Stoker: Mia Wasikowska tra due mondi

Saggia e infantile - viaggia con il suo peluche preferito - timida e risoluta, semplice nel truccarsi e vestirsi, la giovane attrice australiana è molto lontana dagli ideali hollywoodiani ma anche dal personaggio che interpreta nel film di Park Chan-Wook. Abbiamo fatto una chiacchiarata con lei in occasione della première londinese nel film in cui recita accanto a Nicole Kidman.

Australiana, bionda, 23 anni. Mia Wasikowska è nella realtà qualcosa di completamente diverso da quello che ci si aspetta dall'attrice emergente più lanciata di Hollywood. Saggia e infantile - viaggia con il suo peluche preferito - timida e risoluta, semplice nel truccarsi e vestirsi, Mia è lontana dalla capitale del blockbuster e non solo geograficamente: australiana, vive a Sydney e predilige autori come Jarmusch, la Campion e... Park Chan-wook. È la protagonista di Stoker, esordio americano del regista, nel ruolo di India, adolescente solitaria in simbiosi con la natura e dallo spirito di predatrice. L'abbiamo incontrata a Londra per parlare del film e della sua carriera.

Come ti sei preparata per la parte di India? Mia Wasikowska: Abbiamo avuto due settimane di prove a disposizione e ho parlato molto con il regista Park, Matthew Goode e Nicole Kidman. Prima avevo letto il copione un paio di volte e avevo cominciato a collezionare foto che poi mandavo al regista Park e lui le commentava per stabilire i punti in comune su come vedevamo India. Ho fatto foto a quadri, per esempio Escher, che mi sembrava adatto perché India secondo me vede il mondo come lui, e poi Modigliani. È stata una cosa molto utile ma era un extra, non abbiamo preso a scambiarci foto perché Park e io parliamo due lingue diverse e non ci capivamo, ma perché è una cosa che amo fare, prendere foto.

Vorresti dedicare più tempo alla fotografia?
Mi piace molto, ho sempre pensato di avere una prospettiva diversa rispetto agli altri. Sono un'attrice per cui ho una posizione privilegiata. Letteralmente privilegiata se si parla di fotografia di scena, perché il fotografo non deve stare tra i piedi dell'attore, ma in questo caso l'attore sono io e al centro della scena posso starci quanto voglio. Ho scattato moltissime foto sul set di Stoker, faccio sia fotografia digitale che analogica. Entrambi i miei genitori sono fotografi, una delle mie macchine me l'ha regalata mia madre, è un tipo di arte con cui ho sempre convissuto.

Conoscevi già Park Chan-wook come autore?
Sì, adoro i suoi film, ha uno stile distinto e originale e una prospettiva unica nel vedere le cose. Per quanto ogni regista abbia una sua visione lui ce l'ha tutta, da subito, nella sua testa. È un processo molto interessante vedere come visualizza il film fin dall'inizio.

Hai incontrato anche lo sceneggiatore Wentworth Miller?
Non l'ho mai incontrato o parlato con lui ma lo ammiro enormemente per la sceneggiatura che ha scritto e per il suo talento. Park d'altra parte mi ha descritto Stoker molto bene, come il coming of age di una ragazza innocente che è anche una sorta di favola contorta e distorta.

Con quali altri registi vorresti lavorare?
Sopra tutti, Jane Campion, vorrei davvero fare qualcosa con lei. E poi ho girato con Jim Jarmusch, nientemeno, in Only Lovers Left Alive, dove interpreto una vampira un po' trash. Non mi piacciono i vampiri, non ero una di quelle ragazzine fissate con i vampiri, e neanche con le Barbie. Mi piacciono le cose morbide come gli orsacchiotti di peluche. Ne ho uno che viaggia sempre con me, si chiama Puff, e l'ho portato anche qui a Londra.

Come hai trovato punti in comune con un personaggio così inusuale come quello di India?
Ci sono delle cose con cui sono riuscita a identificarmi subito e altre no, ho empatizzato con il suo essere chiusa e separato dal mondo e dai suoi simili. Park mi parlava della sua innocenza, è una ragazza normale che alla fine ha gli stessi desideri degli altri adolescenti ed è vulnerabile perché non riesce a esprimerli. Per il resto siamo molto diverse, una parte di lei resta un vero mistero per me. La vera sfida è stata tenere in mente il percorso del viaggio che fa, la sua evoluzione, e credo che questo è una sfida costante quando interpreti un ruolo perché lo vivi ogni giorno.

Com'è stato lavorare con Nicole Kidman?
Meraviglioso, è una grande fonte di ispirazione per me, non solo perché è australiana, ma perché sono cresciuta guardando i suoi film e seguendo l'originale percorso della sua carriera. Ero così contenta quando l'ho incontrata la prima volta perché è stata gentilissima e ha condiviso con me le sue esperienze. Mi ha parlato dei suoi sforzi per stupire la gente cercando di non scegliere ruoli simili tra loro e sfidando sé stessa. Mi ha dato anche tanti consigli e mi ripeteva soprattutto di non preoccuparmi troppo del momento delle riprese, di non essere troppo cosciente quando giro una scena.

Ti è stato richiesto qualcosa di particolare per interpretare India?
Sì, di imparare a suonare il pianoforte, così due mesi e mezzo prima delle riprese ho prese lezioni intensive di pianoforte e mi sono appassionata moltissimo. È stato divertente imparare a suonare le parti delle canzoni che servivano per le riprese e mi spiace aver mollato per mancanza di tempo. Vorrei non dimenticare tutto.

Quanto difficile è stato scuoterti il personaggio di dosso?
È un sollievo scrollarsi di dosso il personaggio alla fine della giornata, togliere trucco e parrucco e lavar via tutto.

Ti sei trasferita a Sydney. Perché Sydney e non Hollywood?
Sono australiana, e mi piace visitare gli Stati Uniti e passarci dei periodi di tempo, ma non vorrei trasferirmici per sempre, significherebbe essere completamente assorbita dall'industria hollywoodiana.

Quanto conta l'ambizione nel tuo caso?
Abbastanza, ma non troppo. Non ritengo di essere troppo ambiziosa, almeno non più, non sono ossessionata dalla conquista dell'Oscar o di altri riconoscimenti, anche se naturalmente li trovo gratificanti e un complimento al tuo lavoro. Diciamo che la mia ambizione è essere felice di quello che faccio, e lo sono, anche se tutt'ora non riesco ad abituarmi al fatto che fare l'attrice comporti cose che non sono strettamente legate alla recitazione ma che comunque non posso evitare, come viaggiare e subire il jet lag, andare al lavoro distrutta dal volo ed essere sempre presentabile.

Come vorresti improntare la tua carriera?
A grandi linee so cosa voglio fare, ovvero scegliere film che mi piacciano e riuscire a ottenere parti in quei film. Vorrei provare sempre ruoli nuovi e diversi e divertirmi nel farlo, e poi un giorno vorrei cimentarmi nella regia. Non ho una strategia, scelgo in base al personaggio da interpretare e alle persone con cui avrei la possibilità di lavorare, per esempio adesso pensavo di aver un paio di film da girare ma per ragioni economiche potrebbero slittare per cui mi si prospetta il resto dell'anno libero e la cosa mi fa piacere, ho tanto a cui dedicarmi. Come la fotografia.