Non ho mai... 3, la recensione: la vera sfida di Devi è piacere a se stessa

La recensione di Non ho mai...3: tornano le avventure dell'impacciata nerd Devi Vishwakumar narrate da John McEnroe per una terza stagione che si concentra sulle relazioni sentimentali e la difficoltà di confrontarsi con se stessi.

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Non ho mai... - un'immagine della terza stagione

C'è chi dice che la prima regola per una relazione sana, equilibrata, con un altra persona sia accettare se stessi e perché no, piacersi nonostante tutto. È questa una delle più grandi lezioni che ripasseremo o apprenderemo con la recensione di Non ho mai...3, terzo capitolo delle avventure, esilaranti e impacciate, della giovane Devi Vishwakumar (Maitreyi Ramakrishnan), su Netflix dal 12 agosto. Le vicende della sedicenne di origine indiana, quasi sempre orgogliosamente nerd, tornano ad essere narrate dal piglio ironico e satirico del tennista John McEnroe, questa volta per un penultimo anno di liceo che vede lei e le sue amiche alle prese con le relazioni sentimentali, l'analisi del cosa definisce un rapporto d'amore e soprattutto cosa ci cerca in un partner. Nell'ultima puntata della seconda stagione, lasciavamo Devi negli abiti quasi principeschi del prom tra le braccia della prima cotta di sempre, il bel Paxton-Hall Yoshida (Darren Barnet), finalmente pronto per una relazione alla luce del sole.

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Non ho mai... - una scena della terza stagione

La terza stagione riparte da qui, da questo primo traguardo raggiunto. Non ho mai... 3 si propone di svelare cosa viene dopo che la persona che sogniamo da sempre ricambia, pubblicamente, il nostro amore. Dopotutto, di teen movie che arrivano fino a quel punto ne potremmo elencare a milioni. Cosa avviene dunque dopo le dichiarazioni d'amore e di intenti? Per Devi e Paxton, c'è l'entrata trionfale a scuola, sotto lo sguardo e soprattutto il giudizio, per Devi, degli altri. È sul timore di cosa pensano coloro che ci stanno intorno che si concentra il percorso che la terza stagione di Non ho mai... ci fa fare attraverso Devi, ricordandoci anche, di tanto in tanto, che il lutto che l'ha attraversata per la morte del padre, non è stato, come è normale che sia, ancora del tutto elaborato. Grazie poi alla coralità, qui meno accesa, ma ben impostata nella seconda stagione, la serie riesce anche ad esplorare la vasta gamma di cui si compongono le relazioni sentimentali e il peso delle aspettative degli altri su come ci si costruisce il futuro. Non ho mai...3 fa ancora centro con il suo mix di sana leggerezza, ironia funzionale e serietà quando necessaria e fa ben sperare in una quarta stagione a cui strizza l'occhio nelle decisioni sensazionali dell'ultimo minuto di Devi.

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Le ondate di dolore

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Non ho mai... - un momento della terza stagione

Rievochiamo la prima stagione di Non ho mai... per ricordare che avevamo conosciuto Devi proprio nel suo momento peggiore, quello subito dopo il trauma per la scomparsa del padre, morto per un attacco di cuore davanti ai suoi occhi, durante un concerto a scuola. La serie ideata da Mindy Kaling ha sempre trattato con giusto tatto e rispetto questo percorso di elaborazione del lutto con punte di commozione e condivisione molto emozionanti tra la prima e la seconda stagione. È con questa verosimile delicatezza che Non Ho Mai... 3 sottolinea una consapevolezza acquisita da tutti coloro che hanno subito un lutto: non ci si riprende mai del tutto dalla perdita di una persona cara, si può solo imparare a conviverci. "Il dolore arriva ad ondate" viene detto a Devi quando un'onda finisce per travolgere la miriade di quei piccoli grandi problemi dell'adolescenza da cui si sente sopraffatta. Ed è proprio così che succede, soprattutto negli anni di liceo. Tutto è vissuto così intensamente che risulta difficile distinguere i problemi "seri" da quelli passeggeri, contestuali, temporanei.

