Napoleon: l'Imperatore che voleva essere un Dio

È al cinema Napoleon, il film di Ridley Scott con Joaquin Phoenix nei panni del controverso condottiero e rivoluzionario francese. Una decostruzione dell'eroe che parte dai suoi miti, l'Antica Roma e l'Antico Egitto.

Napoleon: l'Imperatore che voleva essere un Dio

L'operazione che Ridley Scott ha messo in piedi con il suo Napoleon, ultima attesa fatica cinematografica dal 21 novembre al cinema con Sony Pictures, sta già facendo molto discutere per svariati motivi (qui la nostra recensione). Prima fra tutti la veridicità storica della pellicola, secondariamente il suo tono fortemente altalenante e mai centrato, e per concludere il suo essere profondamente di parte anglofona nei confronti della Francia raccontata. Allontanandoci un attimo dal contesto storico e politico, ovviamente importante nella filmografia di un regista, e facendo un passo indietro, bisogna però provare ad indagare la scelta stilistica di approccio al genere del regista, antitetica rispetto a quanto si fa solitamente, e i simbolismi che usa per raccontare la vita (e la morte) di Napoleone Bonaparte.

Un anti-biopic

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Napoleon: Joaquin Phoenix in una scena del film

Ridley Scott va sostanzialmente contro le regole del film biografico. O meglio, è normale raccontare tanto l'ascesa quanto la caduta di una figura storicamente importante e significativa come quella del suo Napoleon. È altrettanto frequente mostrare che persone umanamente deprecabili fossero i cosiddetti "geni" che hanno cambiato l'esistenza dell'umanità. Qui però ciò che mette in atto il regista de Il Gladiatore è una vera e propria ritorsione dell'epica, una persona divenuta presto personaggio che peccò di hybris. Proprio come nell'antica mitologia, egli fu punito per la sua arroganza e superbia da una forza superiore - nonostante lui era convinto di essere al pari degli dèi. Ciò lo rese un comandante più interessato a dimostrare il proprio potere, che una volta ottenuto diviene facilmente abuso di potere, tanto coi sottoposti quanto con la moglie Giuseppina (Vanessa Kirby), di cui viene mostrata la relazione travagliata fatta di molti bassi e pochi alti.

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Decostruzione dell'eroe

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Napoleon: lo sguardo bieco del condottiero di Joaquin Phoenix

Napoleon è una sorta di anti-biopic per come, seppur di parte, vuole mostrarci l'altro lato della medaglia storica della figura solitamente celebrata di Bonaparte: sceglie di puntare su vari atteggiamenti caratteriali che lo rendono sostanzialmente un uomo piccolo d'animo più che di statura, predisponendo una decostruzione dell'eroe pezzo dopo pezzo per raccontare le gesta (in fondo poco) incredibili di un condottiero e stratega (poco) lungimirante che creò da solo il proprio destino, tanto quello da vincente quanto quello da sconfitto che lo portò ad essere infine esiliato a Sant'Elena.
Nei primi anni di conquista Napoleone sembra seguire l'opera di Cesare e del suo Impero Romano e al contempo quella dei Faraoni Egizi e c'è una scena in particolare, nel lungometraggio di Scott, in cui sembra ascoltare delle parole che gli sussurra la mummia di uno di loro, appena uscita dal sarcofago estratto dagli scavi nella sabbia. La stessa tanto discussa sequenza dell'attacco alle piramidi, simbolo di quell'antico potere capace di resistere anche dopo millenni, ne è una dimostrazione.

Tra Imperatori e Faraoni

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Napoleon: Joaquin Phoenix durante l'iconica incoronazione dell'Imperatore

Il simbolismo che Ridley Scott sceglie di utilizzare per il proprio biopic viene quindi tutto dalle più antiche civiltà che sono diventate fulcro di grandi uomini (e donne), di grandi gesta che hanno cambiato la Storia con la "s" maiuscola, l'Antico Egitto e l'Antica Roma, dove faraoni ed imperatori ottennero successo, fama e prestigio, ricchezze e averi da portare con sé nell'Aldilà attraverso delle vere e proprie dittature. L'incoronazione di Napoleone, avvenuta il 2 dicembre 1804 nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi, fu gestita come un evento che voleva unificare il popolo e soprattutto legittimare questo tipo di sovranità assoluta del condottiero sulla Francia, e donarle una sorta di carattere sacro e di consacrazione del ruolo e del potere conferitigli, attraverso l'unzione dall'arcivescovo di Reims. Da notare che leggenda vuole - e il film la riprende - che l'uomo si sia incoronato da solo ad un certo punto senza aspettare il gesto del vescovo. Peccando di hybris, appunto. La stessa cerimonia era un misto di religioni, usi e costumi, riti di origini differenti, carolingi e rivoluzionari. Lui voleva ottenere prestigio presso i circoli più importanti d'Europa e dare inizio ad un vera e propria dinastia nobiliare tutta nuova; questo è un altro dei temi affrontato nel film, ovvero la sua difficoltà a generare un erede che fosse legittimo con Giuseppina. Ma alla fine, come insegna il mito, chi viaggia troppo vicino al sole, finisce per bruciarsi. E Napoleon non fa eccezione, questo è ciò che emerge dal film di Ridley Scott.