Gabriele Falsetta, Finalmente l'alba e lo spirito indipendente di un attore

"Fare l'attore? È bello cambiare. Ed è bello parlare con i registi". Da Finalmente l'alba di Saverio Costanzo, dove interpreta Piero Piccioni, fino all'esperienza in M. Il figlio del Secolo, la nostra intervista a Gabriele Falsetta.

Gabriele Falsetta, Finalmente l'alba e lo spirito indipendente di un attore

Un'ora al telefono con Gabriele Falsetta, attore che, in una manciata di anni, ha alternato produzioni internazionali a opere più piccoli, dallo spirito indipendente (e citiamo Roma Blues di Gianluca Manzetti). Del resto, come ci dice, "la cosa più bella di fare questo lavoro, è il poter cambiare. Mai fermarsi ad un solo ruolo". Genovese, entra alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano a 23 anni. Da lì, il palco e poi il set. Faccia giusta, spirito giusto, senso della scena. Che siano pochi minuti, o un film intero. Al cinema lo abbiamo visto per la prima volta in Sicilian Ghost Story, nel 2017, passando poi alla serialità. Uno scambio costante, sempre alla ricerca "della storia giusta". La Rai con Blanca, Il Re su Sky, Monterossi su Prime Video, e poi ancora la Rai con Vostro Onore. Internazionale, sì, perché Gabriele Falsetta è anche in Élite su Netflix.

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Gabriele Falsetta. Foto di Roberta Krasnig

Ma noi, con lui, parliamo soprattutto del suo percorso (e del futuro), attraverso l'esplorazione di due personaggi importanti, in due produzioni altrettanto importanti. Infatti, Falsetta, interpreta Piero Piccioni in Finalmente l'alba di Saverio Costanzo, ed è tra i protagonisti di M. Il figlio del secolo di Joe Wright, serie Sky Original, tratto dal romanzo di Antonio Scurati con Luca Marinelli nel ruolo di Mussolini. A proposito, Gabriele Falsetta può ancora dirci poco (pochissimo) ma promette sarà "una grande serie televisiva". Insomma, cinema e serie, grandi autori, racconti vividi, ancora più vividi grazie al talento di un attore eccezionale.

Gabriele Falsetta: la nostra intervista

Finalmente Lalba
Gabriele Falsetta è Piero Piccioni in Finalmente l'alba

Gabriele, a Venezia Finalmente l'Alba ha diviso. Perché secondo te?

Quando qualcosa colpisce, cerchiamo di tirarlo giù, e te lo dico in termini generali. Siamo poco campanilisti. Guarda i francesi, se la spacciano tantissimo anche rispetto ad opere di dubbiosa fattura. Forse ha fatto parlare anche il budget. Il tax credit in parte è un'arma, i soldi sembrano finiti, ma non fai di certo un film del genere senza spendere... per me è stata un'esperienza meravigliosa. Non ti capita di stare tutti i giorni sul set con certi attori, anche se ho avuto una parte marginale, sono stati giorni di scuola.

Interpreti Piero Piccioni, accusato e poi scagionato nel caso Montesi, che in qualche modo incrocia il cammino della protagonista, Mimosa.

La storia diverge, parte da un evento ma poi diventa altro. Mi viene da pensare a C'era una volta a Hollywood di Tarantino. Sharon Tate viene raccontata come una sorta di simbolo: quando è morta la Tate, è morta la Hollywood che conoscevamo. Una figura evocata, e qui si parla di un'ipotetica Montesi. Mimosa è una viaggiatrice che si addentra in un mondo sconosciuto. Un paese dei balocchi, che invece contiene tratti oscuri. Una storia di coercizione e di violenza, all'interno del mondo dello spettacolo. Per quanto riguarda la Montesi, beh, per una questione storia e anagrafica, e anche politica, non sapremo mai come sono andate le cose.

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Conoscevi Piccioni?

Conoscevo Piccioni e la sua musica. Poco prima di incontrare Saverio Costanzo, ho rivisto Euphoria, e la puntata a teatro e inizia con Amore mio aiutami. Una scelta che mi ha sorpreso. Ho iniziato ad ascoltarlo, c'è poco materiale video, ma ha curato la sua vita e la sua musica. Non so quanto la sua vita sia cambiata dallo scandalo Montesi, ma suo padre Attilio, che faceva il politico, si dimise. Oggi non si dimette più nessuno. E poi c'è una reiterazione di certi delitti, legati ad un sopruso maschile verso le donne. Basti pensare ad Harvey Weinstein. Saverio però racconta un viaggio magico, quando all'epoca il cinema era la nostra fabbrica dei sogni. Un viaggio catartico. E poi c'è il mistero, che resta ancora oggi.

Perché siamo così attratti da certe storie crime?

Non lo so, ma c'è stata una bulimia esagerata. Sono un fan di Mindhunter, per dire. E amo la letteratura crime. Credo sia un grimaldello verso le situazioni inesplorate. È il nostro desiderio di avvicinarci aa qualcosa che fa paura, risolvendolo come in una catarsi, che sia un film o una serie, esorcizzando la paura. Viene da chiedersi perché c'è una esposizione forte delle tragedie altrui: basti vedere i filmati, e poi magari ci scordiamo di una guerra dopo due settimane.

