Recensione Lower City (2005)

Machado costruisce un film crudo e malinconico, sfruttando il topos narrativo del triangolo d'amore per narrare una storia ai confini tra favelas e città, in un Brasile moderno, eppure ancora antichissimo.

Tra baratro e redenzione

Topos mai tramontato nel cinema di tutti i tempi, il tema del triangolo amoroso permea l'immaginario collettivo, mette i moto sensazioni e sentimenti spesso sopiti, desta curiosità ed interesse nel pubblico.
D'altra parte, per autori e registi, è una delle modalità più vaste e ficcanti per indagare nei risvolti dell'amore, questo grande mistero che in pochi riescono ad esplorare e sviscerare in profondità e con densità di senso.
Su questi binari si innesta Lower City, intenso film di Sergio Machado, che sfrutta nel vero senso del termine tre dei migliori attori brasiliani della nuova generazione.
Deco (Lazaro Ramos) e Naldinho (Wagner Moura, protagonista di quel Tropa de elite - Gli squadroni della morte che ha sbancato a Berlino) sono infatti due amici che vivono in un bassofondo di Salvador di Bahia, al confine tra favelas e città, tra lavoretti e criminalità, tra baratro e redenzione. Uno, Deco, è un pugile dilettante, che si arrabatta, non senza rimorsi, tra incontri truccati e piccoli impieghi da scaricatore, l'altro, Naldinho, non disdegna di fare qualche servizio per la microcriminalità locale. In comune hanno una barca, un'infanzia, una vita, un'amicizia sulla quale non ha potuto incidere difficoltà alcuna, alcun impedimento.
Fino a lei, fino a Karinna, bella e dannata. La sua sensualità, il suo muto carisma, scaverà una crepa nel solido terreno del rapporto fra i due uomini.

"Non riesco a vivere senza uno di voi due". Testimonia l'impossibilità di una relazionarsi a tre la bella e triste Karinna che, suo malgrado, trascina i due protagonisti in un vortice di libidine e di malinconia che la mano attenta di Machado riesce a cogliere in più sfumature. La fotografia lievemente sovraesposta, l'alternarsi di riprese fisse e di steadycam, quel taglio realista appena edulcorato che è peculiare di una parte del cinema latinoamericano odierno; ma soprattutto l'intrecciarsi sudato, sporco, vero, di corpi, l'affannarsi di respiri. Questo è il film di Machado, che non ha paura di mostrare la bravura di una Braga che parla quasi esclusivamente con una esasperata non-espressività del proprio fisico, quasi sempre privo di abiti e di parole, ma ricco di una carica comunicativa intensissima, che catalizza attorno a sé, oltre che l'attenzione dei due giovani uomini, l'intero senso del film.
Machado costruisce alcune sequenze di grande impatto, muovendosi in modo misurato, mai fuori tempo o fuori luogo, pur non sfruttando fino in fondo quella carica emotiva di cui il film si dimostra portatore, dipingendo un ritratto crudo, prima che del Brasile e dei suoi ingarbugliati vicoli, dell'estrema complessità del cuore umano, astenendosi da facili giudizi.