Le migliori serie su Sky di sempre

Vi proponiamo la nostra classifica delle migliori serie andate in onda su Sky negli ultimi anni, tra Sky Original e le grandi produzioni internazionali portate in Italia.

I segreti di Twin Peaks: Laura Dern e Kyle McLachlan in una scena
I segreti di Twin Peaks: Laura Dern e Kyle McLachlan in una scena

Siamo nella Golden Age delle serie TV. Lo siamo da qualche anno, è innegabile: il nostro modo di fruire immagini è cambiato, sono cambiati gli scenari, le produzioni. È cambiato il nostro occhio e a disposizione abbiamo una ricchezza e una varietà di immagini come mai prima d'ora. Ma c'è una TV che, in Italia, questa età dell'oro ha iniziato a vederla molto prima, a farla crescere e a incoraggiarla. Da anni c'è una casa delle serie TV qui da noi, ed è Sky. Grazie alla lungimiranza degli accordi con nomi storici della produzione seriale, come HBO e Showtime, e grazie al coraggio di produrre i suoi Sky Original, con case di produzione italiane altrettanto coraggiose come Cattleya, Wildside e Groenlandia, in questi anni ha lanciato sui suoi schermi una varietà di proposte per tutti i gusti. E nel frattempo ha modificato più volte la sua offerta. Da classica pay tv dove si guardavano i programmi in diretta, oggi offre i suoi film e le sue serie anche su Sky On Demand e NOW TV, in linea con il pubblico di oggi che ama crearsi il proprio palinsesto. Sky ha fatto la storia della serialità. E allora ecco la nostra classifica delle migliori serie su Sky di sempre.

20. The Undoing

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The Undoing: Nicole Kidman e Matilda De Angelis si baciano in una scena

Appena arrivata su Sky, The Undoing - Le verità non dette, è già un piccolo cult. Dietro alla macchina da presa c'è Susanne Bier, e lo script è di David E. Kelley, sceneggiatore di Ally McBeal e Big Little Lies. Come quella serie, anche The Undoing - Le verità non dette è un family drama con delitto, dove le dinamiche familiari si mescolano con il noir, dove uno serve a svelare l'altro, e viceversa. Entrambe ci raccontano molto dell'America di oggi, dove le classi sociali esistono ancora, e dove il mondo dell'alta società e quello delle persone normali non possono mai mescolarsi. Il primo è arroccato nella difesa a tutti i costi dei suoi privilegi, il secondo bloccato dal suo perenne senso di inferiorità e inadeguatezza. Nel racconto del delitto di una giovane donna che sconvolge una famiglia e una comunità dell'upper class, Nicole Kidman è la grande protagonista: attraversa The Undoing con il volto enigmatico della Gioconda, con quei capelli ricci, ramati e dorati, che la fanno sembrare una bellezza preraffaellita. Ma è anche la serie con cui la nostra Matilda De Angelis, pur da non protagonista, entra nel firmamento di Hollywood. Nella prima mezz'ora di The Undoing la sua bellezza riesce quasi a mettere in secondo piano quella di Nicole Kidman, così come il corpo della sua Elena riesce a mettere a disagio il suo personaggio con la sua sensualità sfrontata, giovane, acerba ma irresistibile.

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The Undoing: un'immagine della serie

19. The Deuce

The Deuce: una scena della serie
The Deuce: una scena della serie

The Deuce è "a walk on the wild side", una passeggiata nel lato selvaggio di New York, come cantava Lou Reed. The Deuce, la serie HBO creata da David Simon e George Pelecanos, ci porta indietro nel tempo, in una New York che non c'è più, la New York di Taxi Driver. Sordida, sporca e malfamata, eppure con un'atmosfera irresistibile. È qui, in un mondo di protettori e prostitute, di baristi e studentesse annoiate, che nasce il cinema porno. L'intuizione è quella di vendere il sesso non con il corpo, ma con le immagini. E così il porno diventa una via di riscatto per la prostituta dolce e determinata di Maggie Gyllenhaal, che diventa prima attrice e poi regista. The Deuce ci regala anche un doppio James Franco, nei panni di due gemelli, un barista in carriera e uno scommettitore incallito, e la dolcezza e il sex appeal di Margarita Levieva, studentessa per cui la vita che pulsa nei bar della "Deuce" (la 42esima strada) è più affascinante dell'università. Da vedere, in parallelo con Boogie Nights di Paul Thomas Anderson.

