Once Upon a Time: 'Lost' in reality

Sembrano intriganti le premesse poste da questo pilot presentato al Roma Fiction Fest dagli ex sceneggiatori di Lost Adam Horowitz ed Edward Kitsis.

Emma Swan è un'anima solitaria. Donna pratica, indipendente, freddamente dedita al suo lavoro di recupero crediti, Emma ha 28 anni, nessun legame e apparentemente nessuna voglia di averne: forse la sua freddezza nasconde però un dolore, forse dietro a quella candelina spenta da sola, nello spazio troppo grande del suo appartamento, c'è una storia che vuole essere raccontata. Forse quel desiderio (in)espresso al momento di soffiare potrebbe inaspettatamente realizzarsi? Le cose, in effetti, per Emma iniziano a cambiare proprio nel giorno del suo ventottesimo compleanno. Alla sua porta si presenta infatti, all'improvviso, Henry, 10 anni e una rivelazione sconvolgente: il ragazzino è il figlio che Emma aveva dato in adozione anni prima, che è riuscito a ritrovarla dopo una lunga ricerca. Ma c'è di più: Henry, che porta con sé uno strano libro, racconta a sua madre la storia bizzarra per cui lei sarebbe in realtà la figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro, inviata dai suoi genitori nel nostro mondo dopo che la malvagia Strega aveva mandato una maledizione sul mondo delle fiabe, fermando il tempo e distruggendo la memoria dei suoi personaggi; questi si ritroverebbero ora bloccati, senza ricordare la propria identità, in una sorta di limbo sito in una piccola cittadina del New England, quella in cui il ragazzino vive attualmente. Emma, scossa dall'incontro con quel ragazzo dalla fantasia evidentemente troppo fervida, decide di riaccompagnarlo a casa e di lasciarlo ai suoi genitori adottivi, per poi dimenticarsene completamente; ma, quando giunge nella cittadina di Storybrooke, quella che trova è in effetti un'atmosfera strana, che pare davvero sospesa nel tempo. Inoltre, la madre adottiva di Henry si dimostra fredda e ostile, ed Emma inizia inaspettatamente a sentire davvero un legame per quel figlio dimenticato.


Dopo un successo planetario, benché segnato da infinite discussioni e critiche per come la serie è stata portata avanti negli anni, come quello di Lost, gli sceneggiatori Adam Horowitz ed Edward Kitsis mostrano una buona dose di coraggio per il loro nuovo progetto, con un'operazione che si presenta, sulla carta, come ad alto rischio. Un soggetto come quello di questo Once Upon a Time, infatti, si prestava molto facilmente ai rischi del già visto e della comicità involontaria, andando ad affrontare in modo diretto un universo, come quello delle fiabe, su cui molto si è già detto, visto, girato e rielaborato. Negli ultimi anni, dalla smitizzazione citazionistica dei vari Shrek alle varianti sul tema di film come Cappuccetto Rosso Sangue e dei prossimi Snow White and The Huntsman e The Brothers Grimm: Snow White, il cinema ha infatti mostrato un notevole ritorno di interesse per personaggi ed archetipi fiabeschi; ma un linguaggio come quello televisivo, in special modo quello delle moderne serie tv americane, vuole necessariamente un sovrappiù di originalità che renda freschi, ed appetibili, quegli stessi archetipi per il suo pubblico, e un mood che conferisca in qualche modo un elemento di credibilità a storie originariamente create a semplice scopo di evasione. L'esperienza di Game of Thrones - Il trono di spade, con la rielaborazione in chiave realistica di un genere fortemente codificato come il fantasy, in questo senso insegna: ma applicare un concetto del genere a personaggi direttamente tratti dalle fiabe, e costruire intorno a loro un intreccio che regga la prova della serialità e incontri i gusti del pubblico, è ovviamente un'impresa ancora più ardua.

A giudicare da quanto abbiamo potuto vedere nel primo episodio, presentato in anteprima nella quinta edizione del Roma Fiction Fest, i due sceneggiatori hanno fatto un grosso sforzo per mantenere un equilibrio (e un'integrazione) tra la rappresentazione immaginifica del mondo fiabesco, narrato comunque col rispetto di personaggi, luoghi e atmosfere che lo caratterizzano, e la credibilità di un intreccio che è in buona parte contemporaneo. L'episodio si presenta subito con un'alternanza di piani spaziali e temporali che non lasciano dubbio sulla realtà di ciò che ci viene raccontato: quelli del piccolo Henry non sono sogni, gli inserti ambientati nel mondo delle fiabe non sono la semplice visualizzazione delle sue fantasie, e la cittadina di Storebrooke non è una semplice città di provincia del New England. L'idea di base, e soprattutto il tema del libro da cui la storia prende le mosse, possono ricordare un classico del fantasy anni '80 come La storia infinita, ma qui il concept è decisamente più adulto: quello di Emma è un personaggio a tutto tondo, il suo passato è quello di un abbandono familiare impregnato di dolore, e i toni con cui viene raccontata la storia di Henry sono improntati a un realismo senza mezze misure. La credibilità dei personaggi, e la facilità dell'identificazione e dell'empatia con essi, sembrano essere i punti di forza principali di questa nuova serie, insieme a una notevole cura nella confezione: le sontuose scenografie, e la buona qualità della regia di questo pilot, tradiscono la voglia dei creatori della serie di offrire al pubblico un prodotto che sia non solo originale, ma anche di impatto "cinematografico" nella concezione e nell'estetica. Se, forse, le basi non sono quelle di un nuovo Lost (comunque citato esplicitamente in una scena, di cui non riveliamo i dettagli) questo Once Upon a Time sembra avere decisamente le carte in regola per ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel nuovo palinsesto ABC, e forse per coinvolgere un bacino di spettatori che vada oltre il pubblico "naturale" del genere a cui appartiene.