Mission: Impossible, dalla spy series al grande schermo

Dalla serie televisiva interpretata da Peter Graves al rilancio della storia con Tom Cruise nei panni di Ethan Hunt. L'evoluzione di uno dei franchise d'azione più popolari del cinema.

In principio era Missione impossibile, serie spy creata da Bruce Geller nel 1966 in onda per sette stagioni sulla CBS e poi riproposta per altre due stagione a partire dal 1988 col titolo Il ritorno di missione impossibile. Lo show, il cui sottotesto ammicca alla tensione tra Occidente e Oriente sfociata nella Guerra Fredda, narra le vicende della Impossible Missions Force (IMF), team di agenti segreti addestrati per le missioni più rischiose guidati dall'enigmatico Jim Phelps. Il team, che opera sottocopertura, entra in gioco quando è a rischio la democrazia. Puntata dopo puntata gli agenti sono impegnati a combattere dittatori, organizzazioni terroristiche, signori del crimine e politici corrotti. L'incipit ricorrente diviene ben presto l'elemento di riconoscibilità della serie tanto da essere integrato, con soluzioni creative, anche nei capitoli cinematografici che vedono protagonista la star Tom Cruise. A Jim Phelps, unico membro fisso dell'IMF, viene consegnato un videotape in cui viene illustrata la nuova missione, il tutto accompagnato dalla formula tradizione, divenuta un vero e proprio tormentone tra gli appassionati della serie ("Dovrai decidere se accettare o meno l'incarico. Come sempre, se tu o qualche altro membro della tua squadra doveste essere catturati o uccisi, l'agenzia negherà di essere al corrente dell'operazione. Questo nastro si autodistruggerà entro cinque secondi. Buona fortuna, Jim"), e dalle foto dei membri del team selezionati in virtù delle loro particolari abilità. Tutto questo, unito all'inconfondibile tema musicale composto da Lalo Schifrin su precisa indicazione di Geller e al leitmotiv grafico del fiammifero acceso che dà fuoco a una miccia 'attivando' la missione, ha reso lo show uno dei prodotti più popolari e riconoscibili della storia della televisione.

Il ruolo di Jim Phelps viene affidato al compassato Peter Graves, ma l'attore non è la prima scelta della produzione. In origine il leader dell'IMF è Dan Briggs, interpretato da Steven Hill. L'attore, ebreo ortodosso praticante, impone come clausola nel suo contratto l'interruzione delle riprese ogni venerdì alle 16:00 e per le successive 24 ore, un ostacolo per lo show che, visto il successo crescente, richiedeva la messa in lavorazione di nuovi episodi in tempi ridotti. In aggiunta a ciò Hill si trova a disagio nell'interpretare le scene d'azione previste dal copione tanto che, durante la lavorazione della puntata n. 23 (intitolata proprio Action!), finirà col rinchiudersi in camerino minacciando di non fare ritorno sul set. Di conseguenza l'episodio viene girato daccapo senza di lui - a ricevere il messaggio con le consegne della missione è, in via del tutto eccezionale, Cinnamon Carter - e la sua presenza è ridotta al minimo nelle ultime cinque puntate. Dall'inizio della seconda stagione Briggs verrà sostituito da Phelps senza alcuna spiegazione e Peter Graves imprimerà il proprio marchio di fabbrica sullo show diventando il volto più riconoscibile nella memoria del pubblico. Al suo fianco, tra gli agenti in missione, troviamo due star che in seguito confluiranno in Spazio 1999: Martin Landau e Barbara Bain, vincitori, rispettivamente, di un Golden Globe e di tre Emmy per l'interpretazione del mago del trucco Rollin Hand e della vice di Phelps, Cinnamon Carter. Insieme ai regular Greg Morris e Peter Lupus, recitano nello show anche Leonard Nimoy, Sam Elliott e Lesley Ann Warren . Fra le guest star comparse nei vari episodi spiccano i nomi di molti attori di Star Trek, Selvaggio West e Batman, serie che, con Missione impossibile, condividono gli studi.
