Zodiaco - Il libro perduto: presentata la nuova miniserie Rai

La fiction mistery/thriller che segue l'originale Zodiaco, pronta dal 2010 ma giunta solo ora sui teleschermi, è stata presentata in conferenza stampa dal cast tecnico e artistico e dal produttore Luca Barbareschi.

Sono passati ormai quattro anni dalla messa in onda, su RaiDue, della miniserie thriller/mistery Zodiaco, remake italiano, firmato da Eros Puglielli, della fiction francese Zodiaque; eppure, quest'atteso sequel, in cui vediamo confermati parte del cast, ma soprattutto tematiche e atmosfere, dell'originale, era di fatto pronto dal 2010, già presentato con successo (e premiato per la sceneggiatura) nell'edizione di quell'anno del RomaFictionFest. Scelte di palinsesto, in parte dettate da ragioni economiche, hanno spinto la Rai a tenere nel cassetto per due anni questo Zodiaco - Il libro perduto (che andrà in onda sul secondo canale Rai, in quattro episodi con cadenza settimanale, a partire da mercoledì 11 aprile) in cui ritroviamo la famiglia "maledetta" dei Santandrea e il serial killer che uccide ispirandosi alle quartine di Nostradamus, in una storia che ha però al centro un nuovo setting: un misterioso collegio, legato a doppio filo alla storia della famiglia e alla vita del noto profeta, luogo oscuro e pericoloso intorno al quale si addensano i sospetti per un nuovo omicidio e nel quale sembra operare una crudele setta.
Temi decisamente dark e inusuali per la fiction italiana, sviluppati in un prodotto suggestivo e visivamente molto curato, che rimanda al passato del nostro cinema di genere, ma anche a molta televisione, degli anni '60 e '70. Proprio di questa miniserie, dei suoi temi e della novità che rappresenta per i palinsesti delle reti generaliste nostrane, hanno parlato il produttore Luca Barbareschi, il regista Tonino Zangardi (che subentra a Puglielli), la sceneggiatrice Silvia Napolitano, la responsabile di Rai Fiction Paola Masini e gli attori Sergio Assisi, Magdalena Grochowska e Andrea Bosca, in una interessante conferenza stampa svoltasi nell'insolita cornice della Biblioteca Nazionale di Roma.
Un incontro che è stato introdotto dal direttore della Biblioteca stessa, Osvaldo Avallone, che ha voluto mostrare il libro perduto di Nostradamus di cui si parla nella storia, custodito proprio nei locali della Biblioteca e (caso unico tra le opere ivi presenti) non riproducibile. "Sul libro, tempo fa, fu fatta una trasmissione, in cui questo veniva usato come pretesto per comunicare, in modo del tutto arbitrario, conclusioni attribuite a Nostradamus e collegate al 2012 e alla fine del mondo", ha detto Avallone. "E' stata una mia decisione quella di proibirne la riproduzione, perché ritengo ci sia un pericolo sociale dietro all'uso improprio del libro: ci sono giunte infatti decine di richieste di riproduzione per motivi non chiari, che avrebbero probabilmente portato a studi realizzati sulla falsariga della suddetta trasmissione. Eppure, basta sfogliare il libro per capire che, in sé, non contiene assolutamente nulla di pericoloso".

