Fringe: La stagione 4 e l'odissea di Peter

La serie creata da J.J. Abrams torna sugli schermi americani con dei primi episodi che sviluppano il cliffhanger della stagione precedente, focalizzandosi su quanto accaduto a Peter, ma deludono in termini di ascolti.

Non inizia bene il nuovo anno di Fringe: con 3.5 milioni di spettatori per la premiere ed addirittura 3,05 per il secondo episodio, il momentaneo minimo storico per la serie in attesa del sesto episodio che riesce a far peggio, non si può certamente essere soddisfatti, anche per uno show che non ha mai brillato particolarmente dal punto di vista degli spettatori. Una delusione parzialmente mitigata dall'andamento delle settimane successive che è riuscito temporaneamente a riacciuffare almeno i 3,28 milioni del season finale dello scorso maggio.
Ricomincia subito, quindi, il quesito/tormentone classico: sono numeri sufficienti alla Fox per tener viva la serie?
E' da dire che a differenza di altri momenti del recente passato, anche a livello contenutistico i primi episodi della nuova stagione di Fringe lasciano più di qualche dubbio: l'assenza di Peter dopo la sua eliminazione dall'esistenza del finale della stagione 3 non aiuta, perchè cambia l'equilibrio tra i personaggi principali e priva la serie di uno dei suoi protagonisti storici. A poco serve il maggior spazio dato a Seth Gabel anche nel nostro universo e non solo in quello alternativo, perchè non può riempire il vuoto lasciato da Joshua Jackson.


E' naturale che l'assenza del più giovane dei Bishop sia solo temporanea e fin da subito gli autori si sono preoccupati di mettere in scena quel vuoto, mostrandolo nelle piccole reazioni degli altri personaggi, fino alla vera e propria ossessione/paura di Walter, col quale il figlio cerca fin da subito di mettersi in contatto.
Pur trattandosi di un'assenza relativamente breve, che si protrae infatti fino al finale del quarto episodio Subject 9, ma sufficiente perchè l'equilibrio dello show ne sia penalizzato.
Il tema del vuoto lasciato da Peter è, come spesso capita in Fringe, echeggiato dai primi casi di stagione. E' esemplare in tal senso l'episodio Alone in the World e l'atteggiamento di Walter nei confronti del giovane attore invischiato nel caso della settimana, ma anche lo strano rapporto non concretizzato tra Olivia e Lincoln.
Non ci si limita a sensazioni, però: Peter appare eccome, in primo luogo a Walter, come già accennato, facendogli dubitare della propria sanità mentale già di per sè instabile, ma anche nei sogni di Olivia. Ed è proprio nel confronto tra l'agente e lo scienziato che per la prima volta viene fuori che nel fenomeno potrebbe esserci qualcosa di più della semplice follia del Bishop anziano.
Si tratta di spunti che i primi episodi non riescono a sviluppare, macchiandosi di un duplice difetto: da una parte non sono abbastanza da ospitare i classici Monsters of the Week e le reazioni dei personaggi all'assenza di Peter; dall'altra risultano fin troppi in attesa di un ritorno inevitabile per lo spettatore. Il risultato è un ibrido che non riesce a lasciare soddisfatti nè chi attendeva con ansia in ritorno sulla scena di Joshua Jackson, nè chi avrebbe desiderato una maggior analisi del mondo senza il suo personaggio.

Lo stesso rientro in campo di Peter non soddisfa. Non in quanto tale, almeno, non nelle sue interazioni con gli altri che non ricordano della sua esistenza, con la sola eccezione data dai brevi dialoghi con il padre, grazie all'emozione che John Noble riesce a comunicare.
Però resta la curiosità di capire spiegazioni ed implicazioni del suo ritorno. Già abbiamo visto di conseguenza pratiche all'universo che lo ospita (ne sono un esempio i casi di spostamento temporale dell'episodio And Those We Left Behind) e sicuramente ne coglieremo altre in futuro, perchè è uno dei temi portanti della nuova stagione, insieme ai mutaforma potenziati che abbiamo già avuto modo di incontrare più di una volta in questo primo gruppo di puntate autunnali.

Non mancano momenti ben riusciti: proprio And Those We Left Behind (che purtroppo rappresenta il minimo storico della serie in termini di ascolto) riesce ad emozionare con il caso della settimana ed è interessante l'esperimento di collaborazione tra i due universi messo in piedi in One Night in October, tanto da farci chiedere perchè questa possibilità è stata esplorata solo in quell'occasione, quando avrebbe potuto rappresentare un motivo interessante ora che i due mondi sono uniti.
Sarà solo a causa delle difficoltà di lavorare con i doppi di tutti i personaggi principali? Probabile, ma la sensazione è di una conferma di aver portato la storia su un binario che non ha funzionato come ci si era augurati e non ci stupiremmo di assistere ad un drastico cambio di rotta nel prossimo futuro di Fringe.