18. Raised By Wolves

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Raised by Wolves: una foto di scena

Ridley Scott è uno che di fantascienza se ne intende. Per capirlo bastano Alien e Blade Runner, pietre miliari del genere (per non parlare di Prometheus e The Martian). È lui a firmare, da produttore, Raised by Wolves, e il suo nome è una garanzia. Raised by Wolves, la serie originale HBO Max portata in Italia da Sky, è scritta da Aaron Guzikowski, lo sceneggiatore di Prisoners di Denis Villeneuve. Quello di Raised By Wolves è, ancora una volta, un mondo popolato da androidi ed esseri umani. Lo spunto è quello di una nave spaziale che arriva su un pianeta lontano dalla Terra, apparentemente disabitato: dentro ci sono due androidi e il loro scopo è capire se è un pianeta su cui ripopolare la razza umana perché, sulla Terra, si sta estinguendo. Ma i due androidi scopriranno di non essere da soli. La grande idea della serie è quella di unire ai personaggi più adulti dei personaggi più giovani, che donano imprevedibilità alla serie, e ne fanno un inedito mix tra la fantascienza adulta che conosciamo e un film young adult. Guardatela, e ci troverete dentro tanto del Ridley Scott che amiamo di più.

17. We Are Who We Are

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We Are Who We Are: un'immagine dei protagonisti della serie

We Are Who We Are, la serie Sky-HBO diretta da Luca Guadagnino, parla di fluidità di genere, di omosessualità, di libertà di esprimersi. Ma la serie firmata da Guadagnino, con la sceneggiatura di Paolo Giordano e Francesca Manieri, non è solo questo, è una storia universale. Questa ricerca dell'identità, la vita all'interno di famiglie spesso problematiche a tratti avvicina We Are Who We Are a Euphoria. Ma il tono di Luca Guadagnino è diverso: non è mai un pugno nello stomaco, non è mai scioccante, pur essendo viscerale. I toni sono più sfumati, in fondo leggeri: quelli giusti per raccontare una sensualità ancora innocente, una vitalità pulsante, debordante e incontenibile, che Guadagnino riesce a raccontare come pochi sanno fare, forse il solo Abdellatif Kechiche. Guadagnino decide di fare come i suoi personaggi, essere libero, indefinito: non si preoccupa di cliffhanger, di ritmo, di suspense. Si permette di indugiare quasi per una puntata intera su una giornata di festa, di fermarsi per un attimo su una sequenza di ballo, che è allo stesso tempo avulsa e integrata nella storia, di fermare le immagini per qualche istante prima degli stacchi di montaggio, come se volesse bloccare in delle istantanee i momenti più importanti per i ragazzi. Vi sembreranno strani, come ogni volta che incontrate una persona diversa da voi. Ma dopo poche ore vi troverete completamente immersi nelle loro vite, come se fossero quelle dei vostri amici.

