Ewan McGregor e Pierce Brosnan portano L'uomo nell'ombra a Berlino

Il cast de L'uomo nell'ombra, orfano del regista Roman Polanski, ha presentato l'ultimo film del regista alla 60esima edizione del Festival di Berlino.

E' un'assenza pesante e tangibile quella di Roman Polanski alla conferenza di presentazione del suo L'uomo nell'ombra al 60esimo Festival di Berlino. Un vuoto virtuale accanto ai presenti per portare nella Competition berlinese l'ultima opera del regista, che racconta la storia di uno scrittore inglese chiamato a sostituire il ghost writer deceduto che si stava occupando di scrivere le memorie di un ex primo ministro britannico.
Sia Ewan McGregor che Pierce Brosnan, rispettivamente scrittore ed ex premier, che Olivia Williams, che veste i panni della moglie del politico, sono intervenuti alla conferenza accanto ai produttori, allo scrittore Robert Harris ed al compositore Alexandre Desplat.
Un'assenza che ha ovviamente focalizzato l'attenzione della prima domanda rivolta ai produttori del film, in particolare riguardo gli aspetti pratici che l'incarcerazione dell'autore ha comportato a livello produttivo.

"Ovviamente non vogliamo commentare la situazione di Roman Polanski," ha spiegato in apertura Robert Benmussa, "non è nè il momento nè il luogo adatto per questo, ma non possiamo che confessare che non averlo qui oggi, al centro di questo palco, è stranissimo per tutti noi. Dal punto di vista pratico non ci sono stati grossi problemi, perchè abbiamo terminato le riprese alla fine di febbraio e poi da maggio ad agosto il montatore e Polanski hanno lavorato tutti i giorni al montaggio del film. A fine agosto avevano una prima bozza del film, che per un regista esperto come Polanski equivale ad una final cut, perchè è molto preciso nel suo lavoro. Quindi quando è stato arrestato a fine settembre il film era praticamente finito e quindi sapevamo che ce l'avremmo fatta a portarlo qui a Berlino. Nonostante l'incarcerazione, Roman ha continuato a lavorare al film attraverso pacchi mandati in prigione tramite corriere e poi nel suo chalet ha continuato ad applicare degli ultimi tocchi al film. Ma va fatto un grande ringraziamento a tutto il team di post produzione, senza il quale il film non sarebbe stato finito, dagli effetti speciali al direttore della fotografia al musicista."

Una domanda agli attori: come è stato lavorare con un regista come Polanski? Pierce Brosnan: Intenso. E' un uomo intenso, un regista intenso, con una vita intensa. Sono stato orgoglioso di far parte di questo progetto e di lavorare con Ewan ed Olivia, è stato esaltante e si andava sul set ogni giorno con la voglia di dare il massimo, perchè si vuole sempre dare il massimo per una persona del genere, con l'intenzione di raccontare questa storia nel modo migliore. Un'esperienza magica che non può essere dimenticata.
Ewan McGregor: Come regista spinge il cast e la troupe al limite. E' del tutto responsabile per ogni aspetto del film e come filmaker gli piace partecipare ad ogni settore del lavoro, dall'operatore al magazziniere e pensare a qualunque aspetto del processo produttivo.Si può considerare veramente responsabile di ogni fotogramma del film ed anche per quanto riguarda me, lo sento responsabile almeno al 50 per cento per la mia interpretazione, perchè mi ha indicato anche i più piccoli dettagli.
Olivia Williams: Una tendenza di oggi per quanto riguarda la regia è di gestire la sensibilità degli attori. Ti dicono cose tipo "E' perfetto, ma forse dovresti provare così", invece Roman è stato il primo regista con cui ho lavorato che fermava la camera e urlava "NO NO NO NO!" Le prime volte è allarmante, poi ti ci abitui.
Robert Harris: Dal punto di vista del lavoro di scrittura, posso aggiungere che è stata un'esperienza straordinaria. Abbiamo lavorato a due sceneggiature, una delle quali è stata Pompei, che non è andata avanti, dopo la quale volevamo qualcosa senza nè toghe nè vulcani. Lui ha un modo molto particolare di lavorare, letterlamente recita ogni ruolo nel suo salotto in modo metodico, pensando a dove mettere le camere e definendo i dettagli.

Vorrei chiedere agli attori se hanno aggiunto qualcosa al suo personaggio, come lo hanno affrontato?

Pierce Brosnan: Abbiamo fatto un primo incontro a Parigi per pranzo, ho letto il libro e la sceneggiatura e la prima domanda è stata come lo dovessi interpretare, se dovessi rifare Tony Blair. E lui subito "no no no, dimenticati di lui, fallo come ti viene spontaneo." Mi ha dato molta tranquillità, perchè non volevo fare un'impersonificazione di Tony Blair e lui mi ha liberato da questo assillo, anche perchè sia nel libro che nel film, tutti gli elementi sembrano puntare a lui. E' un personaggio molto shakespeariano, si tratta di un uomo caduto, un Re caduto in disgrazia, che inizia come attore, viene da Cambridge e io mi sono trovato ad essere un uomo che è un attore che interpreta un uomo che interpreta un primo ministro: mi sono mosso in questo circolo. Ho iniziato da questo, poi ho aggiunto gli altri aspetti, la relazione con la moglie, con Olivia così brava a darle voce, poi il ghost writer, avevo bisogno di lui, mi ricordava la mia vita. Era tutto già nel testo, andava solo tirato fuori poco a poco, Roman ed io non abbiamo mai avuto veramente bisogno di sviscerarlo in modo approfondito. Ne abbiamo parlato davanti ad un buon vino ed ecco tutto.
Olivia Williams: Anche io avevo paura di dover intepretare la moglie di Blair, così ho mandato una mail a Robert chiedendogli di parlarmi del personaggio e mi ha risposto con un'allarmante serie di ossimori per descriverlo: ingenua e cinica, vulnerabile e sicura di sè, seducente eppure innamorata del marito. Così ho cercato di lavorare di misura.

