Recensione Wolverine: L'immortale (2013)

Wolverine: l'immortale conferma che gli X-Men in gruppo risultano molto più efficaci su grande schermo, ma resta un film che può piacere ai fan del personaggio Marvel che ritroveranno almeno un paio di sequenze ad alto tasso d'adrenalina che sanno rendergli giustizia.

Who Wants to Live Forever?

Di tutti i supereroi e soprattutto di tutto il nutrito numero di X-Men, Wolverine è sicuramente tra i più amati. Relativamente giovane rispetto ad altri supercolleghi (è stato creato solo nel 1974), l'eroe di casa Marvel vanta una schiera di sostenitori numerosa ed appassionata e non sorprende che sia stato proprio lui ad essere il primo dei mutanti ad ottenere uno spin-off tutto suo... anzi due.
Sì, perchè nonostante un poco riuscito X-Men - Le origini: Wolverine, la 20th Century Fox ha deciso di insistere sul percorso di Logan parallelo a quello dei suoi compagni mutanti, mettendo in cantiere una sua nuova avventura in solitaria, scritta da Christopher McQuarrie ed ispirata alla miniserie a fumetti con ambientazione giapponese di Wolverine scritta da Chris Claremont ed illustrata da Frank Miller.
Quella che si dipana sullo sfondo del paese del Sol Levante è una storia di Logan intima, personale e sofferta, che ci mostra il personaggio intepretato da Hugh Jackman tormentato dagli spettri del suo passato ed alle prese con il prezzo dell'immortalità in cui si sente intrappolato.
E già il titolo, Wolverine: l'immortale, sottolinea come il focus sia proprio sull'esistenza autorigenerante del mutante armato di artigli, quel fardello rappresentato dalla vita eterna che sembra gravare sulle spalle dei quanti, nell'articolato mondo della finzione, la possiedano.


E' il suo vecchio amico Yashida a proporsi di porre fine a questa esistenza: l'uomo, che lo stesso Logan aveva salvato nel 1945 durante l'esplosione della testata nucleare, è ormai in punto di morte e si offre di usare un macchinario di sua creazione per rubargli l'energia vitale, rendendolo mortale e guadagnando in cambio per sé stesso l'agognata guarigione.
Quello di Logan al capezzale del vecchio amico, condotto dalla giovane Yukio, è l'inizio di un viaggio, sia reale lungo il Giappone che interiore, in cui le motivazioni di tutte le forze in gioco appaiono ambigue, in cui il confine tra buoni e cattivi è sottile. Un'avventura durante la quale Wolverine è costretto a proteggere Mariko, la nipote di Yashida e sua vecchia fiamma, senza potersi affidare alla sua capacità di rigenerazione. Una privazione che gli mostra con chiarezza cosa voglia dire realmente essere mortale.
Da Tokyo a Nagasaki, tra combattimenti sul tetto di uno Shinkansen lanciato a tutta velocità ed artigli incrociati in battaglia con le lame dei samurai, quello del personaggio di Hugh Jackman è principalmente un percorso alla ricerca della propria identità, per venir fuori dalla crisi che lo attanaglia dopo gli eventi visti nei precedenti X-Men (questo nuovo film va idealmente collocato dopo X-Men: Conflitto finale).
James Mangold si allontana dalla via sicura del film di supereroi classico e concentra l'attenzione su Logan e la sua sofferenza, rendendo il suo Wolverine: l'immortale un film drammatico con venature thriller.
L'azione non manca, non potrebbe, ma rappresenta degli strappi non sempre omogenei in un tessuto di natura diversa, situazioni a tasso di spettacolo medio-alto che vengono però spesso risolte in modo frettoloso o approssimativo, anche a causa di avversari poco convincenti e con personalità troppo esile per fronteggiare quella del protagonista.
Si tratta comunque dei momenti più coinvolgenti del film, che sembra arenarsi quando cala il ritmo per sviluppare il background e l'intreccio, che da ambiguo diventa spesso confuso.

In questa alternanza di momenti più o meno riusciti, spunti interessanti sono offerti dall'ambientazione giapponese ed i suoi contrasti: modernità e tradizione si intersecano, mentre il parallelo tra Wolverine e la figura del ronin (il guerriero senza padrone della tradizione nipponica) offre una interpretazione interessante del popolare personaggio, figura carismatica eppure solitaria all'interno del gruppo di mutanti in cui si era, forzatamente ed a fatica, inserito.
Allo stesso modo la cultura del Sol Levante è alla base del conflitto che anima Mariko (l'esordiente modella Tao Okamoto), spaccata dallo scontro tra l'amore per Logan ed il senso del dovere nei confronti del nonno, ma la giovane attrice orientale non riesce a portare su schermo tutte le sfumature del suo personaggio. Sorte non dissimile tocca a Rila Fukushima, che dà volto ed agilità a Yukio, ed agli altri membri giapponesi del cast: nessuno di loro, nè Svetlana Khodchenkova che porta su schermo Viper, ha il carisma innato di Jackman. L'attore australiano finisce così per sostenere l'intero film sulle sue spalle, che, per quanto ampie e possenti, non sono sufficienti a reggerlo.
Wolverine: l'immortale non convince del tutto e conferma che gli X-Men in gruppo risultano molto più efficaci su grande schermo, ma resta un film che può piacere ai fan del personaggio Marvel che ritroveranno almeno un paio di sequenze ad alto tasso d'adrenalina che sanno rendergli giustizia.
E, come sempre in questo genere di film, aspettate la fine dei titoli di coda!

Movieplayer.it

3.0/5