Recensione Terramatta - Il Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano (2012)

Quanta vita c'è nelle pagine chiare e nelle pagine scure di questo diario segreto nato da riflessioni e pensieri di un uomo come tanti che ha riempito notti insonni e giornate malinconiche con il dolce ticchettio della sua macchina da scrivere.

Vincenzo Rabito: Scrittore.

Queste le raccontate in Terramatta;, il documentario diretto da Costanza Quatriglio, sono le memorie di Vincenzo Rabito, un siciliano nato nel 1899 e passato a miglior vita nel 1981, che dopo una vita da analfabeta ha inventato una lingua ed ha lasciato ai posteri un'autobiografia di oltre mille pagine. Il suo racconto del Novecento italiano è quello di un cantastorie puro, è una sinfonia di paesaggi di oggi e di ieri suonata con un linguaggio musicalmente puro, un mix di tenerezza e verità fatto di filmati d'archivio, immagini contemporane e parole d'amore che rilegge la Storia d'Italia obbligandoci a fare i conti con verità dure e contraddittorie del nostro passato. Non sono scritte né in italiano né in dialetto, ma le tante pagine rilegate a mano con la corda lasciate da Rabito sono una vivida testimonianza delle imprese di un uomo come tanti che dal piccolo paesino siciliano di Chiaramonte Gulfi è arrivato, per via della guerra, fino in Slovenia, in Etiopia e persino in Germania.

Parole lette con trasporto da Roberto Nobile, filmate e impresse nelle immagini del film dalla Quatriglio che riesce a disseminarle lungo la narrazione come a volerle incorporare al contesto storico in cui sono state scritte, parole che offrono un punto di vista inedito ed epico sulla vita degli italiani vissuti all'inizio del secolo scorso ed ancora vivi in un immaginario fatto di memoria individuale e collettiva, di scatti, di luoghi e di piccole e grandi imprese di un'esistenza vissuta appieno. La storia di una vita, di un uomo che in vecchiaia definisce la propria identità nell'urgenza di raccontarsi, di lasciare una traccia indelebile delle sue battaglie, di quelle perse e di quelle vinte, ma anche di quelle mai combattute. Inizia a lavorare a sette anni per aiutare la famiglia a sopravvivere. Poi la cartolina precetto arrivata troppo presto e la guerra, lontano dalla sua Sicilia, il rapporto con le donne, il socialismo e il fascismo, l'arrivo dei figli, la morte dei genitori, il ritorno al suo paese e l'inizio della professione di cantoniere in un piccolo casale su un'importante strada della provincia di Ragusa. "Io tremavo come tramava la terra perché avevo troppo paura" dice ad un certo punto Rabito parlando del suo primo giorno al fronte introducendo uno dei racconti più duri di tutta la storia perché parlando di un periodo così difficile per l'Italia non si può non fare i conti con il lato oscuro, quello nascosto nelle pieghe di una storia tutta al maschile.
Un esperimento riuscito quello della Quatriglio che riesce a donare uno sguardo pop alla storia di Rabito e degli italiani sporcando, con i colori e con una sovrapposizione anche visiva del passato sul presente, le immagini di repertorio che seguono passo passo i luoghi della vita e le parole dello scrittore siciliano che risuonano soavemente grazie alla voce narrante di Nobile che si fa portatrice di grandi verità. Si ride, si piange, ci si emoziona con Terramatta - Il Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano, ancor più sapendo che le memorie di questo italiano semplice sono state premiate nel 2000 a Pieve Santo Stefano nel concorso diaristico nazionale e che Giulio Einaudi Editore ne ha realizzato un libro intitolato Terra Matta trasformando gli scritti di Rabito in uno straordinario caso editoriale. Quanta vita c'è nelle pagine chiare e nelle pagine scure di questo diario segreto nato da riflessioni e pensieri di un uomo come tanti che ha riempito notti insonni e giornate malinconiche con il dolce ticchettio della sua macchina da scrivere.

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3.0/5