La vita di Adele: Abdellatif Kechiche presenta il film Palma d'oro

Il nostro incontro con il regista e gli interpreti del film vincitore della Palma d'Oro 2013, la storia di un amore totalizzante tra due giovani donne: 'Adele è come Indiana Jones, una vera eroina, coraggiosa e libera', ha raccontato in conferenza l'autore franco-tunisino.

Guardando questa mattina La vita di Adele, Palma d'Oro all'ultimo Festival di Cannes, non fatichiamo a credere che la lavorazione sia stata massacrante; niente di ciò che abbiano visto sarebbe stato possibile senza un lavoro totalizzante, indubbiamente gravoso, concertato dal regista, Abdellatif Kechiche, assieme alle attrici, l'eccezionale Adèle Exarchopoulos e Lea Seydoux. Ecco perché tutte le polemiche che sono seguite al trionfo di Cannes perdono valore; dalla decisione del governo dell'Idaho di vietare nei propri cinema la proiezione della pellicola, in cui si racconta l'amore che lega due giovani donne, Adele ed Emma, alle dichiarazioni della Seydoux, 'umiliata' a suo dire, per aver dovuto girare alcune scene di sesso molto esplicite, che l'hanno fatta sentire quasi come una prostituta, passando per quelle di Julie Maroh, autrice della graphic novel da cui è tratta l'opera (Il blu è un colore caldo, edito da Rizzoli Lizard), indispettita dalla superficialità con cui l'argomento è stato trattato, tanto da spingerla a equiparare La vita di Adele ad un porno. Controversie di cui il regista franco tunisino avrebbe fatto volentieri a meno e di cui fortunatamente abbiamo parlato solo marginalmente nella conferenza stampa che si è tenuta a Roma. Affiancato da Adèle Exarchopoulos e da uno degli interpreti maschili, Jeremie Laheurte, Kechiche ha parlato della sua 'creatura', in uscita il prossimo 24 ottobre grazie a Lucky RED, come di uno dei lavori più importanti della sua luminosa carriera.

Signor Kechiche, tra gli argomenti del film qual è secondo lei quello che rappresenta il cuore di La vita di Adele? Abdellatif Kechiche: Uno dei temi portanti è sicuramente l'amore, ma direi anche la potenza di certi incontri e l'importanza del caso, del destino, nella vita degli esseri umani. Emma e Adele si incontrano di sfuggita ad un semaforo; ecco, se Adele non fosse stata in ritardo, non avrebbe incontrato la ragazza che le ha cambiato la vita. Anche se quando comincio a lavorare sul film non mi faccio domande sul suo senso, mi piaceva raccontare la relazione tra due persone che vengono da ambienti sociali diversi, uno più borghese e intellettuale, l'altro proletario, o meglio, raccontare come l'amore possa resistere a queste differenze sociali. Possiamo poi leggere il film come un romanzo di iniziazione, con una protagonista che prende in mano il suo destino nonostante gli ostacoli e dolori, il racconto di un'eroina da romanzo che dimostra volontà, coraggio e senso di libertà. Questo è il cuore della storia, non penso che altre interpretazioni debbano prendere il sopravvento.

Osservando il film sembra che il cinema non possa più andare oltre nel racconto della realtà. E' così anche per lei?
Penso che si possa andare ancora oltre. Il cinema ci permette di esplorare in modo profondo anche le verità più segrete che abbiamo in noi, c'è uno schermo che ci protegge e che ci lascia mettere a nudo come esseri umani; ecco perché cerco attori che siano in grado di darsi in maniera così completa. Non per fare i complimenti a questa donna che mi siede a fianco, ma Adele ha messo nel film la sua forza e le sue emozioni, ha espresso sé stessa. La trasformazione di Adele è una magia, perché tutto quello che lei ha fatto lo ha fatto in maniera istintiva, e non intellettuale, è stata rapida e immediata. Il suo personaggio è affamato di vita in tutti i suoi aspetti e proprio per questo si mette in situazioni di pericolo; o frustra il desiderio o lo soddisfa assumendosi il coraggio delle cose che fa.

Adèle e Jeremie, cosa vi ha chiesto il regista per arrivare ad una simile naturalezza? Adèle Exarchopulos: Ci dava degli input, questo sì, ma ci lasciava liberi di creare in ogni circostanza. Non saprei riassumere nel dettaglio tutto. E poi ho avuto la fortuna di lavorare con gente di talento. Sono stata aiutata poi dall'aver girato in ordine cronologico, dalla fine del liceo, alle scoperte successive.
Jeremie Laheurte: L'alchimia è stata immediata e ha funzionato, con Abdel si è instaurata una fiducia reciproca e questo ci ha permesso lavorare in maniera naturale e istintiva. E' stata un'esperienza formidabile.

Signor Kechiche, abbiamo la sensazione che il suo film sia stato covato a lungo, ci pensava da molto a realizzarlo? Abdellatif Kechiche: Non esattamente. Credo che questa vostra sensazione sia legata al fatto che nella mia carriera certi temi siano tornati, come se ci fosse un filo rosso. Inoltre ho un bisogno viscerale di avere relazioni intime con gli attori e ho rispetto e tenerezza per tutti quelli che filmo, anche questo approccio dà un senso di continuità. E' la cosa che mi appassiona di più vedere come un attore si trasforma.

Come spiega allora le polemiche che si sono scatenate dopo Cannes?
E' un film che per il dolore che esprime ha toccato profondamente tutti quelli che vi hanno partecipato, come se fosse uno specchio; certe reazioni sono viscerali proprio per questo.

Cous Cous già meritava di vincere il Leone d'Oro nel 2007, ed è stato invece ignorato. Ha avuto timore che una giuria presieduta da Steven Spielberg, rappresentante di un cinema molto diverso dal suo, potesse non apprezzare a pieno il film?
Non dite che il suo cinema è opposto al mio, non credo sia vero! Al contrario sapevo che si sarebbe interessato molto al film. Un grande regista sa cogliere certi aspetti tecnici. Certo, da qui a sperare nella vittoria era tutto un altro discorso, ma non mi ha sopreso per niente che sia stato lui a premiarmi. Adele in fondo è un'eroina come Indiana Jones. Spielberg è un uomo integro e onesto e mi rende ancora più contento la sua decisione.

Se avesse la possibilità di rigirarlo, farebbe le stesse scelte o no?
Tutti i registi pensano di rifare daccapo il film, appena lo hanno finito. Sfortunatamente non si può fare, va visto per quello che è. In questo caso ho provato meno la sensazione di frustrazione che in genere mi pervade quando completo un lungometraggio, perché questa storia ha la forza di imporsi e camminare da sola, sa dove vuole andare.

Adele è un'insegnante, anche il tema della scuola e dell'educazione sembra avere un valore molto grande per lei...
Sì, lo avevo già mostrato in La schivata. All'epoca avevo conosciuto tanti insegnanti e rimasi colpito e ammirato dal lavoro e dall'impegno che infondevano nella loro professione; in certi casi rasentavano l'abnegazione. Erano coinvolti fino in fondo, a tal punto da essere felici e dal considerare come una vittoria personale quando un loro studente riusciva ad ottenere un buon risultato. Non sempre ci accorgiamo di quanto sia importante ciò che fanno, ma se il film servirà a riaccendere l'interesse per questo mestiere e facesse sì che gli insegnanti fossero guardati in maniera diversa, beh mi farebbe molto piacere.

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