Stephen King: 'Col sequel di Shining torno a farvi paura'

Il nostro incontro parigino con il mito dell'horror, giunto in Europa per il tour promozionale di Doctor Sleep.

E' uno degli scrittori più celebri al mondo. Nel corso di una carriera quarantennale, durante la quale si è guadagnato sul campo l'epiteto di Re del Brivido, ha esplorato tutte le possibilità dell'horror e del thriller compiendo qualche fugace incursione nel fantastico e nella fantascienza. I suoi romanzi sono mastodontici nel vero senso della parola, la sua produzione, tra libri, racconti e saggi, è sterminata. Il cinema e la televisione continuano ad attingere alle sue opere producendo raffiche di adattamenti spesso dimenticabili, ma talvolta ci scappa il capolavoro (Sperando che tra i futuri capolavori possano esserci i 10 adattamenti dai suoi romanzi che vorremmo vedere sullo schermo) Lui stesso si è cimentato nella regia, una volta sola, firmando un horror trash di cui ha fatto pubblicamente ammenda, ma non disdegna di lavorare a stretto contatto con i cineasti. I suoi Fedeli Lettori lo adorano. Avete capito di chi stiamo parlando? Ma del leggendario Stephen King, il romanziere del Maine che ha esportato i suoi incubi nei cinque continenti e che in questi giorni è impegnato in un minitour europeo per promuovere la sua ultima creatura, l'atteso Doctor Sleep. Un romanzo speciale fin dalla genesi in quanto sequel del leggendario Shining. Trentasei anni dopo il rogo dell'Overlook Hotel, Stephen King torna a occuparsi di Danny Torrance per scoprire che il ragazzino col dono della luccicanza è diventato un quarantenne alcolista tormentato dai propri demoni. Ovviamente un nuovo adattamento è già nell'aria, anche se difficilmente potrà eguagliare l'opera di Stanley Kubrick, da sempre considerata uno dei migliori horror di sempre. In un gelido sabato di novembre Stephen King approda a Parigi per parlare di Doctor Sleep nella splendida cornice del Grand Rex, immenso teatro dal soffitto stellato gremito in ogni ordine di posto. T-shirt grigia, jeans, stivaletti e battuta pronta, lo scrittore sfodera il suo proverbiale umorismo per analizzare la sua carriera, i suoi gusti e i suoi modelli. Noi di Movieplayer.it c'eravamo e questo è il resoconto del nostro incontro col Re.

L'Europa ti sta accogliendo a braccia aperte anche perché è raro vederti da queste parti.
Stephen King: Sono già stato in Francia, ma sempre come privato cittadino. La mia scusa è che sono troppo impegnato a scrivere i miei libri per promuoverli in giro. Purtroppo conosco una sola lingua, l'inglese, ma sono felice di essere qui con voi.

Eppure il francese non è così estraneo alla tua formazione.
Provengo dal Maine che è vicino al Canada francofono. Sono cresciuto vicino a una città in cui si parla francese, i riferimenti alla cultura francofona dei personaggi dei miei romanzi derivano da lì. Sono ispirato dalla cultura francese, da ragazzo ho letto Emile Zola e ho amato molto le sue opere. Il mio rimpianto è di non conoscere abbastanza francese da leggerlo in originale. E poi i francesi fanno delle scarpe stupende.

Quale è la molla che ti spinge a continuare a scrivere?
Continuo a scrivere perché sono ancora un po' spaventato dal buio. Stasera a un certo punto anche voi tornerete a casa e sarete soli. Non per agitarvi, ma in America il 100% delle persone dimentica di chiudere la porta di casa. Quello è il giorno in cui può arrivare un maniaco. A un certo punto entrerete nella doccia o salirete in auto, vedrete un'ombra e vi ritroverete a guardare nello specchietto retrovisore. Ecco, se ora voi siete spaventati, io sono contento.

Perché hai deciso di scrivere il sequel di Shining?
Molti mi chiedevano: "Perché non scrivi un sequel di Carrie?" Perché Carrie è morta. Che altro potrebbe fare? Quando scrivi il finale di un libro non sai cosa accadrà in seguito ai personaggi, ma io mi sono reso conto che avevo altro da raccontare. Danny Torrance ha avuto una terribile infanzia, un padre violento, può vedere i fantasmi. Pensando a lui mi sono chiesto che sarebbe successo al Danny adulto. Shining ha spaventato tante persone. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto ad accettare la sfida e a riportare i lettori dentro a quel mondo. E' facile spaventare un ragazzo di 14 anni, ma 36 anni dopo la cosa si fa difficile.

