Valentina Cervi, vampira esotica nel mondo di True Blood

L'attrice entra nell'universo creato da Alan Ball nelle vesti succinte di Salomè, Guardiano dell'Autorità e fedele braccio destro del vampiro Roman.

Chissà come reagirebbe il mitico Gino Cervi nel vedere sua nipote nei panni piuttosto succinti di Salomé, nuova seducente vampira della quinta stagione di True Blood? Sicuramente avrebbe uno sguardo sorpreso, visto che nell'accollatissima televisione degli anni cinquanta non era possibile andare oltre i romanzi sceneggiati e le indagini garbate di un composto Maigret. Oggi, però, i tempi sono cambiati, e Valentina Cervi ha dimostrato fin dagli inizi della sua carriera di essere un'attrice fuori dai canoni. La sua bellezza insolita e ricca di personalità ha attirato da sempre l'attenzione di registi internazionali come Jane Campion, Mike Figgis, Mark Rydell e Spike Lee. Non stupisce dunque che, grazie anche al suo inglese senza esitazioni, Alan Ball l'abbia scelta per arricchire il già vasto universo dei suoi vampiri. Per lei gli sceneggiatori della serie hanno tratteggiato la figura conturbante di Salomé Agrippa che, nelle vesti di Cancelliere e Guardiano dell'Autorità, tenta di sedurre Bill ed Eric per controllare la loro fedeltà a Roman. Intelligente, sensuale e conosciuta soprattutto per la sua danza dei Sette Veli, rappresenta una delle più ferventi fedeli della dea Lilith, convinta che la sua razza sia destinata a dominare sulla terra.

La tua Salomé è un po' una sintesi tra il personaggio biblico e quello creato da Oscar Wilde. Quale caratteristica di questo personaggio così estremo ti ha sedotto, tanto da voler conquistare a tutti i costi il favore del creatore Alan Ball? Valentina Cervi: Si è trattato di un insieme di cose. Avevo saputo che Alan era interessato a me dopo avermi vista in Le inchieste dell'Ispettore Zen, uno show realizzato per la BBC. A quel punto ho cominciato a "indagare" su di lui e il suo lavoro. Ho scoperto una personalità incredibile che mi ha affascinato senza riserve. Successivamente, Alan mi ha inviato un messaggio in cui incominciava a descrivermi Salomè come una donna spregiudicata ma non malvagia e mi invitava a non aver paura della mia sensualità. Dopo aver letto le prime pagine della sceneggiatura, ho capito perfettamente la natura di questa creatura che aveva deciso di difendersi attraverso un credo tanto pericoloso da mettere a repentaglio la propria vita. La seduzione è un'arma che usa per ottenere ciò che vuole. In realtà, però, proprio come la Salomé originaria, ha una ferita profonda causata dal tradimento della madre.

Come è stato il tuo incontro con Alan Ball? Valentina Cervi: Con lui ho fatto tre provini. Credo di averlo colpito perché era alla ricerca di un volto esotico, che non fosse chiaramente anglosassone. Poi, molto dipende anche dall'alchimia personale che s'instaura tra le persone. Comunque, mi sono integrata immediatamente in questo team immenso che, giorno dopo giorno, porta avanti un lavoro incessante. In alcuni momenti ho avuto anche paura perché sui set americani c'è sempre una grande professionalità e non ti puoi permettere di sbagliare. Quindi, ho vissuto una condizione emotiva continuamente altalenante tra l'entusiasmo e il timore.

Ogni personaggio in True Blood è definito con attenzione nel carattere come nell'aspetto. Come avete lavorato sulla creazione del look di Salomè? Valentina Cervi: Il reparto costumisti è composto da geni che lavorano giorno e notte sempre coadiuvati da Alan. Per Salomé, ad esempio, hanno scelto uno stile moderno, anche se io avrei preferito che ricordasse, in qualche modo, la sua epoca originaria. Comunque, dopo aver passato giorni a definire il suo aspetto, a poche ore dal set Ball ha deciso di cambiare alcuni particolari fondamentali come i capelli che dovevano essere molto più lunghi del previsto.

