Recensione Una pistola en cada mano (2012)

Un ritratto impietoso del maschio di oggi, trasformatosi nel nuovo sesso debole per sua propria incapacità e colpa. Tuttavia lo sguardo di Cesc Gay non è mai cinico e spietato, né scade nel ridicolo o nella farsa; ma anzi racconta i fallimenti e le incapacità dei propri personaggi con molta umanità e partecipazione, lasciando trasparire un affetto e una condivisione simpatetica delle loro vicissitudini.

Uomini sull'orlo di una crisi di nervi

Dodici anni dopo la commedia rivelazione Krámpack, Cesc Gay firma un'altra opera generazionale, questa volta concentrandosi su una diversa stagione dell'esistenza. L'ingenuità, la leggerezza e la spontaneità dell'adolescenza, infatti, hanno lasciato il posto alle complicazioni, ai fallimenti e alle nevrosi del mondo adulto. Mentre in gioventù i sentimenti erano esternati senza filtri e mediazioni, gli uomini maturi invece sembra che facciano di tutto pur di nasconderli e reprimerli. Tuttavia, nonostante il cambio di prospettiva anagrafica ed emozionale, l'apprezzato regista e sceneggiatore spagnolo decide di adottare il medesimo registro stilistico improntato su una scrittura brillante e su un'atmosfera lieve, per quanto non esente da un retrogusto amarognolo e malinconico di fondo. Comun denominatore di tutta la filmografia di Cesc Gay, presente anche in quest'ultimo lavoro, è l'attenzione privilegiata che viene rivolta alla sceneggiatura e ai dialoghi, molto spesso d'origine teatrale, scritti sempre insieme al fedele collaboratore Tomàs Aragay.

Una pistola en cada mano si sviluppa come una collezione di sequenze dall'impostazione quasi teatrale, un collage di siparietti magnificamente scritti e recitati da alcuni dei migliori interpreti del panorama iberico, ciascuno dei quali ha per protagonisti degli uomini in crisi di mezza età. Si va dall'incontro casuale tra due vecchi amici J. (Leonardo Sbaraglia), in cura presso uno psicologo, ed E. (Eduard Fernández), giornalista divorziato e spiantato, tornato a vivere dalla madre; proseguendo con S. (Javier Cámara) che tenta pateticamente di ricongiungersi con l'ex moglie; cui si aggiunge G. (Ricardo Darín) il quale, per affrontare il tradimento della moglie che lo sta logorando psicologicamente, decide di andare a parlare con l'amante di lei. La raccolta di bozzetti "malincomici" si completa con il goffo P. (Eduardo Noriega), uomo sposato che tenta di sedurre un' esuberante collega, e si conclude con A. (Alberto San Juan) ed M. (Jordi Mollà), una coppia di amici che riescono a comunicare soltanto l'uno attraverso la moglie dell'altro.

Come si può notare, tutti i personaggi maschili di Una pistola en cada mano sono identificati esclusivamente da una iniziale, quasi che fossero dei tipi ideali, sorta di prototipi ricorrenti nella società contemporanea, che si comportano e reagiscono sempre nella medesima maniera: l'insoddisfatto, il cornuto, il divorziato pentito, il depresso, l'impotente. Al contrario, nella sceneggiatura, tutte le donne posseggono un nome completo, come a sottolineare la superiorità e il dominio dell'universo femminile, maggiormente complesso e sfaccettato.
Ne esce fuori un ritratto impietoso del maschio di oggi, trasformatosi nel nuovo sesso debole per sua propria incapacità e colpa. Tuttavia lo sguardo di Cesc Gay non è mai cinico e spietato, né scade nel ridicolo o nella farsa; ma anzi racconta i fallimenti e le incapacità dei propri personaggi con molta umanità e partecipazione, lasciando trasparire un affetto e una condivisione simpatetica delle loro vicissitudini. In questo, è anche coadiuvato da un sorprendente collettivo di interpreti, capaci di sfuggire al bozzettismo e agli stereotipi da barzelletta grazie alle sfumature incredibilmente realistiche che conferiscono al proprio ruolo.