16. Kidding

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Kidding: un primo piano di Jim Carrey

Nella serie HBO diretta da Michel Gondry, Jeff Piccirillo è un padre in lutto, che ha perso il figlio in un incidente stradale, è un marito ferito, che è stato lasciato dalla moglie. Ma è anche Mr. Pickles, una star della tv, il protagonista di uno show per bambini che porta avanti da anni insieme a una serie di animali incantati. Ecco, il personaggio e il marito in crisi non devono mai incontrarsi, gli spiega il padre Ben che è anche il produttore dello show. Ma Mr. Pickles è Jeff, e vorrebbe esternare il suo lutto, superarlo insieme agli altri. Kidding parla di morte e di separazioni, ma anche di gentilezza e cura. Ricalca lo stile di alcune sitcom e alcuni show comedy, dal tono leggero e dalla durata breve (un episodio dura 30 minuti) per parlare cose molto profonde. Kidding è come un cioccolatino ripieno di liquore, dolce fuori e forte, anche troppo, dentro. Tutto questo è possibile grazie a Jim Carrey, unico nel far convivere dramma e commedia, luce e tenebra, sorriso e lacrima nella stessa scena, nello stesso momento. Quel sorriso stampato sul volto non è finto, è qualcosa di voluto e dovuto, visto il suo ruolo pubblico, e visto il suo non voler pesare sugli altri. È quello di Truman che continua a dire "buongiorno, e se non dovessi rivedervi, buonasera e buonanotte" ai vicini, solamente perché sente il dovere di essere gentile.

15. Big Little Lies

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Big Little Lies - Piccole grandi bugie: le protagoniste in una foto di scena della seconda stagione

"Alta società, bassi istinti". Potrebbe essere il claim che riassume il senso di Big Little Lies - Piccole grandi bugie, la serie HBO portata in Italia da Sky, creata da David E. Kelley dal romanzo Piccole grandi bugie di Liane Moriarty e diretta, per quanto riguarda la prima stagione, da Jean-Marc Vallée (che troveremo ancora in questa classifica). Siamo a Monterey, California, sul mare, in una scuola per persone molto abbienti. E intorno ai bambini di quella scuola si muovono le mamme. Che sono Reese Witherspoon, Nicole Kidman, Shailene Woodley, Laura Dern e Zoë Kravitz. Come il recente The Undoing, sempre scritto da Kelley, Big Little Lies è un family drama con delitto, una storia dove il noir si mescola con le dinamiche familiari. I rapporti tra padri e figli, tra mariti e mogli, ex mariti ed ex mogli, generano piccole grandi bugie e piccole grandi rivalità. E sono proprio queste ad essere più importanti della trama gialla. Satira amara e tagliente, Big Little Lies ci racconta molto dell'America di oggi, dove le classi sociali esistono più che mai, e dove il mondo dell'alta società e quello delle persone normali non possono mai mescolarsi. Il primo è arroccato nella difesa a tutti i costi dei suoi privilegi, il secondo bloccato dal suo perenne senso di inferiorità e inadeguatezza.

Big Little Lies: il nuovo gioiello HBO racconta quello che le donne non perdonano

14. Romulus

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Romulus: Il regista Matteo Rovere dirige una scena

La serie ideata da Matteo Rovere e prodotta dalla sua Groenlandia è arrivata da pochi mesi su Sky ed è già un cult. Poche volte abbiamo visto una serie italiana così ambiziosa, e di livello internazionale. Romulus riprende i temi e l'impostazione de Il primo Re: viaggia indietro alla notte dei tempi per cogliere le radici della nostra storia, la fondazione di Roma. Ci immerge in un periodo ancora buio, fumoso, poco conosciuto, con un'attenzione filologica, provando a ricostruire la lingua di quei tempi, il protolatino, e a ricreare case, costumi, ambienti dell'ottavo secolo avanti Cristo. Ma, allo stesso tempo, crea un impianto visivo potentissimo, fatto di chiaroscuri e di tinte fosche, costruendo un mondo lontanissimo, brutale, ferino. Romulus si muove tra due opposti, Apocalypto e Game Of Thrones, tra uno spettacolare realismo filologico e il fantasy. Si muove nel solco della storia, quasi una preistoria, viaggia indietro verso un mondo di cui non si hanno certezze documentate, verso un mondo misterioso, sfumato. È una leggenda, è fiaba, è quindi è fantasy. Nel cast spiccano Andrea Arcangeli, Francesco Di Napoli, Marianna Fontana e "la Lupa" Silvia Calderoni.

