Recensione Tutti i santi giorni (2012)

Ironico ma non corrosivo, il film di Virzì si muove leggero nel raccontare la storia di due eccezioni, due ragazzi che non hanno avuto paura a scegliersi.

Stelle buone

Antonia la notte dorme. Guido invece lavora. Quando arriva nella minuscola casa poco fuori Roma non dimentica mai di portare la colazione a letto alla sua compagna, spiegando nel dettaglio vita, morte e miracoli del santo del giorno. E dopo quel piccolo rito, i due possono abbandonarsi all'amore. Poi, la ragazza monta sul motorino e sfreccia verso l'autonoleggio in cui è impiegata e lui può finalmente riposare in attesa di tornare all'albergo dove fa il portiere di notte. La routine attecchisce poco e male nel nido di questa giovane coppia spaiata: colto studioso di lingue antiche lui, verace cantautrice lei, entrambi alle prese con una professione che non li rappresenta affatto. Non ha alcun valore dal momento che sono innamoratissimi. Quello che conta veramente, anche se per motivi tutti da comprendere, è un figlio. A 33 anni lei si sente 'scadere', non vuole essere una primipara attempata e di concerto con Guido decide di provarle tutte per concepire un bambino. Una trafila lunga e dolorosa che parte dalla visita di un luminare, 'il ginecologo del papa', in verità affatto risolutivo, passa per l'approdo ad un improbabile centro di medicina naturale, dove gli spermatozoi si riattivano camminando a piedi nudi sulla neve (tutt'al più si guariscono le intolleranze alimentari) e finisce dalla brusca dottoressa che li introduce nel mondo della fecondazione assistita. Difficile reggere a tutto questo, quando la volontà di avere un bambino si scontra con la realtà, con i vicini di casa impiccioni e volgari, con i genitori che non capiscono proprio cosa abbiano fatto di male a quella figlia un po' sopra le righe per essere trattati a pesci in faccia.


Piacciano o meno stile e poetica, Paolo Virzì è comunque una delle voci registiche più originali del panorama italiano. Devoto quasi per impostazione genetica e geografica alla commedia, genere che non ha certamente trasformato, ma che ha saputo rileggere con personalità e soprattutto con l'indubbia capacità di far risplendere i personaggi di luce propria, l'autore livornese tenta oggi un'ulteriore svolta della sua carriera, cimentandosi con una commedia sentimentale tout-court. Perché questo è Tutti i santi i giorni, la storia divertente ed emozionante di un uomo e una donna che si amano. Partendo dal libro di Simone Lenzi (autore della sceneggiatura assieme allo stesso Virzì e a Francesco Bruni), La generazione, il regista regala nuovi tempi comici al romanzo, il lungo monologo interiore di Guido, lo riscalda e lo rende più vivo, anche grazie a due corpi scenici quanto mai azzeccati, lo ieratico Luca Marinelli e la scatenata Thony, autrice delle musiche e delle canzoni. Quella del cineasta è una sfida al pubblico affinché abbandoni il cinismo esasperante dei nostri tempi, per sposare il percorso di due giovani diversi da tutti. Che Virzì abbia un grande affetto per le nuove generazioni, lo dicono molti dei suoi film. In Ferie d'agosto solo i figli erano in grado di comunicare e superare gli steccati dell'ideologia dei padri un po' ottusi, così come la Caterina di Caterina va in città riusciva a non perdersi il meraviglioso primo bacio, mollando quei genitori squinternati.

Guido e Antonia proseguono questo ideale percorso tracciato dal regista, rappresentandone il lato più adulto. Sono due personaggi belli nel senso più profondo del termine, sfaccettati, pieni di colori, con le crisi e i difetti che ognuno incarna; Guido accetta senza angosce il lavoro che gli è toccato, pur sapendo di poter aspirare ad una cattedra a Princeton. E' un nerd, ma non è uno sfigato, perché riesce ad essere gentile senza sforzo e a far valere la propria volontà (rifiuta la 'paghetta' che timidamente la madre gli offre); Antonia ha fatto del 'buttarsi' nella vita, della spontaneità, uno schema un po' troppo ripetitivo, che l'ha portata molte volte a confrontarsi con uomini senza spessore, giusto per avere la conferma di non essere in grado di fare nulla. Incapace di vedere quanto di buono è riuscita a fare, anche solo andandosene dall'odiata casa familiare, è ancora troppo arrabbiata con genitori per riconoscersi una identità. Nel suo mondo pazzerello di artista punkcontrotutti piomba all'improvviso un uomo gentile, che la ama e quindi la spiazza. Lui aumenta il ritmo della camminata e si scopre più deciso, lei ogni tanto inciampa, strepita, strilla, ma trova una sua forza.
Non si tratta del classico discorso degli opposti che si attraggono, tipico presupposto di certe rom-com che mirano ad enfatizzare le differenze di ogni carattere, per calcare poi la mano sul lieto fine. I protagonisti sono sì agli antipodi ('Quella incosciente sono io, tu devi essere quello coi piedi per terra, sennò è un casino', dice Antonia a Guido), ma non è certo per questo che si amano e forse non è neanche importante saperlo (lo scopriremo comunque alla fine, perché certe curiosità vanno soddisfatte). Ciò che conta è come reagiscono al percorso a ostacoli che hanno scelto e quanto questo 'giochi senza frontiere' li metta alla prova come individui e come coppia. Non è quindi il bisogno di avere un figlio il cuore pulsante del film, ma lo 'scandaloso' rapporto che rende i protagonisti irrimediabilmente diversi (per noi migliori) del contesto che li circonda; un mondo brutale, dove si fa presto a perdere la dignità e il contatto con sé stessi, dove le distanze tra centro e periferia sono lunghissime, così ampie da delineare mondi quasi contrapposti, fotografati con grande bravura da Vladan Radovic. Ironico ma non corrosivo, il film si muove leggero quindi nel raccontare la storia di due eccezioni, due ragazzi che non hanno avuto paura a scegliersi. Se un difetto c'è è nell'automatismo con cui vengono tratteggiati 'gli altri', i vicini di casa 'coatti' che chiedono ad una cantautrice alla P.J. Harvey di intonare Grazie Roma, i chiassosi e 'mostruosi' genitori di lei, il suo ex Jimmy, immancabilmente sbalestrato e 'fumato'. A fronte di due protagonisti che, all'opposto, sono stati scritti in maniera efficace, credibile, diciamo di più, affettuosa, si poteva trovare un modo diverso, più sfumato, anche per descrivere la biondona di Acilia con il french alle mani e il suo stupido compagno tatuato. Fortunatamente però il film appartiene a Guido e Antonia.

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4.0/5