Recensione Upside Down (2012)

Il regista Juan Solanas è riuscito a strutturare una vicenda che si sviluppa esattamente a metà strada tra la tradizione narrativa shakespeariana e l'evoluzione cinematografica degli ultimi anni, riunendo due amanti divisi dalle differenze di classe e da due gravità opposte.

Amore gravitazionale

Secondo Honorè de Balzac "ci sono abissi che l'amore non può superare, nonostante la forza delle sue ali". Una teoria questa che, per quanto realista, , male si abbina con il percorso naturale della cinematografia romantica nata dall'esigenza di regalare sogni impossibili ai suoi estimatori. Sarà per questo, che il regista e sceneggiatore argentino Juan Diego Solanas ha preferito seguire i dettami del poliedrico da Vinci e costruire una vicenda dove il sentimento "ogni cosa vince", riuscendo anche nell'impresa estrema di riunire degli amanti divisi dalle differenze di classe e da due gravità opposte. Perché, giusto per aggiungere un po' di pepe all'intreccio amoroso e agli ostacoli che si oppongono alla sua realizzazione, il film Upside Down impone un'ambientazione fantascientifica e futuribile dove la coppia in questione si trova a dover colmare addirittura una differenza planetaria. Così, definitivamente archiviate le avversità causate da famiglie nemiche, a rendere la vita difficile al giovane Adam e alla sua Eden è la lontananza che, rappresentata da due pianeti separati, attribuisce al rapporto a distanza tutto un altro significato. Secondo questa struttura particolare, il loro mondo è reso unico da due diverse gravità che impongono delle regole di sopravvivenza piuttosto rigide: tutta la materia è attratta dal centro del pianeta da cui proviene, il peso di un oggetto può essere controbilanciato con la materia del mondo opposto e, per finire, il contatto tra queste due diverse realtà, dopo un breve lasso di tempo, porta alla combustione.


Ad aggravare la situazione, poi, è un'evidente distinzione sociale dove, il mondo di sopra cui appartiene Eden, sembra essere destinato a dominare e sfruttare quello di sotto, di cui Adam rappresenta la classe operaia. Una situazione in apparenza irreversibile e destinata a far fallire qualsiasi aspettativa romantica, se Solanas non avesse creduto nel principio sentimentale per eccellenza: ossia l'invincibilità dell'amore. Seguendo questo faro guida, il regista è riuscito a strutturare una vicenda che si colloca esattamente a metà strada tra la tradizione narrativa shakespeariana e l'evoluzione cinematografica degli ultimi anni, dimostrando come sia possibile vivere il romanticismo anche sull'onda delle recenti tecnologie. Ad rendere fattibile questo esperimento è una scenografia insolita per il genere capace di dimostrare, attraverso l'uso di immagini esteticamente intense, come l'innovazione tecnica possa tornar utile all'enfasi della narrazione. Così, sospesi a metà tra i loro due mondi, Jim Sturgess e Kirsten Dunst danno vita ad una vicenda dove l'esasperazione o l'esagerazione del romanticismo sembra essere sempre dietro l'angolo, ma che viene contenuta da continui colpi di scena il cui fine è dettare il ritmo di un intreccio altrimenti facilmente prevedibile. Oltre a fughe acrobatiche, rischi di combustione e sogni di rivalsa, ad allontanare il film dall'eccesso di zucchero è anche la costruzione e l'utilizzo dei personaggi che, andando oltre la centralità dei protagonisti, riescono nel tentativo di diversificare e ampliare il racconto.

In questo modo oltre il sempre più protagonista Sturgess, ormai eletto nuovo eroe romantico dopo Across the Universe e One Day, e la Dunst, certo non nuova al genere, a definire la natura e la qualità del film è l'inglese Timothy Spall, noto per le sue capacità da caratterista. Il cinema lo conosce già per le partecipazioni a pellicole come Il discorso del Re, Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street e per l'interpretazione del traditore Peter Minus nella saga di Harry Potter, quindi non stupisce di trovarlo anche in questo caso perfetto nelle vesti della "spalla" Bob. A lui, in particolare, è affidato il compito di raccontare la realtà al di fuori della coppia e di rappresentare il tutto attraverso un altro punto di vista che, almeno in questo caso, è allo stesso tempo una condizione mentale e fisica. Con la gaudente serenità di chi è in pace con se stesso, il suo personaggio assume prima il ruolo di unione tra le due realtà parallele e poi di complice nella realizzazione delle ambizioni romantiche di Adam. Il fine, naturalmente, è dimostrare che non esitano distanze o differenze impossibili da colmare se a spingere nell'impresa è un sentimento onesto e costante. Indubbiamente si tratta di un messaggio ridondante e stucchevole, ma se a raccontarlo è il cinema, luogo destinato al nascere e proliferare delle illusioni più affascinanti, non possiamo fare altro che lasciarci andare e credere ciecamente anche ad un amore gravitazionale.

Movieplayer.it

3.0/5