Recensione Manuscripts Don't Burn (2013)

Una volta portati a conoscenza delle condizioni di vita e lavoro degli intellettuali e dei creativi sottoposti alla censura del regime in Iran, non possiamo più chiudere gli occhi.

Il testimone attonito

E' un atto di enorme coraggio, la realizzazione di un film come questo. Un atto cui è doveroso dare la massima risonanza, perché, anche se non è nelle nostre possibilità fare sì che le cose cambino, è vergognoso e colpevole rimanere all'oscuro di quanto accade in una delle culle della civiltà e della cultura di questo pianeta in disfacimento.
Mohammad Rasoulof realizza - in clandestinità - con Manuscripts Don't Burn (il titolo proviene da Bulgakov) un film che firma da solo, per non esporre i suoi collaboratori al rischio delle carcere o della morte. Le condizioni proibitive in cui la pellicola è stata girata sono evidenti, ma questo contribuisce soltanto ad amplificarne l'importanza.

Tornando ad affrontare il problema della censura in Iran, Mohammad Rasoulof, già nella selezione di Un certain regard a Cannes nel 2011 con l'angosciante Bé Omid é Didar, dedicato ai vani sforzi di una giovane avvocatessa di Teheran per lasciare il paese, si ispira a fatti realmente accaduti. Così veniamo introdotti gradualmente alla vicenda di un gruppo di scrittori scampati a un massacro ordinato dal regime, a cui viene impedito di scriverne.

Rasoulof gestisce in maniera molto intelligente le esigue risorse, e dona alla sua storia una struttura corale ed enigmatica, che non ci giunge solo attraverso i martiri della libertà d'espressione, ma anche attraverso i loro carnefici. Uno dei personaggi centrali della pellicola, infatti, è un sicario dei servizi segreti, un uomo che ha bisogno di soldi per curare il figlioletto e agisce convinto di fare il volere di Dio, ma non può non dubitare quando la moglie gli confessa di credere che il loro bambino stia scontando le sue colpe.

Rasoulof non fa sconti allo spettatore, il suo racconto è dettagliato e non cerca l'effetto stilistico, se non nella struttura articolata e interessante: il resto è nuda e agghiacciante cronaca. Non è una visione semplice, Manuscripts Don't Burn, ma è una visione necessaria. Una volta portati a conoscenza delle condizioni di vita e lavoro degli intellettuali e dei creativi sottoposti alla censura del regime in Iran, non possiamo più chiudere gli occhi.

Movieplayer.it

4.0/5