Sulla stessa onda, la recensione: Fino all’ultimo respiro

La recensione di Sulla stessa onda, il film che segna il debutto alla regia di Massimiliano Camaiti: una giovane storia d'amore che ricalca lo schema del genere young adult, disponibile su Netflix dal 25 marzo.

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Sulla stessa onda: una scena

Una storia d'amore giovanile, il dolore della malattia e lo sport come occasione per vivere "fino all'ultimo respiro", un teen drama che vira verso il melò per raccontare in punta di penna la solitudine di due destini accomunati da molto più di quanto non possano immaginare. Sullo sfondo una Sicilia acquatica, anfibia, decadente. È necessario partire da questi elementi, indispensabili per decifrare il tono della narrazione, prima di addentrarsi nella recensione di Sulla stessa onda, film (in onda su Netflix dal 25 marzo) con cui Massimiliano Camaiti debutta alla regia di un lungometraggio dopo una gavetta sui set di diversi registi italiani come Carlo Verdone e Silvio Soldini e la realizzazione di alcuni cortometraggi, L'amore non esiste e L'ape e il vento, entrambi seguiti da un fortunato giro nei principi festival di settore.
Qui Camaiti dà spazio ad una suggestione che arriva dal proprio vissuto e imbastisce un racconto che, se da un lato rivela i limiti di un'opera prima a tratti frammentaria e non sempre capace di sospendere l'incredulità dello spettatore, dall'altro rivela un'idea di regia ben precisa, pensata all'insegna della delicatezza e di un linguaggio che guarda al realismo poetico.

Dal teen drama al melò

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Sulla stessa onda: una foto

Gli ultimi tepori estivi, i falò adolescenziali sulle spiagge che profumano di birra e schermaglie amorose, il mare dell'isola di Favignana in Sicilia e un corso di vela. Sulla stessa onda parte da qui, dall'incontro in una notte di mezz'estate di Lorenzo (Christian Roberto) e Sara (Elvira Camarrone): lui giovane istruttore di vela, lei alunna modello, caparbia e risoluta. Non potrebbero essere più lontani Sara e Lorenzo, eppure ad unirli c'è la passione comune per la vela; basterà scambiarsi un paio di sguardi complici e lasciarsi andare timidamente sulle note di un lento in uno scalcinato bar di paese, per innamorarsi con il candore e l'improvvido abbandonarsi di due adolescenti. Per entrambi è colpo di fulmine, ma la meraviglia e l'incanto del primo amore una volta tornati a casa, a Palermo, sono destinati a infrangersi contro il segreto di Sara: la malattia diagnosticata ormai da alcuni anni, la distrofia muscolare, che adesso ripiomba prepotente nella sua vita prima con un malore durante l'allenamento al campo di vela, poi con un crampo improvviso a casa.

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Sulla stessa onda: una sequenza

È il motivo per cui ogni tentativo di Lorenzo di ricontattarla, cadrà nel vuoto; almeno fino a quando le paure della ragazza non si assopiranno davanti ad un'unica consapevolezza: provare a vivere pienamente gli ultimi attimi di vita che la separano da un inevitabile aggravamento della propria condizione. Da quel momento ogni istante sarà quello giusto per "pensare a cos'altro potrebbero fare ancora insieme": partire, e poi svegliarsi tutte le mattine l'uno accanto all'altro, amare e lasciarsi amare, e poi magari partecipare all'ultima regata. Un viaggio tra incoscienza e coraggio, che Sara e Lorenzo saranno costretti ad affrontare per poter rendere eterno ogni attimo della loro storia.
Liquidando quasi frettolosamente quella parte di film, che all'apparenza lo ascriverebbe nel genere del teen drama, filone poco esplorato se non da recenti esperimenti (Sul più bello) dal nostro cinema, il film di Massimiliano Camaiti diventa presto racconto melodrammatico, che si sofferma più sul potere salvifico dell'"ultimo istante", sulla cura e sull'idea di riscatto nello sport, che non sulla malattia e sul dolore.

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Una favola acquatica e i suoi giovanissimi attori

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Sulla stessa onda: una scena del film

A dominare è un generale senso di rarefazione: poche parole, spesso sussurrate o accompagnate da gesti altrettanto discreti e essenziali, che ne fanno un'opera in grado di rifuggire attraverso la tenerezza la retorica del dolore.
Quello che manca però a volte è il coinvolgimento sul piano emotivo e una credibilità più profonda, in parte imputabili alla giovanissima età dei due attori protagonisti, alla loro naturale inesperienza e scarsa dimestichezza con il mezzo cinematografico. Anche se quando l'alchimia funziona lo spettatore non esiterà a sentire con loro il vento, a virare per prendere velocità, cadere e rialzarsi.

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Sulla stessa onda: un'immagine

I comprimari al contrario, Donatella Finocchiaro e Corrado Invernizzi nei panni dei genitori separati di Sara, e Vincenzo Amato, in quelli del padre di Lorenzo, restituiscono interpretazioni profondamente solide e realistiche, occupando uno spazio che è quello delle dinamiche familiari spesso ignorate o marginalizzate dal genere. Il resto sono pennellate dettate dal fascino delle atmosfere e da una definizione degli ambienti affidata alla luce che rimbalza sulle superfici, taglia e riflette. Una favola acquatica tra il mare, le vele che squarciano il vento, le onde che spumeggiano al largo sotto giovani mani.

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Conclusioni

Se volessimo fare un bilancio al termine di questa recensione di Sulla stessa onda, non potremmo che ribadire il valore di un’opera prima che, seppur con i propri limiti, rivela un’idea di regia ben precisa sviluppata all’insegna della delicatezza e di un linguaggio che guarda al realismo poetico. Un film dai toni rarefatti che parte dal genere del teeen drama per diventare nel corso della narrazione racconto melodrammatico e coinvolgere aspetti che esulano dalla tradizionale storia di amore e malattia. Peccato che non sempre ci sia il coinvolgimento emotivo che ci si aspetterebbe e che manchi spesso quella sospensione dell’incredulità necessaria a immedesimarsi nelle paure e nella coraggiosa incoscienza dei giovani protagonisti.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.7/5

Perché ci piace

  • L’idea di esplorare un genere, quello young adult, poco praticato dal cinema di casa nostra.
  • Una scrittura in punta di penna e un senso generale di rarefazione: poche parole e gesti altrettanto discreti e essenziali, che ne fanno un’opera lontana dalla retorica del dolore.
  • Le atmosfere e il paesaggio sullo sfondo: una Sicilia acquatica, anfibia, decadente.

Cosa non va

  • L’opera si rivela spesso frammentaria e non è sempre capace di sospendere l’incredulità dello spettatore.
  • Manca a volte il coinvolgimento sul piano emotivo e la necessaria e conseguente immedesimazione nei personaggi, in parte imputabili alla giovanissima età dei due attori protagonisti.