Venezia 70, Emma Dante presenta Via Castellana Bandiera

Prima opera italiana in lizza per il Leone d'Oro alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, una pellicola corrosiva su due donne che danno un nuovo senso al termine 'testardaggine'; 'Il cinema? Uno sconfinamento naturale, un salto fatto per raccontare di una comunità e di un Paese che non sa nemmeno cadere', ha raccontato la Dante in conferenza.

Debutta alla regia cinematografica con un'opera corrosiva, Emma Dante, che alla 70.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia presenta in concorso Via Castellana Bandiera. Ambientato nella sua Palermo, città dalle atmosfere surreali e indefinibili, il film racconta del duello fra Rosa e Samira, due figure femminili che si incrociano in un'estate rovente nella strada che dà il titolo al lungometraggio, palcoscenico di uno scontro ferocissimo, pur senza spargimento di sangue. Come un western metropolitano, le donne, inscatolate nelle rispettive automobili, si ritrovano intrappolate in una sorta di budello, prime attrici di una situazione paradossale in cui nessuna di loro ha intenzione di cedere il passo all'altra. Il faccia a faccia, che riserva anche dei momenti inaspettatamente leggeri, svela un mondo desolante, abitato da personaggi senza scrupoli. Una grande esperienza teatrale alle spalle, culminata nella fondazione della compagnia Sud Costa Occidentale, svariati premi conquistati in carriera, tra cui un Gassman nel 2004 come migliore regista italiana, Emma Dante esordisce dietro alla macchina da presa ritagliandosi anche il ruolo della protagonista al fianco di Alba Rohrwacher, che nel film interpreta Clara, la compagna di vita di Rosa ed Elena Cotta, straordinaria nel restituire sul grande schermo il dolore e l'angoscia della sua Samira.

Emma, come giudichi la tua esperienza al cinema?
E' stato uno sconfinamento naturale; soprattutto questa storia mi sembrava adatta al cinema, non avrei mai potuto raccontarla a teatro, avevo bisogno della carne e della polvere.

Ti piace la definizione di western che hanno dato del film?
Beh, sì, è una definizione divertente, in fondo ho sempre desiderato farne uno, ma non è stata una scelta voluta. Ci sono delle citazioni, è vero, comprese quelle di Sergio Leone la cui ispirazione è stata forte e potente.

Perché hai deciso di ambientare il film al Sud?
In realtà volevo girare a Bergamo... scherzo naturalmente. Palermo è la mia città, quindi volevo partire da un'origine, da una radice, dalla mia storia, la mia strada. Poi non so proprio cosa voglia dire raccontare il Sud. Il Sud è parte del Nord, è una torretta sul mondo; questo film parla di una comunità e di un'aggregazione di esseri umani, non di uno stato geografico.

Questo film rappresenta il tuo esordio dietro alla macchina da presa, ma non si ha la sensazione che tu sia una debuttante...
Ho girato col mio metodo, insieme ad Alba e a Elena abbiamo provato tantissimo nel mio teatro con la mia compagnia, se hai una squadra forte non la cambi. In più ho trovato dei grandi collaboratori.

Via Castellana Bandiera può essere considerata una grande metafora della vita, un luogo ideale in cui si finisce per essere tutti contro tutti? Forse anche per questo motivo hai voluto contrapporre due mondi così distanti come quelli dell'anziana Samira e di una coppia omosessuale come quella formata da Rosa e Clara...
Per me Via Castellana Bandiera è la via larga del finale, non quella che si vede all'inizio. Lo spazio ci sembra più stretto, ma siamo noi a non saper più vedere le cose perché in realtà c'è posto per tutti, anche per le coppie omosessuali che vogliono semplicemente riconosciuti i propri diritti. Rosa e Clara sono solo persone che si amano e vorrei che questa storia diventasse naturale, senza trovare il modo di raccontarla, perché dobbiamo raccontare un amore diverso?

A proposito di metafore, volevi in qualche modo rappresentare anche una certa immobilità nel nostro Paese?
Il nostro è un Paese che non riesce nemmeno a cadere, in effetti lo stallo somiglia a quello che stiamo vivendo. Stiamo camminando sul bordo del precipizio, ma non c'è ancora una caduta.

Verrebbe quasi voglia di farlo vedere in Medio Oriente un film del genere...
Mi auguro che venga rappresentato ovunque, che possa andare oltre i confini della Sicilia e dell'Italia e che diventi un film che possa far fare esperienza alla gente che lo vede, scatenare quel corto circuito di cui l'arte ha necessità.

Emma, chi sono Samira e Rosa?
Non so come si possa definire il carattere di queste due donne; all'inizio sono ottuse, poi si sciolgono. Riescono a guardarsi dentro e a fare il punto della loro vita, rispecchiandosi nell'altra, proprio come fa il Minotauro quando scopre la sua mostruosità in un riflesso. Se ci fermiamo di fronte a un altro che è diverso da noi, il mostruoso che nascondiamo esce fuori. Mi piace la mostruosità di Rosa e Samira perché è verità.

Una domanda per le attrici, com'è stato lavorare con Emma al cinema? Alba Rohrwacher: E' una regista bravissima, è la regista del mio cuore, mi ha insegnato quasi tutto, dal teatro al cinema. Lei fa un lavoro con gli attori molto duro, ci spinge in mondi estremi, ma si ha la sensazione di essere guidati da mani sicure. Quello che ho visto capitare durante le prove è qualcosa di irripetibile. Emma tira fuori dei fantasmi dagli attori, li trasforma in modo da evocare qualcosa che non sapevano di avere dentro, è sorprendente.
Elena Cotta: Uno dei miei desideri era avere la possibilità di recitare soltanto con la mimica, l'intensità, gli sguardi; ebbene devo ringraziare Emma perché Samira è il non plus ultra di questa idea. E' stata un'occasione strabiliante, perché ho avuto la possibilità di rinunciare all'artificio del linguaggio per essere essenzialmente un viso, un'espressione, una tensione continua. E' stata un'esperienza incredibile e irripetibile. Sono stata molto felice.