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Romulus: Marianna Fontana è Ilia

13. Westworld

Westworld: un'immagine tratta dalla serie della HBO in onda su Sky
Westworld: un'immagine tratta dalla serie della HBO in onda su Sky

Se Westworld si fosse fermata alla magnifica stagione 1, un film di 10 ore in cui un cerchio perfetto si apriva e si chiudeva, starebbe molto in alto in classifica. Le stagioni 2 e 3 hanno portato la serie creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy per HBO da altre parti. Ma non possiamo dimenticare le emozioni che ci ha dato Westworld, e i volti di Evan Rachel Wood, Thandie Newton, Ed Harris ed Anthony Hopkins. La storia di un futuristico parco a tema ambientato nel vecchio west dove degli automi, esseri artificiali creati dall'uomo per il suo piacere e divertimento, sono destinati a subire, a non decidere, a essere feriti, rovinati, e poi riparati, resettati per un altro giro di giostra, in realtà ci parla di noi, e della nostra natura. Siamo entrati in empatia con questi automi che sono più umani degli umani, che sognano libertà, amore, verità. L'uomo, in una zona franca dove non ha freni né inibizioni, sfodera la sua vera natura di violenza e lussuria, lontana da quella che dovrebbe essere l'umanità. Per gli automi è reale quello che fa provare loro qualcosa. E non importa che il ricordo della figlia di Maeve sia un programma, com'erano un "innesto" i ricordi della Rachel di Blade Runner. È reale perché la fa sentire viva.

Westworld, il finale di stagione: la rivoluzione è autocoscienza

12. 1992, 1993, 1994

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1994: Stefano Accorsi in una foto della seconda puntata

1992, seguita da 1993 e 1994, nata da un'idea di Stefano Accorsi (protagonista accanto a Miriam Leone e Guido Caprino) e scritta magistralmente da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo (produzione Wildside), nel tempo si è rivelata per quello che è davvero: non la serie su Tangentopoli, com'era stata lanciata nel 2015, ma una serie sul Ventennio che ha cambiato l'Italia. È il racconto dell'ascesa di Berlusconi, della televisione e la politica che diventano una cosa sola, come aveva previsto Ennio Flaiano che negli anni Settanta diceva "Fra 30 anni l'Italia non sarà come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la TV". È una serie su come tutto questo ha cambiato gli italiani e come siamo diventati le persone che siamo oggi. E, in questo senso, tutti i personaggi che vivevano 25 anni fa sono vividi e reali, ma anche simbolici e paradigmatici di un certo modo di vivere dei nostri anni, di certe tipologie di italiani: sono personaggi che potrebbero vivere nel nostro mondo. Anche Berlusconi, che c'è ancora. 1992, 1993 e 1994 sono una ricostruzione, non vera ma verosimile, di cosa sono stati quegli anni per l'Italia e di come stiano ancora tra noi; mescola ricostruzione storica, sociologia politica, scienza della comunicazione, e noir. È un prodotto unico nel nostro panorama televisivo, pieno di massime da studiare a lungo. Come quella del Cavaliere di Paolo Pierobon: "Sa come si fa ad avere la coscienza pulita? Basta non usarla. Mai".

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1994: Giovanni Ludeno e Antonio Gerardi nell'episodio 4

11. Romanzo Criminale

Un'immagine promozionale del cast di Romanzo Criminale - La serie
Un'immagine promozionale del cast di Romanzo Criminale - La serie

