Recensione Suspiria (1977)

Ispirato da Thomas De Quincey, Argento costruisce una fiaba dark, evanescente e surreale, ma allo stesso tempo spaventosa e claustrofobica.

Sospiri e grida

Pur essendo un film molto diverso dal precedente Profondo rosso, Suspiria ne riprende il tema dell'occulto facendone il fulcro di tutta la storia ed esplora nuovi territori, quelli dell'horror, mettendo da parte i meccanismi del giallo che avevano caratterizzato i primi film di Dario Argento . Ispirato da una frase del libro Suspiria de profundis di Thomas De Quincey - in cui l'autore dice di voler scrivere un libro sulla storia di tre madri, Mater Suspiriorum, Mater Lachrimarum, Mater Tenebrarum, Argento costruisce una storia leggera ed evanescente intrappolata in una scatola emotiva spessa come piombo, un incubo pregno di elementi indecifrabili la cui assurdità non desta stupore come nella vita reale, ma arriva in fondo al nostro inconscio, come farebbe un bisturi nel buio spesso di un'anestesia. In questo contesto, Jessica Harper si muove come una fragile creatura da fiaba dei fratelli Grimm , una moderna Biancaneve che appena si lascia alle spalle il gran vociare rassicurante dell'aereoporto di Friburgo, al suo arrivo approda in un mondo parallelo del tutto simile a quello reale ma in cui gli elementi principali sono rovesciati, a mostrare le differenze tra il bene e il male, tema principale del film.

La storia si sviluppa, quindi, in un contesto di nette contrapposizioni continue: il nero ed il colore, ad esempio. I colori immersi nel nero, aloni di luci colorate che giocano ad inseguirsi in silenzio nel nero spesso come pece in cui è immersa la storia; la purezza e la corruzione, il candore della protagonista e la corruzione degli animi delle streghe, austere direttrici della scuola di ballo. Le urla ed il silenzio; urla improvvise che sembrano nascere dai lunghissimi silenzi come se fossero parte di essi. E poi, gli elementi naturali: l'Acqua, che avvolge Susy al suo arrivo a Friburgo, una pioggia talmente fitta da intrappolare le voci, le grida; il Fuoco, che divora e distrugge la scuola di danza alla fine del film. Elementi rovesciati; come Aria e Terra, che in questo film prendono uno il posto dell'altro, ed infatti, dagli alti soffitti del collegio piovono milioni di larve bianche, quelle che si nutrono del sonno dei morti.
In tutto il film si respira magia, mistero, irrazionalità . Non si può pretendere di conoscere perché alcune cose accadano, si può solo aspettare che l'incubo finisca. Non si può pretendere di sapere perché una donna in un corridoio cerchi di colpire lo sguardo di Susy con la luce riflessa in uno specchio, come non si può pretendere che tutto vada come dovrebbe. E la magia sembra superare il limite della finzione: sul set infatti accaddero cose strane: orologi che si bloccavano all'improvviso ed altre cose che il regista e la troupe non ricorderanno più dopo anni.

Lo stile di Argento, qui particolarmente estetizzante, mette in secondo piano il plot semplice ed esiguo come quello di una fiaba e fa risaltare la parte visiva, di una sublime bellezza visionaria: la fotografia, curata da Luciano Tovoli è straordinaria: il cromatismo del film così nitido e preciso si deve all'utilizzo di vecchie pellicole Kodak a bassissima sensibilità, risalenti al Technicolor degli anni '50. La scenografia di Giuseppe Bassan omaggia lo stile neo gotico tedesco con gli stucchi colorati, gli ori, le porte e le finestre ad ogiva e i doccioni ornamentali. Straordinari in questo film, sono alcuni interpreti: Alida Valli, Joan Bennett che interpretò molti film di Fritz Lang , che Argento considera uno dei suoi maestri, assieme a Cornell Woolrich; Jessica Harper che con la sua carnagione candida e gli occhi da cerbiatta spaurita è una perfetta Biancaneve, stavolta intrappolata in un covo di streghe.

Un grande successo di Dario Argento, soprattutto in Europa, e conosciutissimo oltreoceano: un giovane Stephen King ne parlò nel suo saggio Danse Macabre e di recente il magazine Empire lo ha annoverato tra i 100 migliori film horror, unico film italiano. Ma Suspiria non è un semplice horror, è un'opera d'arte, un collage in movimento fatto di colori, di sangue che scorre lento sulla pelle delle vittime come vernice lucida su manichini protagonisti di un sogno, sospetti, buio e rumori improvvisi, sussurri e grida e la colonna sonora dei Goblin. Non solo un capolavoro del genere, ma un'opera spaventosa e tesa dall'inizio alla fine, che non concede un attimo di respiro allo spettatore.

Movieplayer.it

5.0/5