Robert De Niro: 70 anni e non sentirli

Dal sodalizio con Scorsese all'ultima nomination all'Oscar, ripercorriamo la vita e la carriera di uno dei più grandi interpreti della storia del cinema, che, con sette film in lavorazione, sembra ancora ben lontano dal voler pensare alla pensione. Cento di questi film, Bob!

Se sei Robert De Niro non puoi certo sperare che i tuoi primi 70 anni passino sotto silenzio. Perché più che un grande attore De Niro ormai può essere definito un monumento vivente del cinema.
La sua carriera iniziò negli anni '60, quando il giovane Robert, cresciuto solo con la madre a Little Italy (i suoi divorziarono quando era piccolo), seguì la sua vocazione per la recitazione, dimostrando in breve tempo che questa era davvero la sua strada.
Da allora il successo per lui non ha conosciuto battute d'arresto e i suoi quasi 50 anni trascorsi sul grande schermo si sono arricchiti di una serie incredibile di interpretazioni immortali. Su tutte quelle, premiate con l'Oscar, del giovane Vito Corleone ne Il Padrino - Parte seconda di Francis Ford Coppola (1975) e del pugile Jake La Motta in Toro scatenato di Martin Scorsese (1981). Proprio con quest'ultimo l'attore ha costruito negli anni un sodalizio tra i più riusciti nella storia del cinema. Le loro collaborazioni sono in tutto otto, e includono film annoverati oggi tra i più grandi classici del cinema moderno. Tutto per loro iniziò nel 1973 quando girarono insieme Mean Streets, film di chiara ispirazione autobiografica per Scorsese, ambientato nel quartiere di Little Italy. Protagonista qui è Harvey Keitel, nei panni del nipote di un mafioso di quartiere che non riesce ad affrancarsi da un mondo che in realtà detesta. De Niro invece è l'irrequieto John Civello, soprannominato Johnny Boy, sempre a caccia di guai in un ambiente che non perdona.

"Ma dici a me?!"
A consegnarlo per sempre alla Storia però fu il ruolo dell'alienato reduce del Vietnam Travis Bickle in Taxi Driver (1977), una delle migliori interpretazioni di sempre di De Niro, indimenticabile nel monologo allo specchio con la pistola in mano "Ma dici a me? Stai parlando con me?" che fu lui stesso a improvvisare. Il copione infatti si limitava a dire: 'Travis parla a se stesso allo specchio' e la prova di De Niro sul set piacque così tanto a Scorsese che decise di tenerla nel montaggio finale. E non si pensi che questa abilità di improvvisazione sia frutto solo del talento naturale dell'attore. De Niro infatti è notoriamente un perfezionista che prepara con maniacale attenzione i suoi personaggi. Caratteristica che lo accomuna al suo mentore Scorsese, altrettanto meticoloso nella lavorazione dei suoi film. Basti pensare che per prepararsi al suo ruolo in Taxi Driver l'attore lavorò per sei mesi come tassista e studiò con attenzione il disturbo mentale che affliggeva il suo personaggio. Abitudine confermata dalle sue parole: "Quando recito non posso barare. So che il cinema è solo un'illusione, ma io mi rifiuto di crederlo. Le qualità di un attore, come dice Faulkner, devono essere simili a quelle di uno scrittore: esperienza, osservazione, immaginazione. La preparazione richiesta per un ruolo e l'esperienza necessaria per fare un film, sono durissime. Zero realtà quotidiana. Se sei realmente immerso nel film, il resto del mondo sparisce. Non ci sono né doveri né impegni. Poi, quando finisce e si ritorna alla realtà di prima, bisogna saper perdere completamente le caratteristiche del tuo io immaginario. E questo può essere un problema".
Parola d'ordine: immedesimazione
A dimostrazione di quale convinzione lo spinga a seguire questo metodo di immedesimazione si possono citare almeno altri due aneddoti: per recitare ne Il Padrino passò sei mesi nella zona di Corleone, in Sicilia, per imparare il siciliano, mentre per diventare il muscoloso pugile del Bronx di Toro scatenato non solo imparò a boxare, ma mise su 30 chili per un anno intero. Cosa che adesso forse farà meno impressione di allora, dato che ormai siamo abituati alle prove di coraggio di molte star, votate al mestiere tanto da dimagrire o ingrassare a comando per risultare più credibili nei loro ruoli (vedi Tom Hanks in Cast Away o Christian Bale ne L'uomo senza sonno).

