accenna ad un sorriso. Come possa un premuroso padre di famiglia arrivare ad uccidere decine di persone e a farle a pezzi da custodire in un freezer e poi tornare tranquillamente a casa resta un mistero. Non un film memorabile ma sarà difficile per lo spettatore scrollarsi di dosso gli sguardi di ghiaccio e le smorfie di patimento che si materializzano sul volto del protagonista. Bisognava forse osare un po' di più, cercare di trovare un giusto equilibrio tra verità e fiction, spingersi oltre gli schemi senza troppo timore di sbagliare, ma l'interpretazione del cast riesce a nascondere in parte le ingenuità di un regista che avrà sicuramente tempo e modo di mettere a frutto in maniera più completa il suo innegabile talento.

Movieplayer.it

3.0/5