Il bambino cattivo: Pupi Avati racconta il TV movie

La Giornata Mondiale dell'Infanzia, il 20 novembre, si conclude su Rai Uno con un'attesissima prima serata. Il TV movie Il bambino cattivo di Pupi Avati sensibilizza sui diritti dei più piccoli e il regista spiega come e perché.

La fiction al servizio dei più piccoli: nasce così il TV movie Il bambino cattivo firmato dal regista Pupi Avati e in onda su Rai Uno in prima serata il 20 novembre, in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Prodotto da Rai Fiction con Duea Film s.p.a. di Antonio Avati, racconta le drammatiche vicende del piccolo Brando (Leonardo Della Bianca), "abbandonato" per ragioni diverse dalla mamma Flora (Donatella Finocchiaro) e dal papà Michele (Luigi Lo Cascio).
Oltre al cast, spiegano le finalità del progetto Vincenzo Spadafora (Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza), Luigi Gubitosi e Antonio Marano (Direttore e Vicedirettore Generale della Rai) ed Eleonora Andreatta (Direttore di Rai Fiction).

Come vive la Rai una giornata tanto delicata?
Luigi Gubitosi: Non tutti i bambini nel mondo riescono a vivere con serenità l'infanzia e la Rai è sensibilissima al problema. Giornate come questa servono ad attirare l'attenzione su tematiche che non vengono a volte discusse come si dovrebbe. Cambiare la cultura di un'azienda è un processo lento ma tende ad essere permanete.

Antonio Marano: Per noi è sempre il 20 novembre per via degli impegni editoriali che la Rai svolge durante tutto l'anno, consapevole che i bambini sono il futuro del nostro Paese.

Che speranze ripone il Garante in questa fiction?
Vincenzo Spadafora: Il lavoro di Pupi Avati aprirà un dibattito culturale su questo tema perché trattato in maniera forte, ma come un invito all'ascolto dei ragazzi. Fare il doppio degli ascolti facendo la metà del proprio dovere non premia quanto la qualità, che qui fa la differenza.

Su questo progetto ha sentito una tensione particolare?
Pupi Avati: La notte scorsa non ho dormito e non dormirò neppure stanotte. L'ho detto a mia moglie, poi ho chiamato mio fratello e persino Eleonora Andreatta. Questo film è un'esposizione totale della mia esperienza di vita, non conta sull'apporto della fantasia. Abbiamo testimoniato la realtà, ma non si tratta di leggi ma di coscienza. Alla fine del film vediamo che il comportamento deprecabile degli adulti per il codice penale non ha rilevanza.

Cosa differenzia questa fiction dalle altre su un tema simile?
Eleonora Andreatta: La fiction di solito racconta i bambini dal punto di vista degli adulti, rendendoli oggetto di tenerezza, mentre qui assistiamo ad un'inversione copernicana dello sguardo. Si guarda la vicenda dalla prospettiva del bambino con i miti del calcio, dei wrestling, dei fantasy. La qualità poetica di Pupi Avati rende Il bambino cattivo uno dei suoi film più belli.

Cosa risponde a chi considera la TV un medium di serie B rispetto al cinema?
Pupi Avati: Quale società di produzione cinematografica mi avrebbe permesso di girare questo film? Ho pagato il prezzo di fare, secondo gli altri, la "fiction". Spero che questo nome cambi perché è deprimente, serve una definizione più nobile e vaga. Qui non abbiamo risparmiato su nulla, abbiamo lavorato in condizioni identiche a quelle in cui giriamo da anni.

Che fotografia della famiglia emerge da questo tv movie?
Pupi Avati: La famiglia sembra un tavolo con tre gambe, di cui una, quella della figura paterna, defilata. In effetti qui Luigi Lo Cascio interpreta la figura più indecente del film, ma avuto il coraggio di accettare un ruolo che pochi attori avrebbero voluto.

Non ci si sarebbe mai aspettato da un uomo di cultura un abbandono del figlio di questo genere...
Pupi Avati: Ho un'idea modesta dell'intellettuale: ha grande cervello, ma cuore piccolo.

Luigi Lo Cascio: Entro in un coro in cui sono la parte negativa. Presto porterò Iago a teatro e si dice che sia il male assoluto, il demonio. Michele è peggio perché in lui c'è tanto squallore perché non è un percorso di violenza fisica (c'è solo uno schiaffo al figlio) ma più sottile, quella propria di un padre disattento e inconsistente.

Il protagonista viene "abbandonato" anche dalla madre, per ragioni diverse...
Donatella Finocchiaro: Flora vive un disagio psicologico che sfocia nell'alcool e nell'incapacità di essere una buona madre, nonostante l'affetto incredibile per il figlio. È una donna malata, da compatire. Ecco come la famiglia non è solo un'isola felice ma a volte diventa luogo di atrocità e spesso le vittime sono proprio i bambini.

Chi è il protagonista della fiction?
Leonardo Della Bianca: Io ho 10 anni e frequento la prima media. Da grande voglio fare l'attore, ma solo finché mi divertirà. Ho già visto la fiction due volte e la riguarderò su Rai Uno, anzi penso che non mi annoierò mai di rivederla.

Che rapporto ha sviluppato col protagonista?
Pupi Avati: Il nostro legame non era fatto di parole, ma di sensazioni. D'altronde la vecchiaia coincide con l'infanzia e ne condivide la paura. Per capire meglio il mondo in cui il protagonista si rifugia dalle difficoltà mi sono fatto raccontare da mio nipote dettagli sul wrestling, Harry Potter, il calcio e i videogiochi.

Che clima si respirava sul set?
Luigi Lo Cascio: Ho già girato con Pupi Avati il film Gli amici del bar Margherita e in tutte le interviste ho sempre detto di lui che è gioioso e vitale, capace di contagiare tutti con la sua immaginazione infinita. È ancora uno dei pochi registi in piedi accanto alla macchina da presa, ma dopo lo stop si sedeva e diceva sempre: "È terribile dover raccontare questa storia".

Se l'idea dovesse funzionare, si potrebbe ipotizzare un sequel?
Pupi Avati: Non bisogna speculare parassitariamente. La mia unica paura resta la pagella dei numeri, ma spero che non sia determinante nella gara (agli ascolti, ndr.) per vincere la serata. È un approccio indecente per chi ambisce alla qualità.