Proseguendo sul sentiero dei grandi film realizzati dalla coppia Scorsese-De Niro impossibile non citare uno dei migliori gangster movie di sempre: Quei bravi ragazzi, girato nel 1990. Nuovo saggio di antropologia mafiosa firmato da Scorsese che vede Bob nei panni di Jimmy Conway, membro della banda dei "goodfellas" di un quartiere malfamato di Brooklyn. Accanto a lui Ray Liotta e il suo grande amico Joe Pesci che vincerà l'Oscar per questo film e con il quale De Niro si ritroverà spesso a recitare, dirigendolo anche nei suoi due film da regista: Bronx (1993) e The Good Shepherd - L'ombra del potere (2006).
Nel 1995 torna sul set con Scorsese in Casinò, in cui interpreta il direttore di un grande casinò di Las Vegas Sam "Asso" Rothstein. Accanto a lui ancora Joe Pesci, nei panni del mafioso Nicky Santoro e stavolta anche Sharon Stone, nel ruolo di Ginger, femme fatale che inizialmente lui usa per spolpare i clienti e che poi finisce per sposare. Ad oggi questo resta l'ultimo film frutto della fortunata collaborazione professionale con Scorsese, al quale l'attore è tuttora legato da un'amicizia molto forte, dettata anche dalla comune origine italo-americana. La stessa che ha spinto De Niro a riconoscere come suo degno erede cinematografico il più giovane collega Leonardo DiCaprio, cui ha passato il testimone nel sodalizio con Scorsese.

Da De Palma a Bertolucci: tutti i grandi che lo hanno voluto
A cavallo tra gli anni settanta e ottanta De Niro collaborò con molti altri rinomati registi, come Brian De Palma, al quale per la verità deve anche il suo vero debutto sul grande schermo con Ciao America! (1968) e con cui tornò a lavorare nel 1970 per Hi, mom! E nel 1987 per Gli Intoccabili.
Impossibile non citare Francis Ford Coppola (altro italo-americano a Hollywood) che gli regalò l'occasione della vita scegliendolo per Il Padrino - Parte seconda, valsagli, come detto, il suo primo Oscar. Poi ci furono Roger Corman (Il clan dei Barker), Elia Kazan (Gli ultimi fuochi), Michael Cimino (Il cacciatore), Terry Gilliam (Brazil), Kenneth Branagh (Frankenstein di Mary Shelley), Michael Mann (Heat - La sfida) e Quentin Tarantino (Jackie Brown).

Anche il cinema italiano ha avuto "la sua fetta di De Niro", grazie alle importanti collaborazioni con due grandi registi di casa nostra: Bernardo Bertolucci, che lo diresse nel 1976 in Novecento e Sergio Leone, che lo volle nei panni del criminale David "Noodles" Aaronson in C'era una volta in America (1984). Da allora De Niro, che nel 2006 ha ricevuto anche la cittadinanza italiana, è tornato a girare con un regista italiano solo nel 2011 per Manuale d'amore 3 di Giovanni Veronesi, in cui recita accanto a Monica Bellucci.

Il lato comico di Robert De Niro
A partire dagli anni '80, ma soprattutto negli anni '90 e 2000 l'attore alterna ai film drammatici anche molte commedie. Nel 1988 gira Prima di mezzanotte, in cui interpreta un ex poliziotto diventato cacciatore di taglie, e l'anno successivo Non siamo angeli, che lo vede nel divertente ruolo di un galeotto evaso e scambiato per un prete insieme a Sean Penn. Negli anni '90 ci furono poi Lo sbirro, il boss e la bionda e Terapia e pallottole, in cui torna a vestire i panni di un mafioso: nella fattispecie quelli di Paul Vitti, temutissimo capo della più potente famiglia newyorkese che deve fare i conti con imbarazzanti attacchi di panico. Il film ebbe un tale successo che nel 2002 se ne girò un sequel dal titolo Un boss sotto stress.
Tra le commedie più commerciali e di maggior successo c'è Ti presento i miei (2000) con i due sequel Mi presenti i tuoi? (2004) e Vi presento i nostri (2010), in cui De Niro interpreta Jack Byrnes, ex agente della CIA e maniacale suocero di un imbranatissimo Ben Stiller. Nei due sequel compaiono come consuoceri anche Dustin Hoffman e Barbra Streisand in versione hippie. Memorabile la scena di Mi presenti i tuoi? in cui De Niro mostra orgoglioso al genero la sua ultima invenzione: la ghiandola paparia, una protesi con cui allatta il nipotino in assenza della madre.

