Perché la saga di A Quiet Place è la miglior erede di Alien

A Quiet Place II, sequel del film fenomeno del 2018, conferma le virtù di una saga horror che ha raccolto in maniera superba l'eredità dei monster movie alla Alien.

A Quiet Place - Un posto tranquillo: John Krasinski e Noah Jupe in una scena del film
A Quiet Place - Un posto tranquillo: John Krasinski e Noah Jupe in una scena del film

Nella primavera del 2018, A Quiet Place si rivelava di colpo uno dei fenomeni cinematografici dell'annata: scritto, diretto e interpretato da John Krasinski, questo horror dai contorni fantascientifici registrava un enorme successo, con un incasso quindici volte superiore al suo budget e un totale di quasi quaranta milioni di spettatori in tutto il mondo. Risultati ampiamenti meritati: con A Quiet Place, infatti, Krasinski aveva realizzato un'opera che si inseriva nel filone dei classici monster movie, recuperandone alcune convenzioni con un'efficacia e una gestione della suspense davvero esemplari. Qualità che, a tre anni di distanza, è possibile ritrovare in A Quiet Place II, sequel già pronto per la primavera del 2020 ma tenuto in magazzino dalla Paramount Pictures per un intero anno, in attesa della fine dell'emergenza sanitaria legata alla pandemia.

A Quiet Place 2, la recensione: un sequel che è una corsa mozzafiato per la sopravvivenza

Prima regola: non far rumore

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A Quiet Place 2: Emily Blunt, Noah Jupe, Millicent Simmonds in una scena del film

Già ricompensato da un ottimo responso di pubblico in patria, A Quiet Place II recupera l'idea vincente al cuore del soggetto firmato nel 2018 da Bryan Woods e Scott Beck: una disperata lotta per la sopravvivenza contro mostruose creature che individuano le proprie prede attraverso i suoni. Come il film capostipite, anche questo sequel fa leva dunque su un presupposto tanto semplice, quanto funzionale: per restare in vita, i personaggi devono evitare qualunque forma di rumore. A Quiet Place - Un posto tranquillo era incentrato infatti sul tentativo di condurre un'esistenza totalmente silenziosa da parte dei coniugi Lee ed Evelyn Abbott, interpretati da John Krasinski ed Emily Blunt, nella speranza di preservare se stessi e la loro prole in un desolato scenario post-apocalittico, in cui la popolazione terrestre era stata decimata da quegli alieni assassini pronti ad accorrere verso qualunque fonte di suono.

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A Quiet Place: John Krasinski, Emily Blunt e Millicent Simmonds
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A Quiet Place 2: Emily Blunt e Noah Jupe in una scena del film

A Quiet Place II si apre invece su un lungo antefatto: un flashback dedicato alla vita sul pianeta subito prima della comparsa degli extraterrestri, raccontato dal punto di vista di Lee ed Evelyn. Si tratta di una sezione che non aggiunge molto a livello informativo, utile più che altro ad introdurre la figura di Emmett (Cillian Murphy), ma formidabile dal punto di vista dell'esecuzione: a differenza dei personaggi, lo spettatore ha piena coscienza di quanto sta per accadere, e il risultato è un magistrale saggio di tensione che si trasforma in un thriller al cardiopalma. È il primo giorno dell'Apocalisse; conclusa l'analessi, eccoci ripiombare - quattrocentosettantatré giorni dopo - in quel presente distopico in cui l'indomita Evelyn si impegna a preservare la vita dei figli Regan (Millicent Simmonds) e Marcus (Noah Jupe), nonché quella del suo neonato, l'elemento più fragile del martoriato nucleo familiare e al contempo, a causa dei suoi vagiti, il più 'pericoloso'.

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A Quiet Place e Alien: predatori di ieri e di oggi

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A Quiet Place 2: una scena del film

Se A Quiet Place poteva contare sull'impatto della novità, per il sequel Krasinski sceglie di non modificare più di tanto la sua formula vincente, pur proponendo delle importanti variazioni: rispetto alla "difesa della casa" del primo film, in A Quiet Place II abbiamo sia una 'roccaforte' da difendere (l'acciaieria abbandonata in cui Emmett offre rifugio agli Abbott), sia il viaggio intrapreso da Emmett e Regan allo scopo di ricongiungersi a un'altra comunità di superstiti e di diffondere il segreto sul punto debole degli alieni. Rimane pertanto l'ossatura del canonico monster movie, ma ripartita stavolta su vicende parallele; a restare pressoché immutati sono comunque il ritmo incalzante (che non risulta però caotico o frenetico), la capacità di tenere il pubblico in un costante stato di attesa e l'intelligenza nel suscitare la nostra empatia nei confronti dei protagonisti, senza mai far venir meno il dramma al cuore della storia.

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A Quiet Place II: un'immagine di Millicent Simmonds
Sigourney Weaver in una sequenza di Alien
Sigourney Weaver in una sequenza di Alien

Si tratta di caratteristiche che permettono di paragonare il dittico di A Quiet Place a quella saga che, nell'ultimo mezzo secolo, ha scolpito maggiormente l'immaginario dei monster movie declinati in chiave horror, ovvero la serie di Alien. I film di John Krasinski presentano più di un'analogia con l'illustre predecessore: in tutti i casi, implacabili creature extraterrestri fungono da predatori in una logorante caccia all'uomo, in cui gli esseri umani versano in una condizione di netta inferiorità rispetto ai propri avversari. Dalla tensione crescente e progressiva del primo Alien di Ridley Scott al furioso "gioco al massacro" dell'Aliens di James Cameron, la lezione offerta da queste due pietre miliari della fantascienza è stata assimilata da Krasinski e soci con grande maturità, ma prestando attenzione ad evitare l'effetto déjà-vu.

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Silenzio in sala

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A Quiet Place 2: una sequenza del film

Tanto A Quiet Place, quanto il suo sequel possono essere considerati film sostanzialmente 'classici': guardano all'Alfred Hitchcock de Gli uccelli e, appunto, al monster movie alla Alien; adoperano un canovaccio ben noto, quello dello scontro fra l'umanità e una specie aliena che incarna l'idea di una minaccia devastante; non stravolgono i modelli di partenza, ma li rileggono in maniera coerente e consapevole. Soprattutto usano uno degli elementi-cardine del linguaggio cinematografico, ovvero la dicotomia fra il silenzio e il sonoro, come strumento narrativo fondamentale, nonché come principale ingranaggio del meccanismo della suspense. A maggior ragione se il teatro della proiezione è lo spazio condiviso di una sala cinematografica, in cui il silenzio dei personaggi si compenetra in quello degli spettatori, rafforzando ancor di più il senso della visione come un rituale collettivo a cui troppo a lungo siamo stati costretti a rinunciare.

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