Dal punto di vista caratteriale Salomé è una creatura che non conosce mezze misure. E' un'estremista che porta avanti con fermezza il suo credo. Condividi le sue scelte? Valentina Cervi: Lei è una specie di fondamentalista pronta a morire per i suoi principi. Quindi ho dovuto e voluto abbracciare la sua sentenza di morte. Non si tratta di sete di potere, ma del semplice desiderio che la legge vampira sia applicata al cento per cento. In un certo senso, avrei voluto approfondire alcune sue sfumature caratteriali un po' di più, ma non si deve dimenticare di essere al servizio di una serie e che il proprio personaggio serve a far procedere la storia. In una serie così vasta hai sempre timore che si dimentichino di te. Quindi, bisogna essere tanto umile da mettere da parte il proprio egocentrismo e accettare le decisioni della produzione che, è evidente, lavora per il bene del progetto.

Effettivamente True Blood è una serie incredibilmente popolata, se teniamo il conto di ogni vampiro, umano o creatura fantastica che compare sulla strada di Sookie, Bill ed Eric. Che sensazione si prova a entrare in un ingranaggio così immenso? Valentina Cervi: Nonostante i tempi siano incredibilmente intensi, ogni personaggio, da quello principale a quello minore, viene raccontato stupendamente prestando grande rispetto e attenzione. Il fatto è che si concedono molto tempo per girare. Spesso si sono realizzate più di diciotto inquadrature per ogni scena. Credo che questo dia in parte la proporzione del tipo di lavoro svolto.

In questi anni gli show con protagonisti dei vampiri sono proliferati. Pensiamo, ad esempio, a Moonlight o The Vampire diaries. Nessuno di loro, però, ha ottenuto lo stesso incredibile seguito di True Blood. Qual è il segreto di questa serie? Valentina Cervi: Il vampiro è solo una figura simbolica. La serie utilizza la sua forza primordiale per dirigere la narrazione in luoghi completamente diversi e mettere in evidenza tutta l'incredibile varietà di colori che appartiene all'essere umano. Senza prendersi mai troppo sul serio, naturalmente.

Inoltre non dobbiamo dimenticare l'aspetto sexy che caratterizza la serie. Quanto ti ha preoccupato dover dar vita a un personaggio seducente e sensuale? Valentina Cervi: Onestamente era molto preoccupata per le scene di nudo. Fin dal primo giorno sul set non facevo che chiedere consigli ai colleghi e alla produzione. A un certo punto, mi è stato dato un consiglio che mi ha lasciato stupita. Ossia "tesoro è semplice, smetti di mangiare".

Nel mondo artistico anglosassone, televisione e cinema si osservano con particolare interesse creando una via di comunicazione frequentata da attori che si muovono indifferentemente nell'uno o nell'altro senso. Non credi che anche in Italia sarebbe ora di instaurare questo dialogo? Valentina Cervi: Il problema è che la nostra televisione è tendenzialmente brutta. Se a un attore viene offerta la possibilità di lavorare al cinema in un certo tipo di progetti, è logico che a essere scartate immediatamente siano le proposte televisive. Però, in questo momento ho l'impressione che la tendenza stia cambiando. Penso a interpreti come Claudia Pandolfi e Stefano Accorsi, che hanno vissuto entrambe le realtà, e a prodotti di qualità cinematografica come Romanzo Criminale - La serie. Questo dimostra che il problema risiede nell'assenza di un'offerta valida, nella mancanza di un progetto che, altrimenti, si abbraccerebbe senza problemi. Comunque, mi piace ricordare che uno dei miei periodi più sereni sono stati i tre mesi trascorsi sul set di Distretto di Polizia. Quel tipo di esperienza mi ha dato la gioia di un lavoro quasi stabile dalle sei della mattina alle sei della sera, offrendomi anche la possibilità di riflettere su un certo snobismo dell'attore cinematografico.