Coralità che aiuta

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Non ho mai... - una scena della stagione 3

La stagione 2 di Non ho mai... era stata l'apoteosi della coralità e dell'utilità del raccontare altre storie oltre quella principale. Mai decentrando Devi, era riuscita a sviluppare sia gli archi narrativi degli adolescenti Paxton, Ben, Eleanor e Fabiola che quelli di Nalini e Kamala, mamma e cugina di Devi. Non ho mai... 3 è come nella stagione 1, più concentrata su Devi ma fa affidamento su quanto di questi personaggi abbiamo appreso in precedenza e non perde colpi sulle storie collaterali, aprendo e chiudendo parentesi con sbrigativa ma efficace completezza. A completare il quadro, quando Non ho Mai... 3 decide di abbandonare il centro Devi per un episodio, lo fa per lasciare la parola a Ben (Jaren Lewison) ed al suo narratore Andy Samberg, per un'incursione dentro le trappole emotive causate dal pretendere troppo da se stessi per soddisfare le aspettative. La staffetta vocale tra Samberg e McEnroe riafferma la brillantezza dell'idea di utilizzare narratori famosi per dar voce alle contraddizioni dei protagonisti. Fa quasi venir voglia di immaginare chi potrebbe essere il personaggio pubblico giusto per mettere a nudo i nostri, di tormenti.

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Essere troppo

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Non ho mai... - una foto di scena della terza stagione

Già in passato avevamo definito il formato di 30' a episodio come perfetto per Non ho mai... in quanto a ritmo e solidità di sceneggiatura e ribadiamo l'affermazione. In più, i titoli dei capitoli, ad elencare le esperienze che Devi non ha mai fatto e che si accinge ad esplorare, rende la lettura della serie molto accessibile. Devi ed i suoi amici hanno come obiettivo cardine l'amore e tutto ciò che gli gira intorno, con tutte le domande di rito. Perdere o non perdere la verginità prima del college? Prediligere affinità e connessioni fisiche o mentali? Con l'ausilio della tanto agognata e finalmente raggiunta storia d'amore tra Paxton e Devi, Mindy Kaling mette a segno un bel punto in area autostima e tenta di dimostrare la veridicità dell'assunto di inizio recensione. "Nessun altro pensa che noi due abbiamo senso" dice Devi a Paxton, come recita il trailer di questa terza stagione. "No, tu pensi che non abbiamo senso" risponde sicuro il ragazzo. È Devi a pensare di non essere abbastanza per Paxton, infatti. La vera sfida per la giovane Vishwakumar è riuscire a piacere a se stessa. Il percorso di raggiungimento di questa consapevolezza, Kaling lo arreda di un incontro, quello con un ragazzo indiano, che avrà il doppio compito di far sfatare a Devi qualche pregiudizio di troppo rispetto a chi condivide le sue stesse origini e allo stesso tempo farle capire come l'essere a proprio agio con sé possa cambiare le carte in tavola rispetto a come vediamo il mondo e questo ci guarda. Non si accontenta infine di questa riflessione l'autrice e pone, nelle parole preoccupate e lacrimanti di Devi, un quesito che molti di noi si sono posti almeno una volta e non necessariamente in adolescenza: "cosa succede se nessuno mi amerà mai, perché sono sempre fuori luogo?" Va detto che la traduzione italiana non rende giustizia al vero disagio di Devi che in inglese invece ha paura di "essere troppo". La risposta che Non ho mai... dà a questa domanda la lasciamo alla serie, senza fare spoiler, anticipando che è ciò che speriamo tutti.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione della terza stagione di Non ho mai… rinfrescando l’entusiasmo già generato con le prime due stagioni. La serie ideata da Mindy Kaling è esilarante, comica, commovente e seria al punto giusto. La sua protagonista, Maitreyi Ramakrishnan, sta crescendo insieme al suo personaggio e perfezionando sempre più l’abilità di restituire le contraddizioni ed i tormenti dell’adolescenza in tutto il loro splendore. Non ho mai…3 tratta con perfetto tono dramedy la difficoltà dei primi rapporti d’amore ma sopratutto la sfida più grande, quella che ognuno combatte con se stesso, prima di riuscire ad accettarsi.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.6/5

Perché ci piace

  • Devi dà voce e riscatto agli adolescenti disadattati di ieri ed oggi.
  • La voce narrante di John McEnroe è sempre una gioia per le orecchie e per la storia.
  • Seppur meno corale, apre e chiude gli archi narrativi degli altri personaggi con completezza.
  • Tratta con rispetto e i tempi giusti, temi difficili come il lutto.

Cosa non va

  • Il suo formato da 10 episodi e snelli 30’ impone la sintesi che non sempre giova.
  • Persegue spesso la soluzione giusta moralmente che non sempre è la più coerente narrativamente.