Non solo cinema...
Oltre alla sua attività di attore, regista e produttore Robert De Niro negli ultimi anni si è dedicato anche alla fondazione del TriBeCa Film Festival, nato in collaborazione con Jane Rosenthal nel 2002 per aiutare il suo quartiere, il Tribeca di New York appunto, a riprendersi dopo l'attentato dell'11 settembre. Nel giro di qualche anno il festival è diventato uno degli appuntamenti cinematografici più importanti della Grande Mela.
E come se ciò non bastasse De Niro si è dimostrato anche un ristoratore di successo<. Sempre a New York l'attore è infatti il proprietario del Tribeca Grill e della Locanda Verde, oltre che della catena NOBU e AGO. E anche se lui stesso ammette di amare la sperimentazione non può nascondere la sua predilezione per la cucina made in Italy: 'Non mi posso definire un foodie, ma adoro la buona gastronomia e sono sempre curioso di scoprire il cibo di paesi e culture diverse. Non potrei mai vivere senza il sashimi per esempio, ma nel cuore ho la cucina italiana. La ricetta che prediligo, semplice e rustica e che mi rammenta le mie origini sono gli spaghetti al filetto di pomodoro e basilico, che conquistano già solo per il loro profumo. Meglio poi se sono anticipati da stuzzichini come le polpettine e piselli e i crostini ai porcini. Il tutto bagnato da un buon vino Vie di Romans'. Buon sangue non mente insomma.

Il lato positivo dei 70 anni
Incurante degli anni che avanzano e ben lontano dal voler pensare a fare il pensionato, Robert De Niro anche negli ultimi anni non ha accennato a voler rallentare il ritmo dei quattro o anche cinque film all'anno, ancora con ottimi risultati. Nel 2012 è stato infatti anche candidato all'Oscar come miglior attore non protagonista per Il lato positivo - SIlver Linings Playbook di David O. Russell, in cui interpreta il padre ossessivo e fissato con le scommesse di Bradley Cooper, affetto da disturbo bipolare.
E anche adesso che di candeline ne spegne 70 De Niro riconferma tutta la sua grinta: secondo Imdb infatti gli attuali impegni dell'attore includono quattro film in post-produzione e tre in pre-produzione. Uno di questi è The Family di Luc Besson, storia di una famiglia di mafiosi che deve cambiare vita e identità come previsto dal programma di protezione testimoni, ma che fatica a cambiare abitudini di vita. Il film lo ha in qualche modo riunito con Martin Scorsese, che figura come produttore esecutivo.

Ripercorrendo la sua vita ci si accorge che anche sul piano personale De Niro non ha avuto tempi morti. L'attore infatti è padre di sei figli avuti con tre donne diverse, tre dei quali attraverso mamme surrogate. Sua figlia Drina è nata in realtà da una relazione precedente della sua ex moglie, l'attrice Diahnne Abbott con un altro uomo ed è stata poi legalmente adottata da De Niro. Con la Abbott ebbe poi un altro figlio, Raphael, (1976) che lo ha reso nonno di due nipoti nati nel 2007 e nel 2011. Nel 1995 ebbe due gemelli, Julian Henry e Aaron Kendrik, con la fidanzata dell'epoca Toukie Smith (attraverso un utero in affitto) e infine nel 1997 sposò Grace Hightower, con cui diventò di nuovo padre di Elliot nel 1998 e, alla veneranda età di 68 anni, nel 2011, della sua ultima erede Helen Grace, sempre avuta tramite madre surrogata. Un quadro familiare decisamente complesso e per il quale, considerata la vitalità dell'attore, non si escludono nuovi colpi di scena.
Non ci resta che augurargli di conservare ancora a lungo tutta questa energia!