Il destino del maestro di spada: presentata la nuova serie TV cinese

Nell'ambito del Roma Fiction Fest, i responsabili del canale satellitare Babel hanno presentato la serie di produzione cinese, la prima proveniente da quel paese ad approdare in Italia.

Sarà una sorta di evento, la trasmissione italiana de Il destino del maestro di spada. Quella presentata oggi al Roma Fiction Fest sarà infatti la prima serie televisiva cinese ad approdare sui nostri teleschermi, dal 16 novembre e in seguito per ogni mercoledì, sul canale di Sky, dedicato ai cosiddetti "nuovi italiani", Babel. Una serie che mescola il genere cyberpunk di derivazione occidentale (che occhieggia ai mondi virtuali di modelli cinematografici come Matrix, eXistenZ e il recente Avatar) con la tradizione cinese del wuxiapian, genere che ormai, nel suo paese di origine, si è in larga parte spostato sul piccolo schermo. Dopo la proiezione per i giornalisti presenti al festival romano del primo episodio della serie, che pone le basi per l'interessante intreccio, si è tenuto un incontro stampa con i responsabili dell'emittente Luca Artesi (Managing Director) e Beatrice Coletti (Direttrice), oltre al presidente onorario di Associna Marco Wong e alla portavoce dell'Ambasciata Cinese a Roma Yang Yenye.

Il primo a prendere la parola è stato Artesi, che ha così spiegato l'apertura dell'emittente alla Cina e a un prodotto popolare proveniente da quel mercato: "Babel è un progetto che va in onda da meno di un anno, siamo partiti subito con una programmazione in italiano e in lingua originale sottotitolata, e coprivamo le principali comunità straniere stabilitesi in Italia; per la Cina abbiamo preferito aspettare, visto che è la quarta comunità per numero di residenti nel nostro paese, e parliamo di una lingua diversa e di una cultura millenaria. Abbiamo dovuto studiare molto prima di iniziare. Il nostro è comunque un canale di intrattenimento, volevamo colmare un vuoto nella programmazione italiana, visto che l'immigrazione è trattata spesso dal punto di vista dell'emergenza ma quasi mai dell'incontro e dello scambio. C'è un interesse trasversale per il canale, sia da parte dei "nuovi" italiani che dagli italiani di sempre. Attualmente il canele non è in Auditel, visto che l'Auditel, basandosi sulle schede elettorali, attualmente solo gli spettatori italiani."
Yang Yenye è poi intervenuta parlando dell'intrattenimento televisivo nel suo paese: "Pochi lo sanno, ma la Cina è la prima produttrice mondiale di fiction televisiva. Da noi ci sono 4000 canali, si producono 500 serie tv in un anno con un milione di spettatori complessivi. Mi congratulo con Babel, che ha avuto il coraggio e la lungimiranza di introdurre una serie come questa. Io vivo in Italia da 10 anni, e ho impressione che il pubblico cinese conosca l'occidente meglio di quanto gli occidentali conoscano la Cina. Abbiamo bisogno di comprensione reciproca, viviamo in un mondo globalizzato, e possiamo usare la televisione come mezzo per costruire una comunità multietnica basata sul rispetto dell'identità degli altri. Oggi è l'inizio di uno scambio televisivo tra i nostri due paesi, e spero che la cosa continui, anche con la messa in onda di serie italiane in Cina."

##Avete in cantiere altre serie di produzione cinese?## Beatrice Coletti: Questa serie è la punta di diamante della programmazione di novembre, ma fa parte di un discorso più ampio. Abbiamo seguito gli eventi dell'anno culturale cinese e continueremo a seguirlo, siamo in trattative con l'Accademia di Cultura Cinematografica Cinese, lì abbiamo visto dei bei cortometraggi realizzati dagli studenti e speriamo di poterli mettere in onda già da novembre.

Wong, qual è l'importanza di un focus specifico sulla Cina?