Quali sono state le motivazioni di questa scelta di genere?
Paola Masini: Il nostro è un giallo esoterico, un prodotto di genere che ha però una trama complessa, che racconta una storia sfaccettata e ricca. La storia segue a distanza di tempo la prima edizione del 2008, ma la serie fu messa allo studio fin dal 2005. All'epoca eravamo alla ricerca di generi, se non nuovi, comunque trascurati dalla fiction italiana; lo spunto ci venne da una produzione francese, trasmessa dalla TF1, intitolata Zodiaque. Cinque-sei anni fa questa idea fu una grande novità, visto che era da una trentina d'anni che la TV, il cinema e la narrativa italiana avevano accantonato generi come giallo e paranormale. Eppure, ciò si pone in contraddizione con la nostra storia: negli anni '60 e '70, sceneggiati come Belfagor, Il segno del comando e L'amaro caso della Baronessa di Carini ebbero un grande successo di pubblico, ma soprattutto lasciarono il segno nell'immaginario collettivo. Riprendere il filo interrotto di questo genere è stato importante: privarsi di alcuni generi, per la nostra fiction, equivarrebbe a privarsi della varietà di offerta, e poi raccontare il mistero è anche un modo di stare nella contemporaneità. Di fronte allo smarrimento dei tempi, l'uomo contemporaneo dimostra la volontà di abbracciare l'ignoto. Inoltre, questo è un racconto classico come quello della prima serie, ma è più moderno perché si svolge tra i giovani, in un collegio destinato ai rampolli della classe ricca, nel quale si è radicata una setta che manipola la volontà. E' una storia che attecchisce nella realtà italiana, quindi, che presenta questa piaga sociale. C'è anche una profondità di racconto, visto che i personaggi hanno una grande umanità, ci sono personaggi feriti, portatori di segreti nella propria anima.
Luca Barbareschi: La nostra linea, quella della Casanova, è sempre stata quella di proporre prodotti che coniugano fiction e temi sociali; questa serie tocca il tema del plagio e delle sette, una piaga che crea migliaia di vittime portando a vere e proprie tragedie familiari. E' un prodotto che arriva un po' tardi, visto che purtroppo la crisi economica ha spinto la Rai a posticiparlo; senza polemica, dico che qui in Italia sarebbe importante porre maggiormente l'accento sui contenuti: ciò succede in tutto il resto del mondo, ma non da noi. Lo spettacolo è un'industria, ed è questo che molti non capiscono.
Zangardi, per lei che viene dal cinema, e non aveva mai affrontato il genere giallo esoterico, è stata una scommessa misurarsi con una fiction con questi temi?
Tonino Zangardi: Sì, per me questa è stata la prima grande fiction, e inoltre era un prodotto complesso: per lo sviluppo della trama, visto che trattava un genere per me nuovo, e per la difficoltà di realizzare una storia che era ambientata tra Torino e Praga. Lassù abbiamo girato in condizioni molto dure, c'erano 20 gradi sotto zero, e sia lì che a Torino eravamo sempre sotto la neve. Il contesto era difficile. Ho voluto da una parte creare la tensione tipica del giallo, e dall'altra lavorare molto con gli attori sui personaggi; ormai non trovo molta differenza tra cinema e fiction, anzi, trovo che forse quest'ultima, in questo periodo, sia migliore. Se i risultati di questa miniserie saranno positivi, la Rai potrà essere portata a investire ancora su storie più sperimentali e difficili.

Sergio Assisi, anche per lei, che è noto come attore di commedie, si tratta di un genere piuttosto insolito...
Sergio Assisi: In realtà io non ho fatto solo commedie: anzi, ho al mio attivo molti ruoli da cattivo, nonostante si pensi forse che i napoletani siano più portati per la commedia. Noi, in genere, siamo molto esterofili, e questa fiction può essere tranquillamente assimilata a quelle americane, alle quali non ha niente da invidiare.

Grochowska, che effetto le ha fatto lavorare in un prodotto con queste tematiche?
Magdalena Grochowska: Io, di gialli ne leggo almeno tre a settimana da molti anni; sono molto felice, quindi, di interpretare un ruolo così simile ai personaggi di quelle storie. Trovo che questo, in particolare, sia un giallo gentile, reso molto delicato dalla regia di Tonino: è scritto bene, e poi c'è la presenza costante della neve che è parte integrante della storia.

Bosca, per lei è stato difficile, dopo anni, tornare a interpretare il personaggio di Zodiaco?
Andrea Bosca: Non molto: mi sono affidato alle cure di Tonino Zangardi, e così abbiamo riportato in vita un personaggio complesso, lontano dal carattere sia mio che suo. Lo considero un personaggio ispirato, più che a esperienze reali, a immagini dei sogni, o ad alcune cose che dipingevo.

C'è un futuro in televisione per storie del genere? Silvia Napolitano: Spero proprio di sì: anzi, noi stiamo ricominciando proprio adesso, dopo tre decenni, a proporre questo tipo di storie. Il genere sta riprendendo piede, visto che il pubblico ora è spettatore di serie americane che vanno proprio in questa direzione, e che magari connettono il giallo con altri generi. Io amo questo genere anche per la sua possibilità di raccontare storie complesse, dense, non lo ritengo solo una macchinetta che tiene incollati alla sedia; la nostra, in particolare, è una trama abbastanza complessa. Spero che il futuro possa significare una maggiore familiarità degli sceneggiatori con questo tipo di storie, visto che da trent'anni questo genere si era praticamente bloccato. E' importante anche che in Rai ci sia una diversificazione e una pluralità di generi e di prodotti.

Paola Masini: In conseguenza della crisi, per diverso tempo la Rai si è ridotta a lavorare solo sulla rete ammiraglia. Questo va superato, visto che c'è la necessità di diversificare il pubblico; lavorando su reti diverse per pubblici diversi, e sfruttando anche i canali tematici del digitale.
Luca Barbareschi: Si parla spesso di ascolti, ma vorrei ricordare che la HBO, il network americano a cui io mi ispiro, quando fa un grande ascolto arriva a 10 milioni di spettatori, ovvero il 2,5% di share; e di questo risultato loro sono contenti, perché il bacino di utenza su cui lavorano è settoriale. La Rai ha il diritto e il dovere di proporre prodotti per pubblici più ristretti, visto il suo ruolo di servizio pubblico. Il risultato di 6 milioni e mezzo di spettatori per una fiction come Walter Chiari - Fino all'ultima risata, e di 4 milioni per Nero Wolfe, sono ottimi riscontri, visto che si tratta di prodotti più complessi, non destinati automaticamente a un pubblico di massa.