Uno dei punti di forza dell'inossidabile team di IMF è la totale indipendenza d'azione. Il mistero che circonda l'agenzia che affida a Phelps le missioni da compiere è fitto e la sua task force opera là dove né CIA né FBI sono in grado di intervenire. Sebbene nel primo lungometraggio della saga, Mission: Impossible (1996), la squadra di Ethan Hunt sembri dipendere dalla CIA, di fatto non ha evidenti limiti d'azione territoriali e le avventure degli affascinanti agenti segreti, sul grande schermo, spaziano da Londra agli Stati Uniti, passando per Sidney, Roma, Praga, Mosca, Shanghai e Dubai. La saga cinematografica, indissolubilmente legata alla presenza dell'atletico Tom Cruise, ha in realtà un precedente: l'avventuroso Squadra dell'Impossibile: Due volti per morire, costola della serie tv interpretata dai soliti Graves, Landau e Bain distribuita nel 1968. Il primato del rilancio del franchise va a Tom Cruise e Brian De Palma, fautori di una fortunata operazione nostalgia che recupera il nucleo della serie originale innestandolo in un lungometraggio amatissimo dal pubblico, campione d'incassi nella stagione 1996. La saga di Mission: Impossible non fidelizza i suoi registi. In quattro capitoli si succedono quattro autori diversi, ma tutti, ciascuno a suo modo, riescono nell'alchimia fondendo presente e passato. L'hitchcockiano De Palma coglie l'occasione per alimentare ulteriormente la propria ossessione verso il 'maestro del brivido' costruendo una pellicola che, in buona parte, si dipana come un mistery retrò con tanto di inquadrature sghembe, dark ladies, indizi disseminati lungo il percorso e ricostruzioni fallaci degli eventi. Il gioco tra realtà e finzione prevede inevitabili concessioni alla dimensione blockbuster - vedasi la sequenza finale con l'elicottero nel tunnel ferroviario - che rendono il film un oggetto strano e indefinibile a cavallo tra tradizione noir e modernità high-tech.
Mission: Impossible II (2000), diretto da John Woo, è il capitolo meno amato dalla critica, ma è anche quello più genuinamente action. Il pragmatico Woo abbandona la via dell'omaggio raffinato battuta dal suo predecessore lavorando di grana grossa e concentrandosi sulla dimensione spettacolare. Di conseguenza la recitazione di Tom Cruise, Thandie Newton e del resto del cast viene penalizzata, ma il film ci regala alcune delle sequenze più spettacolari dell'intera saga, a cominciare dall'arrampicata sulla parete rocciosa dello Utah per la quale Cruise ha rifiutato l'uso di controfigure. Il marchio di John Woo si riconosce negli espedienti visivi (immancabili i tradizionali ralenty e piccioni) e nel tono leggero, ironico, a tratti parodistico, ma anche in un plot più lineare del solito. Inutile appesantire il cervello dello spettatore distraendolo dalle incredibili evoluzioni di Hunt e da uno degli inseguimenti motociclistici più spettacolari mai visti sul grande schermo. Di tutt'altro avviso appare J.J. Abrams, regista e produttore di Mission: Impossible III. Nel 2006 Abrams è al suo primo lungometraggio, forte di una lunga esperienza televisiva e reduce dal successo di Lost. Lo scarto rispetto al passato sta nel puntare i riflettori sui suoi interpreti valorizzando il lato umano di Ethan Hunt, donandogli addirittura una moglie, contrapponendogli un cattivo a tutto tondo interpretato da un debordante Philip Seymour Hoffman, capace di rubare la scena non appena viene sfiorato dalla cinepresa, e introducendo un esperto di computer molto british, l'irresistibile Benji Dunn (Simon Pegg). La pellicola, frenetica e debordante, contiene anche un divertente siparietto ambientato a Roma, per l'esattezza in Vaticano (ricostruito ad hoc nella Reggia di Caserta), che costringe Cruise, Jonathan Rhys Meyers e Maggie Q a recitare in uno stentato italiano.
