Recensione Le paludi della morte (2011)

Le cose buone contenute in Texas Killing Fields sono molte. Al di là delle imperfezioni narrative e di qualche incertezza nel montaggio, il film scorre deciso verso la risoluzione finale dimostrando una buona capacità di controllo della tensione grazie ai colpi di scena che costellano il plot, ma questo non cancella i difetti della pellicola.

Nelle paludi della morte

Per la sua opera seconda, che arriva dieci anni dopo l'esordio con Morning, Ami Canaan Mann non rinnega l'eredità paterna e decide di misurarsi col genere noir/thriller di cui il celebre genitore è maestro. In Le paludi della morte la regista parte da fatti di cronaca realmente accaduti nelle paludi che circondano Texas City dove, a partire dal 1969, erano stati gettati i cadaveri di una cinquantina di donne vittime di violenze sessuali per raccontare la storia dei due detective che si occuparono del caso, il texano Mike Souder (Sam Worthington) e il newyorkese Brian Heigh (Jeffrey Dean Morgan). L'indagine poliziesca che rappresenta l'asse portante del film si svolge nel cuore della provincia americana sudista, in un habitat ruvido e ostile in cui la criminalità affonda le radici nelle misere condizioni socioeconomiche in cui versa il sottoproletariato. E proprio l'ambiente si candida al ruolo di protagonista tra i protagonisti fornendo un apporto essenziale al film in termini visivi, narrativi e di atmosfera.


Texas Killing Fields si divide tra la periferia malfamata di Texas City, giurisdizione in cui operano i due detective, e i killing fields del titolo, una vasta area paludosa e disabitata che rappresenta il luogo ideale in cui commettere crimini e far sparire le vittime visto che in breve tempo ogni traccia viene cancellata dall'acqua e dal fango. Le paludi, con la loro immensa distesa d'erba scura e gli alberi spettrali che costeggiano gli acquitrini, rappresentano la cifra visiva del thriller fungendo, inoltre, da metafora della condizione psicologica dei due detective, impantanati a loro volta in un'indagine complicata e dolorosa. Fin da subito appare chiaro che Ami Mann sembra intenzionata a portare avanti un discorso registico impostato sulla gestione di un'atmosfera più che sull'articolazione dell'intreccio noir e che la sua massima preoccupazione non è quella di arrivare alla rivelazione dell'assassino. La sceneggiatura, firmata da Don Ferrarone, si preoccupa principalmente di dar vita a caratteri tridimensionali, dalla psiche ben definita, sia che si tratti dei due detective che della giovane Ann (interpretata da Chloe Moretz) e della madre sbandata (Sheryl Lee). A farne le spese è lo svolgimento dell'intreccio che in alcuni casi presenta dei buchi e rallentamenti, arrivando, nella seconda parte del film, a far sparire un personaggio, l'ex moglie di Mike (Jessica Chastain), anche lei detective in forza all'area dei killing fields a cui era stata dedicata particolare attenzione in apertura del film.

Le cose buone contenute in Texas Killing Fields sono molte. Al di là delle imperfezioni narrative e di qualche incertezza nel montaggio, il film scorre deciso verso la risoluzione finale dimostrando una buona capacità di controllo della tensione grazie ai colpi di scena che costellano il plot, ma questo non cancella i difetti della pellicola. Lo zampino del produttore Michael Mann non traspare quasi mai e il thriller non si eleva dal livello medio su cui si attesta a causa di una regia sicura, ma scarsamente originale. Nonostante l'ottimo accento texano sfoggiato, Sam Worthington non brilla per espressività, mentre alla brava Chastain viene affidato un ruolo un po' stereotipato da poliziotta 'dura'. Chloe Moretz si dimostra convincente come al solito, ma a fornire la miglior performance del film è l'intenso Jeffrey Dean Morgan, capace di imprimere gravità e potenza al suo appesantito detective, fervente cattolico impegnato a venire a patti con la violenza che si trova a dover combattere. In una pellicola in cui l'ambiente naturale ha una valenza così importante, un po' stupisce vedere che la bellezza e il fascino lugubre dei luoghi in cui si muovono i personaggi vengano offuscati da una fotografia cupa e dai colori impastati che mostra tutti i suoi limiti, soprattutto nelle scene notturne.

Movieplayer.it

3.0/5