The Better Angels: A.J. Edwards e Diane Kruger a Berlino

Inserito nel programma di Panorama alla 64. Berlinale, il film di Edwards illustra i momenti meno noti dell'infanzia del Presidente ABraham Lincoln. Ce ne parlano a Berlino il regista e la star tedesca.

Con la produzione di Terrence Malick, arriva alla 64ma edizione del Festival di Berlino The Better Angels, spaccato in bianco e nero diretto da A.J. Edwards su tre misteriosi anni dell'infanzia di Abraham Lincoln, trasferitosi con i genitori ed i fratelli nei boschi dell'Indiana dal nativo Kentucky. Là l'insaziabile fame del bambino per la conoscenza viene messa a dura prova dalle dure esperienze di vita, dalla perdita della madre, alla sopravvivenza al gelido inverno locale, all'accettazione della figura della matrigna Sarah, che arriverà con il padre Tom dopo la morte della madre Sally.
Ad interpretare la matrigna è Diane Kruger, presente in conferenza a Berlino con il regista ed il produttore Antoine Douaihy per illustrare il dietro le quinte del progetto.

Ci raccontate qualcosa dell'idea alla base del film? A.J. Edwards: L'idea era di raccontare un periodo misterioso della vita di Lincoln e quello che lo circondava. Le figure del padre, della madre e della matrigna, gli insegnanti e tutto quello che ha contribuito a formarlo. Siamo stati in Indiana e ci siamo avvalsi di un consulente storico per ricercare la comunità rurale in cui la vicenda è ambientata. È un periodo penoso della sua vita, di cui ha scritto poco, in particolare del personaggio di Diane.

Diane, ce ne parli? Diane Kruger: Lo script mi ha subito commossa molto, perché quella che racconta potrebbe essere la storia di un qualunque ragazzino e di come quello che lo circonda abbia influenzato la sua esistenza. È stato stupendo poter interpretare una persona così importante nella vita di un uomo così grande. In realtà lo script non era molto diverso da tanti che ho letto, è stato A.J. a renderlo unico con il suo modo di girare: lui è molto libero, la sua camera è sempre in movimento e la sceneggiatura diventa solo un canovaccio per la storia. Lavorando con lui, sei costretto a diventare il personaggio e vivere le sue esperienze.
A.J. Edwards: Non uso una messa in scena tradizionale, non do vincoli ai miei attori e finché la camera gira, tutto diventa possibile. In questo caso abbiamo usato il bianco e nero e la pellicola in 35mm perché trasmetteva il look che cercavo per il film, questa atmosfera da frontiera.

Ci dici qualcosa del chiaro riferimento alla schiavitù che hai inserito in una sequenza? A.J. Edwards: E' uno dei pochi casi in cui ci siamo allontanati da un'impostazione più documentaristica e l'abbiamo inserita per offrire un breve accenno a quello che sarebbe stato il futuro del piccolo Abraham.

Diane, come sei riuscita ad entrare così bene nel personaggio? Diane Kruger: In realtà è stato molto naturale perché era come non recitare. Succede molto facilmente quando ti trovi a lavorare con attori non professionisti come i bambini. Eravamo portati ad esplorare, scoprire l'ambiente, sentire il freddo che sentono i personaggi. Capitava di allontanarsi dal canovaccio per tornarci magari quattro ore dopo. Tutto, insomma, diventava reale e, per quei giorni, sono stata Sarah, la matrigna di quei bambini.

Come avete scelto il tipo di musica per accompagnare la storia e la messa in scena? A.J. Edwards: la musica del film è fondamentale, volevamo che si potesse "ascoltare" la storia attraverso di essa. Doveva essere musica che suggerisse speranza, destino ed in qualche modo il futuro. Un pezzo molto importante è quello di un compositore russo del diciannovesimo secolo che cattura il significato intero del film.

Ci parli anche del casting A.J. Edwards: gli adulti sono stati scelti per le qualità che avrebbero dovuto rappresentare. Wes è un padre ed un uomo molto accorto, Diane per la sua tenerezza, e Jason ha il background per interpretare il suo personaggio. Già dal primo giorno abbiamo iniziato a girare ed abbiamo capito che avevamo fatto le scelte giuste.
Il piccolo Abe è invece stato invece selezionato nel corso di viaggi in Kentucky, quando abbiamo fatto provini a tantissimi ragazzi delle scuole. È stato trovato tra un migliaio di candidati.

E che puoi dirci del coinvolgimento di Malick nel progetto? A.J. Edwards: naturalmente era sempre a disposizione ad ogni mia richiesta. È stato molto coinvolto nella fase iniziale mentre montavamo The tree of Life. Ma era impegnato sul suo lavoro, quindi non è stato materialmente presente sul set.

L'approccio del film è molto diverso dal tipico biopic eroico... A.J. Edwards: È la biopic di un vero eroe. Funziona perché rivediamo noi stessi nel film, i nostri genitori, i nostri insegnanti. Sottolinea il concetto che in USA tutti possono arrivare al vertice, che il futuro non sia determinato. È un messaggio molto importante. Abbiamo scelto di concentrarci su quel periodo, ma ogni anno della vita di Lilcoln meriterebbe di diventare un film.

Hai una maggior comprensione della figura di Lincoln ora? Diane Kruger: ho letto molto di lui, l'ho studiato a scuola in Germania ed è bellissimo imparare di più su un uomo così importante per gli Stati Uniti e per il mondo. È l'esempio migliore del sogno americano. Io stessa ho avuto l'esperienza di arrivare in USA ed ho avuto la riprova che questo è vero. Quando interpreti questi personaggi non vivi che un breve frammento della loro storia, ma hai un'idea di come devono essere stati.

Se pensiamo a tutti i presidenti americani, in che modo la figura di Lincoln si relaziona ai successivi? A.J. Edwards: La miglior qualità di ogni presidente può essere ricollegata a lui, che è incomparabile, una figura che va al di là della storia. Guardando tutti i suoi successori, capiamo che lui ha imposto lo standard con cui gli altri sarebbero stati giudicati.