Quindi Danny diventa protagonista di Doctor Sleep?
C'è una circolarità nella storia. Nel primo libro Danny era l'allievo, apprendeva il funzionamento del suo potere. Stavolta diventerà il maestro. Tornare a occuparmi di lui oggi è stato più divertente rispetto al passato, altrimenti non l'avrei fatto. Ma devo ammettere che avevo proprio voglia di riconnettermi con Danny.

I bambini sono un elemento cardine della tua poetica.
I bambini sono il simbolo vivente della fantasia. Ogni arte di cui godiamo ha una componente fantasiosa. Nella vita siamo costretti a crescere, ma dobbiamo salvare il bambino che è dentro di noi. Fortunatamente cantanti, musicisti, attori, scrittori hanno la possibilità di continuare a giocare attraverso le loro creazioni. Penso a geni come Eric Clapton o Angus Young. Quando io ogni mattina vado nel mio ufficio e scrivo, in realtà gioco. Per fortuna mia moglie lo capisce.

Tu hai una schiera di fan che ti seguono da sempre. Ma tu di chi o cosa sei fan?
Sono un fan di Ray Bradbury e Richard Matheson. Adoro il realismo fantastico, Thomas Hardy, Zola, Carl Theodor Dreyer. Sono un appassionato di Breaking Bad e Sons of Anarchy. I romanzi che amo sono troppi da elencare. Non finirei più.

Parlando di cinema, quale horror recente ti ha spaventato di più?
Senza dubbio The Blair Witch Project - Il mistero della strega di Blair. Mi ha terrorizzato.

Un fenomeno che va molto di moda oggi sul web è la fanfiction. Tu hai mai provato a scriverne una?
Non scrivo fanfiction, ma conosco e comprendo l'impulso. Anche gli scrittori sono portati a imitare lo stile degli autori che ammirano. Nel mio caso sono stato influenzato da Bradbury, Matheson e da Lovecraft. So che ci sono molte fanfiction ispirate a La torre nera. Avevo iniziato a leggerle, ma poi è stato meglio smettere.

I tuoi lettori amano la saga de La torre nera.
Ho cominciato a ideare la saga quando avevo 22 anni. La storia ha influenzato tutta la mia vita, è entrata nella mia mente e quando sono arrivato al terzo libro alcuni elementi della saga sono penetrati in altri miei romanzi permettendomi di unire mondi diversi. Non credo che La torre nera sia la parte più popolare della mia produzione, ma devo ringraziare tutti coloro che hanno letto i romanzi.

Quale è il tuo libro preferito tra quelli scritti da te?
Direi L'ombra dello scorpione. Però c'è un altro libro che devo citare. Quando nel 1999 ho avuto un incidente, ho pensato di morire. Da quel periodo di dolore è venuto fuori La storia di Lisey, un libro a cui sono legato perché ruota attorno a due elementi essenziali: l'amore e la morte. La cosa che mi interessava dell'amore è che può creare un suo mondo segreto. Gli amanti hanno una loro storia, un loro linguaggio e questo mi ha permesso di creare un mondo fantastico in cui si muovono Lindsay e il marito. Sono sposato da 43 anni e nel personaggio di Lindsay si sono concentrate molte caratteristiche di mia moglie.

Come mai in quasi tutti i tuoi romanzi i protagonisti sono scrittori?
Perché la cosa che conosco meglio è la scrittura. Questo è il mio mondo. Quando mi alzo la mattina preparo la colazione per me e mia moglie, porto fuori i cani e poi mi chiudo nel mio ufficio. Preparo il tè, rileggo l'ultima pagina scritta il giorno prima, e poi inizio a scrivere. All'inizio fatico a carburare, ma poi la mia mente inizia a scaldarsi. Le persone vanno dallo psichiatra e lo pagano perché ascolti le loro follie. Io le scrivo e vengo anche pagato per farlo. Il processo creativo per me è un mistero. Quando scrivo sono come in trance. Quando però rientro in casa, mia moglie mi risveglia intimandomi di buttare la spazzatura e fare le commissioni e torno alla realtà.

