Recensione Under the Skin (2013)

Non è un film per tutti questo Under the Skin, ma può anche rappresentare una visione affascinante e ipnotica, nonché piuttosto originale, per coloro che non sentono la necessità di un intreccio narrativo o di alcun tipo di spiegazione.

Sguardo alieno

A nove anni di distanza dal suo ultimo film, il discusso Birth - io sono Sean, il regista Jonathan Glazer ritorna al Lido di Venezia e ancora una volta l'accoglienza non è delle migliori: non è un film per tutti questo Under the Skin, e lo dimostrano certamente i fischi ricevuti al termine della proiezione stampa, ma può anche rappresentare una visione affascinante e ipnotica, nonché piuttosto originale, per coloro che non sentono la necessità di un intreccio narrativo o di alcun tipo di spiegazione.

Questo perché, pur estrapolando il soggetto da un romanzo, Sotto la pelle di Michel Farber, il regista sceglie di realizzare un qualcosa di ben più astratto, ed è così che la storia della misteriosa e bellissima extraterrestre (che qui non ha nome, mentre nel libro si chiamava Isserley) interpretata da Scarlett Johansson diventa semplicemente un pretesto per raccontare il nostro mondo e l'umanità da un punto di vista freddo e distaccato.

Niente metafore o allegorie, nessuna satira sociale o politica, soltanto un alieno che cerca di portare avanti il suo (misterioso e mai spiegato) compito in stile "mantide", ovvero attirando con le sue grazie uomini soli per poi imprigionarli in un liquido vischioso, ma nel frattempo si lascia a sua volta sedurre dalle imperfezioni della nostra umanità e del nostro mondo, finendo con il commettere un unico grande errore: quello di credere che bontà e gentilezza siano elementi comuni a tutti gli esseri umani.

Ex virtuoso della cosidetta MTV Generation - si devono a lui alcuni dei più celebri videoclip di Blur, Jamiroquai e Radiohead - Glazer continua a stupire per l'originale utilizzo della macchina da presa e soprattutto di musiche ed effetti sonori, utilizzati qui per donare al film un look ed un sound che sembrano davvero arrivare da un altro pianeta; ma anche per il coraggio di mescolare finzione e realtà, attraverso la coraggiosa scelta di far lavorare la sua diva con attori non protagonisti, e spesso inconsapevoli, trasformando così parte del suo film in una gigantesca candid camera d'autore.

E' forse proprio questo il maggior limite del film, perché se da un lato così facendo dona all'opera un senso di innegabile naturalezza, dall'altro lo svuota di significato, di tensione narrativa e di emozioni, una scelta ovviamente voluta ma che non può che rappresentare anche un'arma a doppio taglio.

Ma probabilmente Glazer è anche ben consapevole che potendo contare su un'attrice carismatica e dalla bellezza magnetica quale Scarlett Johansson questo è un rischio che può tranquillamente permettersi: la giovane ma esperta attrice da parte sua dimostra grande fiducia nel progetto, tanto da mettersi letteralmente a nudo ed affrontare il ruolo senza schemi e senza una vera e propria guida; e soprattutto nella seconda parte del film è brava ad esprimere il senso di curiosità e meraviglia di un personaggio che in apparenza è solo un corpo splendido ma vuoto, e che invece giorno dopo giorno, in modo quasi impercettibile, diventa sempre più desideroso di avvicinarsi a quell'umanità spiata da lontano.

Movieplayer.it

3.0/5