C'era una volta un'era in cui le serie TV italiane non esistevano. C'erano i telefilm, e c'era la fiction. La nuova serialità italiana, quella ambiziosa, iniziava nel 2008 con Romanzo criminale - La serie, prodotto per Sky da Cattleya. All'epoca sembrava impossibile che una serie potesse raccontare la Banda della Magliana meglio del film di Michele Placido, tratto dal romanzo di Giancarlo De Cataldo. E invece ecco la mano di Stefano Sollima, perfetto per riportare in TV la potenza del poliziottesco italiano degli anni Settanta. Ed ecco un cast (Vinicio Marchioni, Alessandro Roja, Andrea Sartoretti, Daniela Virgilio, Marco Bocci, Alessandra Mastronardi) destinato a non far rimpiangere le star del film e a spiccare il volo verso il cinema e la serialità che contano. E così è capitato che Il Libanese, il Freddo, il Dandi, Patrizia e il commissario Scialoja nell'immaginario collettivo sono diventati loro, quelli della serie. E che il mondo della serialità italiana non sarebbe stato più lo stesso.

Euphoria, la recensione del secondo episodio speciale: la conferma di una serie di assoluta qualità

10. Euphoria

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Euphoria: una scena dello speciale Parte Uno: Rue

Anche se finora abbiamo visto solo una stagione (più due episodi speciali), Euphoria sembra già un classico. È una bittersweet symphony, un ritratto dolceamaro a luci al neon della generazione Z: immagini patinate e fluorescenti fuori, storie durissime e scioccanti dentro. La serie HBO ideata da Sam Levinson con protagonista Zendaya racconta senza filtri una generazione che sembra essere sconfitta senza nemmeno aver avuto la possibilità di iniziare a partecipare, tanta è la condizione di impotenza in cui l'ha lasciata la generazione precedente, i loro genitori, le loro famiglie. Euphoria è una continua doccia scozzese, è il bastone e la carota: seduce con i colori accesi, con un'immagine lucidata e risplendente, con corpi bellissimi, poi colpisce con il male di vivere e quel continuo senso di inadeguatezza. L'adolescenza è una terra di mezzo, è la continua ricerca del proprio posto nel mondo, è essere grandi senza esserlo veramente, senza alcun mezzo per farlo. Molto più che una serie teen, Euphoria è un'opera universale: è impossibile guardare questi ragazzi senza entrare in empatia con loro.

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Euphoria: Zendaya e Hunter Schafer in una scena della serie

9. Sharp Objects

Sharp Objects: Amy Adams nell'episodio Vanish
Sharp Objects: Amy Adams nell'episodio Vanish

Creata da Marti Noxon e diretta da Jean-Marc Vallée, Sharp Objects (HBO) è l'adattamento del romanzo Sulla pelle (2006) di Gillian Flynn, l'autrice di Gone Girl, Al centro di Sharp Objects ci sono un delitto e una scomparsa da risolvere. Ma c'è soprattutto l'anima tormentata della protagonista, Camille (una splendida Amy Adams), un passato da alcolista e autolesionista, una donna che non ha chiuso i conti con il suo passato e la sua famiglia. L'indagine nei fatti di Wind Gap, Missouri, diventa così soprattutto un'indagine dentro di sé, ed è quella che ci affascina di più. Tra Twin Peaks e True Detective, ma con una sensibilità tutta al femminile, Sharp Objects ci parla delle cicatrici del corpo e dell'anima, dell'impossibilità di lenire il dolore, di lasciarsi alle spalle il passato e le radici. Tra case borghesi del Midwest e roadhuose scalcinati, tra vodka, whisky ed hangover, attraversiamo un mondo dove le ragazzine giocano con le case delle bambole, si vestono come bambole in casa, e in tutt'altro modo fuori. E in quegli interni con le loro carte da parati verdi respiriamo un'aria opprimente e sinistra. Viviamo con Camille, a un passo da lei, ci entriamo subito in empatia. Abbiamo voglia di stringerla, abbracciarla e dirle "andrà tutto bene". Anche se non potrà essere proprio così.

