Il tatuatore di Auschwitz, la recensione: l’amore ai tempi dell’olocausto

La recensione de Il tatuatore di Auschwitz, la nuova serie Sky Original con Harvey Keitel e Melanie Lynskey dall'omonimo romanzo bestseller, ogni venerdì in streaming su NOW.

Il tatuatore di Auschwitz, la recensione: l’amore ai tempi dell’olocausto

In tutto questo inferno abbiamo solo due scelte: quella infelice e quella peggiore.

Può un amore nascere in uno dei luoghi e dei momenti più bui della Storia? Cosa si è disposti a fare per sopravvivere? Sono queste le due domande principali che ci porremo nella recensione de Il tatuatore di Auschwitz, la serie che prova a raccontare un nuovo punto di vista sull'Olocausto, ogni venerdì con due episodi per tre settimane dal 10 maggio, in esclusiva su Sky Atlantic e in streaming solo su NOW. Un cast d'eccezione e un racconto diviso su due piani temporali sono le principali caratteristiche della miniserie in cui ci addentriamo per capirne luce e buio, proprio come dei tempi difficili che racconta.

Una trama ad Auschwitz

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Harvey Keitel e Melanie Lynskey in una scena

La trama de Il tatuatore di Auschwitz viene direttamente dall'omonimo bestseller internazionale di Heather Morris (edito in Italia da Garzanti). Lali (Jonah Hauer-King) è un ebreo slovacco che, nel 1942, viene deportato ad Auschwitz, il campo di concentramento più celebre della Storia per il record di uccisioni - più di un milione di ebrei. Poco dopo l'arrivo, Lali diventa uno dei Tätowierer (tatuatori), incaricato di marchiare i compagni di prigionia con i numeri di identificazione. Un giorno quell'incubo diventa un po' meno oscuro grazie all'incontro con Gita (Hanna Próchniak), una ragazza appena arrivata al campo con cui scatta un colpo di fulmine reciproco. Da quel momento in poi, i due faranno in modo di passare il più possibile del tempo insieme, complice l'aiuto altalenante di un instabile ufficiale nazista delle SS, Stefan Baretzki (Jonas Nay), soprattutto per riuscire a sopravvivere mentalmente oltre che fisicamente a quell'orrore. 60 anni dopo, un Lali anziano e provato (Harvey Keitel), rimasto vedovo da poco, incontra l'aspirante scrittrice Heather Morris (Melanie Lynskey) e trova il coraggio di raccontare alla donna (e quindi al mondo) la sua storia.

I demoni del passato

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Il tatuatore di Auschwitz: Jonah Hauer-King interpreta Lali da giovane

Il tatuatore di Auschwitz si interroga soprattutto sui demoni del passato, del protagonista come di tutti noi, che non ci abbandonano mai del tutto. L'uomo, arrivato quasi alla fine della propria vita, si ritrova a fare un bilancio come spesso accade in quei momenti e questo lo porta a rivivere attraverso l'intervista con la Morris non solamente l'orrore di quegli anni, ma anche e soprattutto i propri sensi di colpa e i propri demoni interiori.

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Una scena della serie disponibile su Sky e in streaming su NOW

La scelta narrativa della creatrice Jacquelin Perske insieme ai co-sceneggiatori Evan Placey e Gabbie Asher, e visiva da parte della regista Tali Shalom-Ezer, è quella di raccontare questo conflitto attraverso i flashback che inframezzano il racconto e divengono ricordi dolorosi; parallelamente Lali deve affrontare i fantasmi del passato con i quali si ritrova a parlare da vecchio nella propria casa. Come se non l'avessero mai lasciato per davvero, soprattutto ora che la moglie non c'è più. Una scelta che, come altre, rende la miniserie estremamente classica (ma valida) pur volendo raccontare un punto di vista nuovo sull'Olocausto. Questo perché i tatuatori avevano dei vantaggi: non dormivano nei tendoni insieme agli altri, rischiavano comunque la morte ogni secondo di ogni giorno, ma allo stesso tempo erano considerati collaborazionisti dai loro compagni di sventura. Si trovavano quindi in una sorta di limbo.

Il tatuatore di Auschwitz: tutto quello che sappiamo sulla serie

Dilemma interiore

Non c'è amore qui, solo odio e dolore.

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I protagonisti in una scena della serie Il tatuatore di Auschwitz

Da qui nasce il dilemma al centro della serie: cosa si è disposti a fare per sopravvivere in certe situazioni estreme? Cosa si è disposti a sacrificare, quale onore ed etica si riescono a saltare per salvare la propria pelle? La ricostruzione storica dei flashback, fotografia compresa, è davvero encomiabile e restituisce tutto il dramma vissuto dagli ebrei in quegli anni nefasti, mentre a scricchiolare sono le sequenze nel presente, con un Harvey Keitel quasi irriconoscibile e con poco carisma, quasi imbolsito, mentre l'acconciatura di Melanie Lynskey lascia più di qualche dubbio nel voler assomigliare alla Morris.

Anche la colonna sonora, a cura nientemeno che del Maestro Hans Zimmer insieme a Kara Talve, con un brano originale di Barbra Streisand (la sua prima volta per una serie tv), sembra essere fin troppo solenne e classica, a volte invasiva o ruffiana, nonostante abbia il compito di raccontare in musica la delicatezza della tematica al centro del racconto. Così come la storia d'amore di Lali e Gita - che però lascia velocemente spazio al resto. È interessante però in questo senso il parallelismo del senso di colpa messo in scena da Melanie Lynskey rispetto ai "piccoli conflitti" della sua vita rispetto a quanto vissuto dal personaggio interpretato da Keitel, che ci ricordano quanto spesso cadiamo nel tranello del paragone.

Conclusioni

Alla fine della recensione de Il tatuatore di Auschwitz non possiamo bocciare la miniserie non solo per la delicatezza del tema affrontato ma soprattutto per i dilemmi etici ed esistenziali che porta con sé - come quello del senso di colpa, molto attuale - e che portano il pubblico a riflettere su come si sarebbe comportato al posto del protagonista in quella situazione impossibile. La ricostruzione storica con la sua fotografia risulta ottima, meno (paradossalmente) le sequenze ambientate in tempi più recenti. La colonna sonora un po’ ruffiana e ingombrante così come la scrittura a volte troppo solenne rende la narrazione un po’ ostica, ma comunque meritevole di attenzione e visione.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Jonah Hauer-King, su di lui si poggia l’intera miniserie.
  • Le tematiche affrontate attraverso l’Olocausto: sopravvivenza, senso di colpa.
  • La resa visiva dei flashback, fotografia compresa…

Cosa non va

  • …meno le sequenze moderne.
  • La parrucca di Melanie Lynskey.
  • Rimane una miniserie classica nonostante voglia provare a cambiare prospettiva su un racconto abusato.