Cosa hai trovato in Finalmente l'alba?

In Finalmente l'alba c'è un punto interrogativo sulle nostre ambizioni. Ovvero, i nostri sogni devono rivelarsi per quello che sono. All'inizio un attore ha la spinta romantica, data dalla giovane età, perseguendo un'immagine. Poi c'è una fase tecnica e di pragmatismo. Un bel lavoro, sì, ma quando lo fai nelle condizioni giuste e con la giusta qualità umana.

Hai lavorato con grandissimi professionisti...

Lily James è stata protagonista di L'ora più buia, e stavo facendo i colloqui con Joe Wright per M. Il figlio del Secolo, le portavo i saluti del regista. Sul set parlavamo di tutto, anche di quanto è importante essere liberi dal punto di vista creativo. In questo caso con Willem Dafoe, che portava avanti la tesi di quanta energia ci volesse per fare cinema. L'energia, per lui, va sempre conservata. È una questione di preservazione del corpo e della mente. Un lavoro che ti porta ad essere radicale, nei modi e nello stile di vita. L'immagine degli attori belli e dannati è fuorviante. Ecco, vedere Dafoe recitare sul set è qualcosa di incredibile. È uno che fa jazz. È uno che fa i controcampi alle 6 di mattina, senza battute. Quando ci sono attori italiani che fanno i primi piani e se ne vanno. E Lily James, una star internazionale che veniva dal successo da Pam & Tommy. Ha una abnegazione costante. Studiava con costanza, cercava i movimenti delle dita. Magnetica, un'immersione totale. Sto facendo dei lavori che mi stanno facendo capire quanto sia importante quello in cui ho sempre creduto.

M Figlio Secolo Luca Marinelli Set
M. Il figlio del secolo: Luca Marinelli sul set della serie Sky

Tra cinema e serialità

Hai citato M. Il figlio del Secolo. Secondo te oggi ha ancora senso fare distinzioni tra cinema e tv?

Me lo sono sempre chiesto ma... Forse in termini di fruizione credo di sì. Il medium cambia, e cambia la forma di intrattenimento. Penso a Euphoria o Succession, cercano uno sforzo da parte del pubblico. Nonostante siano pretenziose, hanno sbancato. Succession ha riscritto Shakespeare. La qualità paga. La mediocrità non può valere di più. La serialità tv ci sta dando tanto, poi magari in Italia manca un vero riconoscimento alla serialità reale. Forse i David di Donatello dovrebbero innovarsi, aggiungendo categorie sulla serialità.

Gabriele Falsetta   Foto Di Roberta Krasnig
Gabriele Falsetta. Foto di Roberta Krasnig

Su M. Il figlio del Secolo puoi dirci poco, immagino...

Mi sono visto un po' di girato, seguo un po' la post-produzione. È un livello alieno per l'Italia. E te lo dico con gioia. Un cast tecnico pazzesco, professionisti enormi, che però ti fanno sentire a casa. Ti elevano ad un livello che pensavi di non poter raggiungere. Artisticamente è un'opera sorprendente, Joe Wright è stato attento e rispetto della Storia, come il libro di Scurati. Le polemiche? Spero ci saranno, perché è una serie che deve far discutere, deve girare il mondo con una presa di posizione anti-fascista. Mussolini quello era, e quello rimane. Tuttavia, dentro M non ci sono stereotipi, c'è molto di più. Questa serie esce dai canoni.

Tra l'altro, alterni grandi produzioni, a produzioni più indie. Come scegli i copioni?

Innanzitutto, dicendo di no. Perché se dici no, arrivano dei sì importanti. Per me è inevitabile la qualità della sceneggiatura e della scrittura, che aprono le possibilità degli attori. Noi siamo solo attori, e se la sceneggiatura non funziona, devi fare un triplo sforzo. Cerco il tentativo di raccontare una buona storia. Penso al personaggio di Farinacci di M, o Piero Piccioni in Finalmente l'Alba. Ora, sto girando una serie con la Tognazzi, dove interpreto un ragazzo gay. Ho voglia di diversificare. Mi piace sviare, come in Roma Blues, con un personaggio che somiglia a quello visto in Monterossi - La serie. Sono sfide, e ho l'ambizione di vedere un film dal gusto condiviso. Poi mi piace parlare con il regista. Ho bisogno di dialogare con gli autori. Joe Wright, Costanzo, Giuseppe Gagliardi... non serve puntare ai milioni, servono le buone idee.

Il cinema indipendente, secondo te, esiste ancora?

Ho visto due volte Povere Creature! di Yorgos Lanthimos, è un film mainstream, ma legato ad un'anima indipendente. È un film estremamente teatrale, e nonostante questo si fa fatica a trovare i biglietti. Bisogna essere sovversivi da dentro, non da fuori, perché i tempi non lo permettono.