Sharp Objects: il corso tagliente della memoria

8. Il miracolo

Il miracolo: Guido Caprino in una scena
Il miracolo: Guido Caprino in una scena

Tra le serie italiane che trovate in questa classifica ci sono prodotti tratti da sceneggiature originali, da romanzi di grandi scrittori. Ma Il Miracolo è una serie scritta da un grande scrittore direttamente per il piccolo schermo. Parliamo di Niccolò Ammaniti che ha scritto (insieme a Stefano Bises, Francesca Manieri, Francesca Marciano) e diretto (con Francesco Munzi e Lucio Pellegrini) Il Miracolo, prodotta da Wildside, per Sky. Lo spunto è una di quelle notizie che, di tanto in tanto, arrivano in cronaca: la statua di una Madonna che piange sangue. Ma nelle mani di Ammaniti diventa qualcosa fuori da ogni cliché. La Madonna che piange si trova nel covo di un boss della Ndrangheta, e intorno a lei si muovono vari personaggi, come il premier ateo di Guido Caprino (un altro politico dopo il Pietro Bosco di 1992), il sacerdote in crisi di fede di Tommaso Ragno e molti altri. Il tutto nello stile unico di Niccolò Ammaniti. In attesa di Anna, la sua nuova serie in arrivo quest'anno.

7. Watchmen

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Watchmen: Sister Night va subito al sodo

Watchmen, la graphic novel di Alan Moore, è una pietra miliare nel mondo dei fumetti, ed è stata considerata a lungo impossibile da portare sul grande schermo. Anche la versione cinematografica di Zack Snyder, del 2008, aveva diviso. La serie TV HBO del 2019, portata in Italia da Sky, sembra invece aver messo d'accordo tutti. Non a caso, al timone dell'operazione c'è Damon Lindelof, uno che, ai tempi di Lost, aveva incollato milioni di persone davanti alla televisione. La grande idea è stata quella di raccontare i fatti successivi a quelli della graphic novel e di ambientare la storia ai giorni nostri. I vigilanti sono ora considerati dei fuorilegge. Ma per i vigilanti è il momento di tornare in scena per combattere un'organizzazione razzista. Watchmen riesce a dare un seguito alla graphic novel di Alan Moore, e creare un suo mondo, e a intercettare i nervi più scoperti dell'America di oggi. E a lanciare personaggi iconici come la Sister Night di Regina King.

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Watchmen: Regina King è Angela Abar nella serie HBO

Watchmen, la recensione del finale: ambizione e amore in ogni atomo

6. The Young Pope/ The New Pope

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Jude Law e John Malkovich in The New Pope

"In realtà ha visto un Vaticano inventato, perché io in Vaticano ci sono stato anche meno di lei. Me lo sono inventato basandomi sui libri e su tutto quello che c'è". Ce lo ha raccontato Paolo Sorrentino in occasione del lancio di The New Pope, serie che ha seguito la già geniale The Young Pope (entrambe prodotte da Wildside), e si rivelata ancor più tesa ed emozionante della precedente. La grande fantasia di Sorrentino immagina cosa si muove dentro il Vaticano e affronta i nervi scoperti della Chiesa di oggi, con personaggi originali e profondi. Nelle due stagioni Sorrentino mette tutta la sua voglia di stupire, il suo senso dell'assurdo, il gusto nella composizione dell'inquadratura, che qui non è mai fine a se stessa, ma al servizio del racconto e di riflessioni profonde. Paolo Sorrentino ha messo in bocca ai suoi Papi parole di buon senso, che tutti vorremmo sentir dire dalla Chiesa. Si parla di pedofilia, del sacerdozio per le donne, di fanatismo. Tra momenti indimenticabili come l'attentato al Vaticano, con lo sfregio alla Pietà di Michelangelo, e la Pietà composta da Sorrentino con la madre di Yulia Snigir e il suo bambino. Accanto ai due papi Jude Law e John Mallkovich, ci sono Silvio Orlando, Cecile de France, Ludivine Sagnier, e una serie di volti indimenticabili.