Signor Brosnan, come si è sentito riguardo l'arresto di Polanski e la possibilità che il film potesse non vedere la luce? Pierce Brosnan: Un amico di Berlino mi ha mandato un messaggio dandomi la notizia, che mi ha scioccato, sconvolto e rattristato. E mi chiedevo perchè ora, dopo tanto tempo, e i miei pensieri andavano alla famiglia, ai figli. E' una situazione molto complessa e merita una soluzione.

Signor Desplat, come ha lavorato alla musica, molto importante in un film del genere per tenere la tensione? Anche le scene più semplici diventano molto inquietanti con il suo accompagnamento.

Alexandre Desplat: E' la magia della musica, che è capace di far accadere queste cose. Se pensa a Chinatown, per esempio, la relazione tra immagini e musica è molto forte ed è così in tutti i film di Roman. Per tornare a quanto detto prima, essere nella stessa stanza con lui cambia le proprie potenzialità, perchè da lui proviene un'energia vibrante che ti permette di far meglio di quanto tu pensi di poter fare. Con lui ho realizzato cose che non pensavo di poter fare, ma evidentemente lui sapeva che avrei potuto. Tornando alla domanda, sì, sono d'accordo che la musica è fondamentale per tenere alta la tensione.

Signor Harris, quanto il personaggio del ghost writer le è vicino come scrittore? Robert Harris: Spero non sia così vicino a me come scrittore e spero di avere un destino migliore del suo. Prima di tutto vorrei aggiungere che sono d'accordo sulle qualità dello score di Alexandre e che sia fantastico e che sottolinei i momenti del film, come in alcuni film di Hitchcock come La finestra sul cortile ed Intrigo internazionale.
Tornando alla domanda, non vorrei essere un ghost writer, non riesco a pensare qualcosa di peggio. Mi piaceva l'idea di questo tipo di personaggio e molti amici mi hanno dato consigli su aspetti del personaggi, ma soprattutto mi piaceva l'idea del dilemma etico, di come comportarsi nei confronti del cliente, di cosa fare nel caso di menzogne da parte sua. Questa idea mi è stata in testa per 15 anni, l'idea di rappresentare questo tipo di rapporto lavorativo e di un ghost writer che si imbatte in dei segreti, ma ho aspettato molto tempo per trovare le giuste circostanze per poterla realizzare, fino al 2006, quando ho sentito della possibilità di un procedimento nei confronti di Tony Blair.

Signor Harris, come mai lei e Roman Polaski avete voluto realizzare il film? Trova che ci siano temi che sembrano richiamare La nona porta? Robert Harris: L'idea è venuta fuori all'improvviso nel 2007, quando mi chiese se volessi fare Pompei. Mi contattò perchè dopo Oliver Twist aveva intenzione di realizzare un thriller e mi chiese a cosa stessi lavorando. Io gli dissi di una storia su un ghost writer e lui: "Che idea noiosa!" Poi gli ho mandato il romanzo e lui si è subito esaltato, dicendomi "Hai ragione, facciamolo! E' Chandler!" Era esattamente quello che voleva fare, un altro film sul tipo di Chinatown, voleva raccontare una storia e gli piace il potere narrativo di un thriller. E' un campo in cui è magnifico lavorare con lui, perchè ti permette di esplorare temi che non si riescono ad affrontare allo stesso modo in film più realistici.

Signor Harris, come questo film riflette la situazione politica di oggi? Robert Harris: Si tratta di una esperienza strana, perchè il film è stato scritto nel 2007 e da allora la situazione mondiale ha preso pieghe che lo hanno reso quasi un documentario piuttosto che un'opera di fantasia. Molti dei temi che tocchiamo sono venuti fuori come realmente accaduti ed in qualche modo abbiamo anticipato quello che stava per accadere.

Signor Brosnan, dopo James Bond ha fatto molti ruoli dark, alla Machbeth: è stato per allontanarsi dal ruolo di 007? Pierce Brosnan: Non sento il bisogno di allontanarmi dal ruolo di Bond, anzi sarò sempre grato di aver avuto l'opportunità di interpretare quel ruolo. Mi ha dato l'opportunità di realizzare miei progetti e metter su una mia compagnia per produrre miei film. E' un altro passo della mia carriera ed ora mi guardo indietro e cerco di capire che direzione prendere, se tornare al teatro per esempio. E' un periodo fertile e me lo sto godendo.

Harris, Molti suoi libri trattano il tema della caduta degli imperi, da Fatherland a Pompei. Questo film può rappresentare il declino dell'impero occidentale? Robert Harris: Per me uno dei fantasmi del film è proprio il primo ministro ed un altro è la Gran Bretagna come paese indipendente, come paese che rappresenta da solo i propri interessi. Quindi per me ha perfettamente senso, perchè parla di un ex primo ministro che vive come ospite negli USA, e tutto ciò che scrivo è politico e questi temi sono presenti sia nel libro che nella sceneggiatura.