Recensione Si può fare l'amore vestiti? (2012)

A ricordare quanto 'le comari di un paesino non brillino certo d'iniziativa' ci aveva già pensato Fabrizio De Andrè con la sua ballata dedica a Bocca di Rosa, ma Donato Ursiti ha deciso di riprendere questa suggestione per raccontare una commedia leggera e di costume dove poter ridere con un pizzico di senso critico di sé stessi e delle proprie piccolezze.

A scuola di sesso

A porsi la domanda del titolo, Si può fare l'amore vestiti?, sono gli abitanti di un paesino della Puglia che, chiusi nel pudore centenario di una cultura abituata a osservare e giudicare le abitudini altrui, vengono improvvisamente messi a confronto con gli aspetti più carnali della loro esistenza. A sollevare la questione è Aurora, una trentenne solare e attraente ormai a suo agio nell'anonimato regalato da una grande città come Roma che, ritornata a casa per motivi famigliari, scopre di destare scalpore per la sua laurea in sessuologia. Così, dopo essere fuggita dodici anni prima dalle chiacchiere di quel piccolo centro in seguito al tradimento del padre e alla separazione dei suoi genitori, si trova ancora una volta all'interno di un ciclone fatto di sguardi furtivi, pettegolezzi "sussurrati" a voce alta e considerazioni affrettate. Perché per il postino Billy, l'edicolante Mino e il panificatore Anselmo il termine sessuologa non riesce ad avere un significato specifico, se non quello che richiama alla mente il peccato che si cela dietro "il mestiere più antico del mondo". Eppure, nonostante le resistenze iniziali, la vita dell'intero paese sembra destinato a cambiare improvvisamente grazie al ritorno di questa giovane esperta del sesso. Infatti, come la magica Vienne di Chocolat spinge gli abitanti di Lansquenet ad uscire fuori da un medioevo mentale con il solo aroma dei suoi cioccolatini, così Aurora, quasi inconsapevolmente, spazza via millenni di falsi pudori dispensando consigli su come riscaldare la vita di coppia.


Volta per volta, uomini, donne e ragazzini cominciano a frequentare il retrobottega che utilizza come studio. Gli interrogativi sono vari e toccano argomenti "scabrosi" come le false dicerie sulla prima volta, le insoddisfazioni di signore mature alla ricerca della formula segreta per ravvivare un marito assopito e i dubbi di uomini ancora incapaci di venire a patti con la misteriosa natura femminile. Per ognuno di loro Aurora ha teorie che, rese pubbliche con il passa parola, renderanno anche i più piccoli dei raffinati esperti della materia. Certo, a ricordare quanto "le comari di un paesino non brillino certo d'iniziativa" ci aveva già pensato Fabrizio De Andrè con la sua ballata dedica a Bocca di Rosa, ma Donato Ursitti ha deciso di riprendere questa suggestione per raccontare una commedia leggera e di costume dove poter ridere con un pizzico di senso critico di sé stessi e delle proprie piccolezze. Per questo motivo, pur mettendo sotto la lente d'ingrandimento la vita costante e moralmente controllata di una cittadina del Sud, il neo regista utilizza questo ambiente come il palcoscenico ideale dove scovare i difetti di una società benpensante tutta italiana, per poi metterli a confronto con lo scandaloso arrivo del futuro.

Un incontro che Ursitti costruisce attraverso tre elementi fondamentali come quello del peccato, dell'estraneo e della naturale curiosità nei confronti di ciò che ci tenta. Sicuramente non si tratta di un teorema innovativo, visto che lo abbiamo già visto applicato in altre commedie romantiche, ma in questo caso ha il merito di portare sullo schermo una farsa comica dalle forme volutamente accentuate che, però, non si discostano poi tanto dalla realtà. A comporre questo quadro a metà strada tra il realismo e la satira è un insieme di personaggi che, oltre a sostenere l'apparizione sul grande schermo di Bianca Guaccero, riescono a mitigare con una caratterizzazione decisa il cuore più romantico e prevedibile della vicenda. In questo modo, dopo essere stata utilizzata per raccontare vicende fintamente scandalose o come elemento d'indagine sociale, la sessualità scopre finalmente il suo volto più ironico. Che del sesso si potesse ridere ce lo aveva svelato più volte Woody Allen, ma raramente il cinema italiano era riuscito ad andare oltre un certo pudore culturale od una mal esibita volgarità per raccontare l'aspetto più leggero della materia. Indubbiamente il film di Ursiti non rappresenta certo un esempio rivoluzionario privo di limiti e difetti, come ad esempio un'impronta troppo televisiva, ma dimostra che, volendo e cercando, non è poi impossibile trovare delle alternative a quanto prodotto fino a questo momento.

Movieplayer.it

3.0/5