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The New Pope: una scena dell'ottavo episodio

5. True Detective

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True Detective: Matthew McConaughey e Woody Harrelson nell'episodio Seeing Things

Sono bastati pochi secondi, quelli dei titoli di testa, ipnotici e inquietanti, per farci capire che True Detective non sarebbe stata una serie come le altre. La serie HBO creata da Nic Pizzolatto, e diretta, nella sua prima, storica stagione da Cary Fukunaga, proponeva atmosfere torbide e torride sin dalle prime immagini. Ma abbiamo capito che non era il solito poliziesco da quei primi piani fissi su Rust Cohle, un Matthew McConaughey invecchiato, sfibrato e sfinito dalla vita. La prima stagione di True Detective, la più riuscita, copre un arco di 17 anni, e coglie i nostri (anti)eroi alla fine e poi all'inizio della storia. Quella di un brutale omicidio, delle indagini dei poliziotti e delle azioni disciplinari a loro carico. Allora abbiamo capito che, più di quell'omicidio brutale e rituale, ci interessava sapere della vita dei nostri compagni di viaggio. Del cinismo, del dolore e del lutto di Rust, e della tendenza all'autodistruzione, tra alcol e sesso sfrenato, di Martin Hart (Woody Harrelson). Tra filosofia nietzschiana, piani sequenza, la bellezza di Michelle Monagan e Alexandra Daddario, siamo rimasti invischiati in True Detective fino al collo. "Tocca l'oscurità e l'oscurità ti toccherà a sua volta".

True Detective: un finale spiazzante per l'ultimo capolavoro HBO

4. Chernobyl

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Chernobyl: un'immagine della miniserie

In cinque puntate tesissime e senza un attimo di tregua, Chernobyl ricostruisce i fatti accaduti in Ucraina nell'aprile del 1986, quando un reattore della centrale nucleare di Chernobyl esplose, causando alla popolazione danni incalcolabili, le cui conseguenze durano ancora oggi. È una serie coraggiosa, che inizia un secondo dopo l'esplosione, e segue - allo stesso tempo - alcune storie di gente comune e quelle di alcuni scienziati che si sono impegnati in prima persona per limitare i danni e, soprattutto, per portare alla luce la verità. Un'impresa che non era affatto facile nell'Unione Sovietica del tempo. Nelle prime puntate assistiamo così ai primi, febbrili giorni dopo il disastro nucleare. Nell'ultima, con un salto avanti di un anno e un salto indietro nel tempo, fino alle ore prima dell'incidente, arriviamo al processo e vediamo ricostruito esattamente quello che è successo in quella centrale. Poche volte abbiamo visto in una serie realismo, rigore nella ricostruzione, commozione e una spiegazione tanto efficace. Chernobyl, creata e scritta da Craig Mazin e diretta da Johan Renck per HBO, ha anche il pregio di far "scomparire" nei loro personaggi dei grandi attori come Jared Harris, Stellan Skarsgård, Emily Watson e Jessie Buckley, che ci fanno credere fino in fondo di essere dei personaggi vissuti in Unione Sovietica negli anni Ottanta.

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Chernobyl: una scena della serie

3. Gomorra

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Gomorra La Serie: Cristiana Dell'Anna e Salvatore Esposito in una scena del finale della quarta stagione

Proprio qualche mese fa, in occasione del lancio di Romulus, Riccardo Tozzi ci ha spiegato la linea editoriale, in fatto di serie TV, di Cattleya: portare nella serialità italiana modelli che arrivano dal cinema di genere italiano degli anni Sessanta e Settanta. "Questa attitudine tende a rendere la nostra serialità molto riconoscibile a livello internazionale perché il sostrato del cinema italiano di genere è presente ovunque, ancora più che in Italia". Per questo, dopo Romanzo criminale, è arrivata Gomorra - La Serie. E non era scontato che, dal libro inchiesta di Roberto Saviano e dal film d'autore di Matteo Garrone potesse arrivare una serie con una sua personalità. Gomorra è entrata subito nei cuori degli italiani, ed è stato anche un grande successo all'estero. L'epopea di antieroi come Genny Savastano e di Ciro Di Marzio, l'Immortale, interpretati da Salvatore Esposito e Marco D'Amore, si stacca dal racconto del reale di libro e film e diventa una storia archetipica, un racconto sul potere e sul ruolo di chi lo esercita, che arriva da saghe storiche come il Padrino e, andando ancora più indietro, da Shakespeare. Mettete tutto questo con la passione del pubblico per le storie di Mafia, e con la bravura di registi come Stefano Sollima, Francesca Comencini, Claudio Cupellini, Claudio Giovannesi e lo stesso Marco D'Amore, e capirete il grande successo della serie.