Quale è stata la scena più difficile da scrivere e perché?
In Shining c'è una scena in cui Danny decide di entrare in una stanza dove non dovrebbe. Questa scena mi ha riportato alla mente ricordi d'infanzia spaventosi. Tre giorni prima di scrivere la scena ho cominciato a rifletterci su e ricordo che il cuore mi batteva forte. Mi sentivo potente, capace di maneggiare la materia, ma era molto difficile perché sapevo che Danny doveva incontrare una donna morta. Anche in 22/11/63 c'è una scena in cui una giovane donna muore e neppure questa è stata semplice da scrivere.

Quando scrivi ti poni dei limiti?
No, andrei ovunque in cerca di una buona storia. Voglio che le persone leggano ciò che scrivo, ma non per questo devono sentirsi a loro agio. Voglio che pensino che sono folle, nel senso buono, voglio che il mio spirito non abbia limiti.

In passato avevi anticipato l'intenzione di ritirarti. Poi hai ricominciato a scrivere regolarmente. Cosa prevedi nel tuo futuro?
Continuerò a scrivere finché Dio me lo permetterà.

Nel corso della tua carriera ti sei trovato a lavorare con altri scrittori.
Ho collaborato con Peter Straub, più di recente con mio figlio Joe Hill. Ho anche scritto un musical con John Mellencamp. Con tutti e tre ho potuto mantenere intatto il mio stile, anche se il processo creativo è stato diverso ogni volta.

Com'è oggi la tua relazione con il mondo del cinema?
La mia relazione con registi e produttori è legata alla fase della sceneggiatura. In genere, quando adattano le mie opere, gli lascio fare quello che devono fare. Affido il mio lavoro nelle loro mani e voglio che si sentano liberi. Con alcuni registi, come Frank Darabont e Rob Reiner è andata molto bene. Mi sono sentito a mio agio perché hanno rispettato la mia opera. Con Kubrick è stato più difficile. Lui ha voluto realizzare la sua sceneggiatura escludendomi del tutto. Io avrei voluto collaborare con lui, ma non me l'ha permesso. Abbiamo avuto problemi di comunicazione, ma il film mi è piaciuto.

Che rapporto hai con i tuoi villain?
Non odio i miei personaggi cattivi, ma c'è un'eccezione. Non ho mai capito Randall Flagg. Invece devo dire che comprendo molto bene il comportamento di Annie Wilkes, la protagonista di Misery, verso cui nutro sentimenti contrastanti. In fondo vuole solo assicurarsi che il libro che adora venga scritto.

A interpretare Annie Wilkes è stata Kathy Bates. Senza dubbio il merito del successo di Misery non deve morire è anche suo.
Kathy Bates è un'attrice meravigliosa. A sceglierla è stato lo sceneggiatore del film, che la conosceva perché avevano collaborato insieme a teatro. Quando ho visto lo screen test ho capito che era perfetta. Mi piacerebbe lavorare di nuovo con lei, ma adesso è impegnata nelle riprese della serie American Horror Story.

Quale tecnica di scrittura applichi mentre prepari i tuoi romanzi?
Non credo nella tecnica, non capisco neppure cosa significhi la parola, ma penso che ogni scrittore sviluppi uno stile. Lo stile deve mettersi al servizio della storia, questa è la base della scrittura. Per il resto non sto molto dietro alle teorie letterarie. Sono un artigiano che sviluppa una struttura su cui costruire la storia.

Ci sono dei film che ti hanno ispirato?
Senza dubbio Il buono, il brutto, il cattivo. L'ho visto da giovane e mi ha influenzato profodnamente. Diabolik di Clouzot è stato un altro film importante e poi non posso non citare Bambi. E' il primo film che abbia mai visto, mi ha portato mia madre e mi sono innamorato del cinema, della sala buia, di quella situazione così magica. Con Bambi Walt Disney ha spaventato molte più persone di quanto abbia fatto io.

Oggi molti film sono tratti da graphic novel. Ti piacerebbe cimentarti in questo genere?
In passato ho lavorato con Scott Snyder per American Vampire, ma da tempo nutro l'idea di scrivere una graphic novel originale. Non so se riuscirò a farlo, non ho ancora trovato il tempo.

Nel tuo curriculum c'è anche un'esperienza da regista.
Ho diretto un solo film, Brivido. Se non l'ho più fatto ci sarà una ragione.

Eppure per alcuni Brivido è un cult.
Allora hanno gusti orrendi.