In Mission: Impossible - Protocollo Fantasma Tom Cruise riparte proprio da J.J. Abrams, che torna in veste di co-produttore con la sua Bad Robot, per costruire il capitolo più convincente ed equilibrato della saga. Una missione veramente 'impossibile' perché stavolta Ethan Hunt e il suo team si troveranno da soli, esautorati dei loro poteri e costretti a contare sulle proprie forze per bloccare un'imminente guerra nucleare scatenata da uno psicopatico noto come Cobalt. Il lungometraggio diretto dal mago dell'animazione Brad Bird, in arrivo al cinema il 27 gennaio, è un blockbuster di alta qualità forte di un'intelligente compenetrazione tra spettacolo e narrazione, tra roboanti scene d'azione e dialoghi brillanti che delineano alla perfezione personaggi principali e secondari. A fianco di Ethan Hunt/Cruise troviamo un nuovo agente segreto, quel Jeremy Renner che alcuni hanno indicato come futuro erede del franchise. Il suo agente Brandt si rivela misterioso al punto giusto, ma anche sobrio e degno di fiducia. Per il momento Renner si conferma una solida spalla e non ruba la scena al collega Cruise, il quale appare determinato a conservare il ruolo di leader ancora per un po'. A volere il ritorno di Simon Pegg è lo stesso J.J. Abrams che sceglie di trasformare l'ironico mago del pc del precedente capitolo in agente operativo. Lo straordinario Pegg non delude le aspettative dando vita ai momenti più divertenti del lungometraggio. A completare il quartetto di agenti sottoposti al Protocollo Fanstasma ci pensa la bellissima Paula Patton nei panni di Jane Carter, membro dell'IMF roso dal desiderio di vendetta dopo la morte del collega a cui era sentimentalmente legata (ancora un volto noto, l'ex naufrago di Lost Josh Holloway).
Come da tradizione, anche in Mission: Impossible - Protocollo Fantasma Tom Cruise interpreta in prima persona le scene più spettacolari rifiutando l'uso di stuntmen. L'attore, che a cinquant'anni sfoggia una forma fisica invidiabile, si è allenato per mesi per affrontare con la dovuta scioltezza l'arrampicata sulla vetrata del Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo situato a Dubai. Anche se le spettacolari scene della salita e della vertiginosa discesa sono state realizzate - come si può vedere nel backstage più sotto - con l'uso di gru e imbracature di sicurezza, vedere l'attore appeso nel vuoto a ottocento metri d'altezza fa una certa impressione. Cruise, che ha sempre scelto di interpretare i propri stunts personalmente per far sì che il pubblico creda maggiormente al personaggio, non è nuovo al free climbing. Si pensi alla celebre arrampicata a mani nude di Dead Horse Point nella sequenza d'apertura di Mission: Impossible II, altro momento altamente spettacolare, ma l'impavida star, nel corso della saga, ci ha abituato a inseguimenti mozzafiato a bordo di auto, moto - ancora nel film di John Woo il duello muscolare all'ultima accelerata tra Ethan Hunt e il cattivo di turno - e tetti di treni. Ma il marchio di fabbrica di Ethan Hunt sono le penetrazioni avventurose in location proibite calandosi dall'alto per mezzo di corde, carrucole e strumenti high-tech. Il Cremlino, il Vaticano, i grattacieli di Shanghai e Sidney e perfino la blindatissima sede dell'FBI di Langley, in Virginia, per l'atletico agente, non hanno segreti. In Mission: Impossible - Protocollo Fantasma, però, a saltare nel vuoto in un condotto profondissimo e a fluttuare a pochi centimetri da un cervellone elettronico bollente grazie a un sistema di magneti non è Cruise, ma il novellino Jeremy Renner. Che sia questa la vera spia d'allarme che preannuncia un possibile turnover nella leadership della saga?