In Treatment, versione made in Italy secondo Sergio Castellitto

Sergio Castellitto racconta la versione made in Italy di In Treatment, su Sky Cinema dal 1 Aprile, assieme al creatore della serie originale israeliana, Hagai Levi, e al cast stellare.

"Non chiamatelo remake: ogni adattamento di una serie originale ha vita propria ed è qualcosa di nuovo". A fugare ogni dubbio sulla natura della versione italiana di In Treatment ci pensa Hagai Levi, il creatore di BeTipul, telefilm israeliano a cui si ispira la serie di Sky e gli altri dodici adattamenti in giro per il mondo, compreso quello a stelle e strisce targato HBO con Gabriel Byrne.
In onda dal 1° aprile su Sky Cinema 1 HD (da lunedì a venerdì alle 20.30, una seduta psicoanalitica al giorno), la rivisitazione con Sergio Castellitto come protagonista nel ruolo del terapeuta Giovanni Mari è diretta da Saverio Costanzo, prodotta da Sky Cinema HD (come racconta il vicepresidente Andrea Scrosati) in collaborazione con LA 7 (che la manderà in onda nei prossimi mesi) e realizzata da Wildside di Lorenzo Mieli.
Il cast dei pazienti comprende Kasia Smutniak (Sara), Guido Caprino (Dario), l'esordiente Irene Casagrande (Alice), Barbora Bobulova (Lea) e Adriano Giannini (Pietro). Valeria Golino interpreta Eleonora, la moglie di Giovanni mentre Valeria Bruni Tedeschi dà il volto a Irene, la madre di Alice. Licia Maglietta è Anna, la supervisor del dottor Mari.

Quali sono i segreti di un buon adattamento? Hagai Levi: Si possono sintetizzare in tre elementi. Innanzitutto il cast: in Italia c'è il migliore che abbia mai visto (e non lo dico perché sono di origini italiane e i miei parenti vivono ancora qui). Poi l'adattamento: non ho mai lavorato tanto a contatto con gli sceneggiatori di una versione straniera come in questo caso. Infine la regia: il prodotto di Saverio Costanzo meriterebbe di essere proiettato su grande schermo. Secondo me il racconto di In Treatment scava talmente a fondo nei traumi e nel dramma del genere umano che va al di là delle specifiche situazioni nazionali e si può adattare ai vari contesti, come nel caso del soldato di BeTipul che invece in Italia diventa un carabiniere.
Saverio Costanzo: Rispettare il format originale è stato una sfida. Perché cambiare un prodotto così bello? Lo abbiamo rifatto ma, se possibile, cercando di renderlo ancora migliore.
Sergio Castellitto: Ci è riuscito: ha avuto una straordinaria fantasia nell'obbedire al format. E di questo prodotto c'è da andarne fieri! Per me è un carosello notturno e non vedo l'ora di capire come reagiranno i miei figli davanti alla visione...

Cosa ha rappresentato per te In Treatment? Sergio Castellitto: Nella serie ci sono cinque segreti, che ripercorrono il passato dei protagonisti e i conflitti riguardo al sesso o alla morte: questi argomenti interessano tutti. E Mari è il trionfo del piano d'ascolto: si ha l'impressione di stare davanti allo specchio o ad una finestra aperta.

A quale dei suoi pazienti ti sei legato di più? Sergio Castellitto: Secondo me la colonna emozionale del telefilm è Alice, la dolcissima teppista che rappresenta la scommessa più interessante dal punto di vista umano. Questa ragazzina scardina la protezione da medico che indossa Mari. È la più pericolosa e innovativa. Gli altri personaggi rivivono i traumi e il dolore del passato: lei, invece, sta vivendo la fase di passaggio dall'adolescenza all'età adulta (quest'ultimo è un momento della vita decisamente più noioso).

Come descrivono invece i "pazienti" quest'esperienza? Kasia Smutniak: Sembrava di stare alla prima a teatro e non di rado spuntava un'emozione fuori programma, persino nel momento sbagliato. È stata un'esperienza intensa e difficile...
Guido Caprino: Abbiamo fatto moltissime prove, ma sono state anche divertenti, perché dovevamo far emergere gli stati d'animo più profondi.
Adriano Giannini: Più che sette puntate, sembravano 7 piece teatrali. Di solito sul set in una giornata giri al massimo 20 minuti, in questo caso il tempo effettivo di recitazione arrivava a 4-5 ore. Dopo lo stop in una situazione tradizionale torno a casa e penso ad altro. Con In Treatment non è successo: le sedute mi sono rimaste dentro perché la lunghezza dei ciak ha favorito l'immedesimazione e ha accompagnato l'interpretazione.
Barbora Bobulova: Nelle prove c'era già un tale lavoro emotivo che avevo paura di non riuscire a ricrearlo sul set, invece è successo e quelle emozioni sono tornate.
Irene Casagrande: Io sono alla mia prima esperienza, quindi non so se è stato più o meno pesante del solito. Quello che ho capito è che questo testo offre già un'analisi e viene spontaneo immergervisi.

Qual è la novità che questa serie porta nella panoramica italiana? Lorenzo Mieli: Questo è il prodotto più cinematografico mai fatto in Italia per la TV finora. Magari si organizzassero delle maratone notturne di In Treatment nei cinema!
Andrea Scrosati: Qui siamo di fronte ad un esempio perfetto del contributo che Sky può dare al cinema, anche se la messa in onda è televisiva. Si raggiunge un livello di sofisticazione altissimo, dove non c'è un'azione fisica, ma si basa tutto sul dialogo. La possibilità di vedere ogni lunedì le puntate dell'intera settimana permette una visione personalizzata, che è il futuro della TV. Uno dei beni più preziosi oggi è il tempo libero. Se hai un'ora di relax, vuoi scegliere cosa guardare e non adattarti a quello che altri hanno deciso per te. Questo sistema regala un grande contributo alla qualità della nostra vita.