Recensione Una piccola impresa meridionale (2013)

Dopo il fortunato esordio di tre anni orsono, Rocco Papaleo sceglie una strada nuova, che equivale tuttavia al recupero di una struttura narrativa più classica: confezionando una commedia animata da una variegata, apparentemente mal assortita, galleria di personaggi.

Restaurarsi e reinventarsi

Costantino è, fin da piccolo, un "tifoso di Gesù Cristo", che non ha perduto la sua fede ma non è più disposto a dedicarle tutta la sua vita. L'uomo, infatti, è un ex prete che ha appena abbandonato la tonaca, per amore di una donna che, una volta appresa la sua decisione, ha rapidamente deciso di abbandonare lui. Per evitare che, nel paesino dell'Italia meridionale in cui l'ex sacerdote vive, la cosa venga fuori, sua madre decide di "confinare" Costantino in una vecchia proprietà di famiglia, un faro dismesso posto fuori città. Ma, per l'anziana Stella, la decisione del figlio non è l'unica ragione di preoccupazione: l'altra figlia, Rosa Maria, ha infatti appena lasciato suo marito Arturo, fuggendo con un non meglio identificato amante. Nel vecchio faro, diventato la sua nuova casa, Costantino riceverà presto la visita di Arturo, incapace di capacitarsi del tradimento di sua moglie; ma anche quella di Magnolia, ex prostituta proveniente dall'Europa dell'Est, in rotta con sua sorella addetta alle pulizie nella proprietà. Infine, nel faro si stabiliranno anche Raffaele e Jennifer, con al seguito la piccola Mela; i due sono gli eccentrici proprietari di una ditta di ristrutturazioni, chiamata da Costantino per la manutenzione dell'edificio. Tutti questi personaggi instaureranno presto, nella vecchia magione, un microcosmo colorato e stravagante, che aiuterà Costantino (e non solo) a dare senso e direzione nuovi alla sua vita.


Dopo un esordio sorprendente come quello di Basilicata Coast to Coast, Rocco Papaleo, per la sua seconda prova da regista, poteva adagiarsi sul successo ottenuto e decidere, furbescamente, di replicarne la formula. Per questo, nonostante (lo diciamo subito) Una piccola impresa meridionale rappresenti un piccolo passo indietro per l'attore/regista lucano, va dato atto a Papaleo di aver cercato strade nuove; con una storia dal forte taglio personale (che è divenuta anche un romanzo, attualmente in libreria) che affronta un variegato insieme di temi quali la fede, le relazioni familiari, il bisogno di radici e la necessità di ristrutturare/reinventare la propria vita. Una strada nuova che, per il simpatico artista, equivale in realtà a un ritorno al classico, alle radici di certa commedia all'italiana, al suo tono sottilmente malinconico ma pregnante, alla sua galleria di personaggi in cui si ritrovano vizi e virtù dell'italiano medio (e non solo). Una scelta che per qualcuno, dopo la struttura frammentata, sincopata e narrativamente originalissima del film precedente, potrà forse equivalere a una normalizzazione di sguardo, a un cedimento a quel mainstream a cui, in fondo, lo stesso Papaleo non ha mai negato di appartenere. Analisi fuorviante, a nostro avviso: perché la sincerità di questo progetto, unita (malgrado i suoi difetti) all'evidente simpatia che ispira, ci sembra una caratteristica innegabile. Sarebbe stato molto più facile, per Papaleo, cercare di replicare l'alchimia (di immagini e suoni) che aveva fatto la fortuna del suo film d'esordio, col rischio di trasformarne l'estetica in maniera.

Ben venga, quindi, la narrazione più classica, articolata e (nelle intenzioni) compatta, di questa nuova opera, ben venga l'ambientazione fissa e da cartolina, ricostruita in una Sardegna indistinguibile dai solari paesaggi del Sud; ben venga la galleria di personaggi caricaturali, sopra le righe, dal "cornificato" Riccardo Scamarcio alle sorelle terribili Barbora Bobulova e Sarah Felberbaum, fino ai restauratori/sognatori itineranti Giovanni Esposito e Giampiero Schiano. La convivenza nello spazio ridotto del faro mette in luce le differenze, fa deflagrare i caratteri opposti, dà luogo a situazioni grottesche e divertenti; ben rese, queste ultime in special modo, da un'attrice d'esperienza come Giuliana Lojodice, perfetta nel ruolo dell'anziana donna del sud, che per amore dei figli supera una notevole serie di barriere. Più in generale, tutti i protagonisti di questa commedia collettiva sono ben diretti da un Papaleo che rivela di saperne sfruttare il potenziale: lo stesso Scamarcio si rivela divertente e malinconico insieme, dando inoltre vita, nel subplot con l'anziano padre (interpretato da Giorgio Colangeli) a una delle componenti più riuscite e toccanti del film, ben riassunta nell'onirica scena del funerale. Eppure, non tutto funziona al meglio, in una costruzione narrativa che cerca, nei canonici 100 minuti, di trattare forse troppi temi, non approfondendoli tutti a dovere (per fare un esempio, la riconciliazione di Scamarcio con l'ex compagna arriva in modo posticcio e poco credibile) e sfilacciandosi in una serie di episodi spesso poco rilevanti. Gli stereotipi affiorano sovente qua e là (le due sorelle che si urlano contro in una lingua straniera, la retorica e poco convincente sequenza del matrimonio) mentre qualche passaggio di sceneggiatura (il funerale celebrato da un prete spretato) si rivela poco credibile.
Nonostante questo, Papaleo resta un talento comico naturale, anche molto versatile nel riprodurre personaggi diversi, mantenendo una cifra personale e sopra le righe sempre presente. La sua conoscenza dei tempi comici, e la buona sicurezza mostrata, anche qui, nella gestione del cast, rendono questo Una piccola impresa meridionale un prodotto comunque godibile. Una parola va spesa anche per la colonna sonora, qui meno integrata nella struttura filmica rispetto al film precedente, limitata a un costante "tappeto di note", e alla sottolineatura di singole sequenze: un lavoro comunque di tutto rispetto, quello di Rita Marcotulli, che ancora una volta mostra l'anima intimamente jazz dell'artista lucano. Solo quando sentiamo il pezzo Dove cadono i fulmini della cantautrice Erica Mou, scritto precedentemente al film e fortemente voluto da Papaleo, il commento sonoro passa in primo piano, a sottolineare un'altra delle sequenze più intense, ed efficaci, dell'intera pellicola.

Movieplayer.it

3.0/5