Marco Wong: E' un'iniziativa meritoria perché aumenta la conoscenza, e quindi l'integrazione sociale, cosa che tutti noi auspichiamo. Può servire a far conoscere meglio la comunità cinese in Italia, che è una comunità un po' diversa da altre perché caratterizzata da una forte imprenditorialità. Lo scopo dei cinesi che emigrano è quello di diventare padroni del proprio destino. Gli immigrati cinesi sono anche "ambasciatori", sono la prima immagine che gli italiani incontrano della Cina. Il tema delle arti marziali, poi, è stato forse l'ambasciatore più efficace che c'è stato finora, tutti erano affascinati dai film di Bruce Lee appena sono arrivati in Italia, e interessandosi alle arti marziali molti hanno finito per conoscere meglio anche la Cina. Attraverso un sano intrattenimento si può far emergere meglio tanti altri aspetti culturali della Cina.

Cosa potete dirci sulla scelta di questa serie in particolare?

Beatrice Coletti: quando abbiamo incontrato i responsabili della tv di stato cinese ci siamo subito innamorati di questa serie, sembra un prodotto dedicato ai teenager ma in realtà c'è molto di più: c'è un discorso storico portato avanti attraverso il viaggio nel tempo, c'è la Cina del futuro, che è vicina a quella contemporanea, ma anche quella del passato, del periodo Tang. La serie è costata 6 milioni e mezzo di dollari per 33 puntate, un budget ragguardevole, e inoltre i due attori principali sono delle star della tv cinese. Pensiamo sia un prodotto in grado di soddisfare palati diversi.


##Che feedback avete avuto, finora, dai vostri telespettatori?## Luca Artesi: Il nostro è un pubblico trasversale, tendenzialmente giovane (dai 25 ai 55 anni), metà maschile e metà femminile, che gradisce guardare un po' tutto: serie, documentari, magazine, ecc. Ma parliamo comunque di un pubblico trasversale, composto sia da immigrati delle comunità di origine che da italiani. E' un'opportunità unica per le persone più aperte mentalmente, che vogliano sapere di più su culture diverse dalla nostra.

Si parla di ponte tra due culture, di scambio culturale. Quanto, però, la Cina sarebbe disposta a ricevere i nostri prodotti? Yang Yenye: La Cina è aperta a tutti ormai da 30 anni, e soprattutto agli italiani. L'Italia da noi è famosa per la sua creatività, per i suoi marchi e il design. Lo ripeto, noi in genere conosciamo l'occidente meglio di quanto l'occidente conosca noi, ma sono d'accordo che lo scambio, in entrambe le direzioni, sia necessario. Il pubblico cinese comunque è molto curioso, quindi auspico che prodotti televisivi italiani possano approdare anche nel nostro paese.

Beatrice Coletti: Va detto anche che ci sono dei gusti da rispettare. Bisognerebbe capire quale serie italiana possa essere interessante per un pubblico cinese, non solo dal punto di vista dell'arricchimento culturale ma anche da quello dell'intrattenimento.

Eppure la commedia è un genere che in Cina è molto popolare. Potrebbe funzionare, lì, la comicità televisiva italiana?

Yang Yenye: Certo, le serie comiche sono molto amate, dopo una giornata di lavoro tutti vogliono divertirsi, rilassarsi. Le serie italiane potrebbero essere interessanti, e come ambasciata noi potremmo fare la nostra parte nell'ottica di scambio di cui parlavamo.

Avete mai pensato ad entrare nel digitale terrestre? Come si potrebbe risolvere il problema del mancato censimento Auditel?

Luca Artesi: Per ora un ingresso nel digitale terrestre non è nei nostri programmi, visto che il nostro è un progetto voluto da Sky; per il futuro, poi, non si può mai dire. Il problema dell'Auditel per ora persiste, ci hanno detto che stanno lavorando per integrare i dati sugli spettatori italiani con quelli immigrati, speriamo la cosa si possa presto risolvere.

##Qual è la percentuale di "nuovi italiani" abbonati a Sky? Il grosso del pubblico non è composto soprattutto da noi che, facendo zapping, ci fermiamo per curiosità?## Luca Artesi: Ci sono alcune centinaia di migliaia di stranieri abbonati a Sky, ma va ribadito che il canale è visto da entrambi i gruppi, italiani e stranieri.

Nei locali della Chinatown milanese, le tv sono sempre accese e mandano programmi dalla Cina. Quanto potremo vedere, noi, di quella produzione?

Beatrice Coletti: Noi siamo solo all'inizio, porteremo in Italia molto altro, ma dobbiamo comunque puntare su qualcosa che possa piacere anche agli italiani. Devono essere prodotti cinesi che però abbiano anche un'appetibilità per il nostro pubblico.