Addio al regista Manoel De Oliveira

Il regista portoghese aveva 106 anni e aveva continuato a girare film fino all'anno scorso.

Ci lascia il maestro portoghese Manoel de Oliveira, autore portoghese che ha continuato a fare cinema fino all'ultimo, senza lasciarsi fermare dall'età. Manoel Candido Pinto De Oliveira infatti deteneva il curioso primato del più anziano regista ancora in attività: 106 anni e fino al 2014 ha continuato a girare film. Nato in Portogallo nel 1908 da una famiglia di ricchi imprenditori industriali ed agricoli, Manoel cresce negli agi. Suo padre, Francisco Josè de Oliveira, è celebre per aver fabbricato le prime lampadine elettriche del Portogallo. Manoel riceve un'istruzione al Colegio Universal a Porto ed in seguito frequenta la scuola gesuita di Galizia, in Spagna. Da adolescente il suo sogno è quello di diventare attore, ma già all'età di 17 anni finisce per unirsi ai suoi fratelli nel ramo dirigenziale delle fabbriche del padre. In effetti Oliveira è sempre stato per lo più un uomo d'affari, che si è occupato del mondo del cinema quando le circostanze glielo hanno permesso.

Fin da giovane i suoi interessi sono molteplici, dalla situazione delle classi meno abbienti alle arti, in particolare il cinema. Negli anni '20 e '30 i suoi miti cinematografici sono Sergei Eisenstein, Carl Theodor Dreyer, Charlie Chaplin, e David Wark Griffith. Un rimpianto del regista è quello di non avere avuto colleghi compatrioti da cui trarre ispirazione, ma dagli anni '30 alla metà dei '70 la censura del regime di Salazar era molto severa con l'industria cinematografica portoghese. Il suo primo tentativo nel campo della settima arte risale al 1927, anno in cui tenta di realizzare un film sull'esperienza del suo paese nell'ambito della Prima Guerra mondiale, ma il progetto non vede mai la luce. L'anno dopo entra nella scuola di recitazione del film-maker italiano Rino Lupo ed ottiene una piccola parte in un suo film. Nel 1933 compare come interprete in un'altra pellicola, Una canzone a Lisbona, il secondo film sonoro di produzione portoghese.

L'interesse di Oliveira per la regia ritorna quando vede il documentario di Walhter Ruttman Berlino: Sinfonia di una città, una pellicola che Oliveira ha definito "la miglior lezione di tecnica cinematografica", ma che allo stesso tempo ha criticato per la sua freddezza. L'opera di Ruttman lo spinge comunque a girare il suo primo cortometraggio nel 1931, Douro, lavoro fluviale. Si tratta di un affresco di Porto, sua città natale, e delle attività che si svolgono lungo il corso del fiume principale che la attraversa, il Douro appunto. Incompreso al Congresso Internazionale dei Critici di Lisbona, Douro, lavoro fluviale ottiene comunque consensi da grandi personalità ed artisti del calibro di Emile Vuillermoz e Luigi Pirandello. Quasi ossessionato dal film l'autore lo riedita nel 1934 con una colonna sonora inedita, cosa che ripeterà anche nel 1994. Per tutti gli anni '30 cestina molti progetti e si limita a girare pochi cortometraggi su città costiere della sua nazione e sulle industrie automobilistiche portoghesi. Uno di questi progetti, Hulha Branca, è un corto sull'inaugurazione della fabbrica idroelettrica costruita da suo padre.

Nello stesso periodo fa amicizia con lo scrittore Josè Regio, del quale in seguito adatterà ben quattro opere per il cinema. E' solo nel 1942 che Oliveira conclude il suo primo lungometraggio, Aniki-Bòbò, un ritratto della vita dei bambini senzatetto di Porto, ispirato ad un racconto breve di Rodrigo de Freitas. Aniki-Bòbò narra di due ragazzini di strada che si contendono le attenzioni di una giovane: uno dei due è estroverso, l'altro è timido ed impacciato. Il risultato è un'opera quasi neorealista che però finisce per essere un flop commerciale. Per giunta la pellicola è aspramente criticata, in quanto mostra dei minori che rubano, mentono e truffano, ma il regista afferma che le sue intenzioni erano quelle di mostrare un mondo ed un comportamento "da adulti". L'insuccesso del film costringe Oliveira ad abbandonare altri progetti cinematografici ed occuparsi di altro per molti anni. Nei primi anni '50, insieme a Josè Regio, sottopone una sceneggiatura all'attenzione alla commissione per i fondi cinematografici "Estado Novo", ma la commissione non prende nemmeno in esame lo script. Oliveira attribuisce questo atteggiamento al fatto che le sue ideologie contro il regime sono fin troppo note. Nel 1956 riesce a realizzare Il pittore e la città, un altro documentario, mentre negli anni '60 seguono 4 pellicole, due delle quali, Atto di primavera (1963) e La caccia (1964), sono di fiction.

Nei 30 anni successivi Oliveira filma circa una ventina di opere tra corti e lungometraggi: ricordiamo Passato e presente (1971), Francisca (1981), La divina commedia (1991) e Party (1996). Alcuni film di Oliveira, come I cannibali (1988) o Bella sempre (2006) lasciano intendere che un modello del regista è lo spagnolo Luis Bunuel. Ritrovato un maggiore vigore come film-maker proprio in tarda età, il regista produce proprio negli ultimi anni quelli che secondo alcuni sono i suoi lavori migliori. Parliamo di Ritorno a casa (2001), Il principio dell'incertezza (2002), Un film parlato (2003) e Mundo invisivel (2011). Caratteristiche che ritornano nei film di Oliveira sono la recitazione molto teatrale e caricata degli interpreti (tra i suoi favoriti Catherine Deneuve, Luis Miguel Cintra, Michel Piccoli e John Malkovich), la macchina da presa sempre fissa e l'uso degli elementi scenografici come simboli legati al contenuto della storia.

Gebo e l'ombra: il regista Manoel de Oliveira sul set insieme a Claudia Cardinale
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