Gomorra 4, la recensione degli episodi 11 e 12: un finale amaro tra madri e figli di Secondigliano

2. Il trono di spade

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Emilia Clarke e Jason Momoa in una sequenza dell'episodio Baelor di Game of Thrones

C'è una legge non scritta quando parliamo di fantasy. Quella che dice che dietro una grande saga - che sia film o che sia serie - c'è sempre un grande libro. Il successo al cinema de Il Signore degli Anelli, tratto da J.R.R. Tolkien, sta lì a dimostrarlo. Lo dimostra anche Game of Thrones, Il trono di spade, la serie HBO portata in Italia da Sky e diventata una delle serie più amate di tutti i tempi. Il trono di spade è tratta dal ciclo di romanzi Cronache del ghiaccio e del fuoco (A Song of Ice and Fire) di George R. R. Martin, adattata per lo schermo da David Benioff e D. B. Weiss. Una serie che ha battuto ogni record, che ha generato un fandom enorme a livello mondiale, e una vera e propria mania. Apprezzato all'unanimità per le atmosfere, gli snodi del racconto e la profondità dei personaggi, ma anche oggetto di critiche per i nudi e la violenza, Il trono di spade ha lanciato nel firmamento delle star Emilia Clarke e Sophie Turner, Kit Harington e Richard Madden. E non è un caso che, da tutte le parti, si stia pensando a rilanciare in chiave televisiva altre note saghe fantasy...

1. Twin Peaks - Il ritorno

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I segreti di Twin Peaks: la testa di Kyle MacLachlan si deforma

Al primo posto non può che esserci la serie che ha cambiato per sempre la storia della televisione, che proprio 30 anni fa arrivava in Italia. I segreti di Twin Peaks, la serie cult ideata dalla mente di David Lynch, 25 anni dopo ha trovato un insperato e sospirato seguito, la sua stagione 3, prodotta da Showtime e portata in Italia da Sky con il nome Twin Peaks - Il ritorno. Con una delle sue mosse David Lynch ha fatto sì che niente fosse come ce lo aspettavamo, o come ce lo ricordavamo. Eravamo a Twin Peaks, certo, ma eravamo anche in altri luoghi, a New York, nei pressi dell'Area 51, in Nevada. E anche nei sogni di Gordon Cole, con Monica Bellucci. Alla fine della stagione 2 avevamo lasciato l'agente FBI Dale Cooper (Kyle McLachlan) nella Loggia Nera, e ora lo ritroviamo con altre due identità, Bad Cooper e Dougie. Anche Audrey Horne è intrappolata da qualche parte che non capiamo, eppure riuscirà, per un attimo, a ballare la sua Audrey's Dance. E così ritroveremo tanti vecchi amici, in mezzo a nuovi personaggi. David Lynch, che ha cambiato per la prima volta le regole della TV, le cambia ancora una volta, completamente, girando un film in 18 parti che spesso trascende dalla forma della serie televisiva per diventare videoarte. Vedere, per credere, il fantomatico episodio 8, abbagliante, ipnotico, stordente. Da vedere, insieme alle prime due, storiche, stagioni. Per poi chiedervi, alla fine: "In che anno siamo?"

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I segreti di Twin Peaks: un'immagine tratta dalla terza stagione

Twin Peaks: David Lynch sfrutta la nostra nostalgia e ci prende in giro. E ben ci sta!